La Russia taglia ancora i flussi del gas e lo usa come arma di ricatto, cercando di turbare i mercati e far salire i prezzi per finanziare la sua guerra. “I flussi di gas verso l’Europa attraverso il Nord Stream1 potrebbero essere sospesi», è l’ultimo annuncio arrivato da Mosca. Perché Putin sa che, senza un tetto al prezzo tanto richiesto da Draghi, ogni volta che chiude anche solo parzialmente un rubinetto la quotazione si impenna. Il risultato? Aumenti vertiginosi dei prezzi del gas sul hub di Amsterdam, il mercato di riferimento per l’Europa: il metano ha toccato un picco di giornata a 142 euro al Megawattora (+18%) dagli annunci di Gazprom. Livello che era stato superato solo all’inizio della guerra in Ucraina, lo scorso 24 febbraio.
Russia: nuovi tagli alle forniture di gas in Europa:
I tagli delle forniture verso l’Ue si inaspriscono. E le ricadute sono in arrivo per l’Italia. Eni ha giocato d’anticipo chiedendo e ottenendo un aumento delle forniture che, di fatto, cerca di annullare la mossa russa.
Secondo un portavoce di Eni “a fronte di una richiesta giornaliera di gas da parte di Eni superiore di circa il 44% rispetto a quella avanzata ieri – incremento dovuto al recupero delle quantità non ricevute e alle normali dinamiche commerciali – Gazprom ha comunicato che sarà consegnato solo il 65% delle forniture richieste (le quantità consegnate saranno quindi di poco superiori rispetto a ieri e si attesteranno ad un livello assoluto di circa 32 milioni di metri cubi/giorno)”.
Allo stesso tempo, però, dalla Russia arriva la notizia che potrebbero interrompresi totalmente le foniture di gas verso la Germania, ufficialmente a causa di problemi tecnici al gasdotto Nord Stream. Lo riporta il quotidiano inglese Guardian, citando quando l’ambasciatore russo presso l’Ue, Vladimir Chizhov, ha detto all’agenzia Novosti.
Dopo i tagli decisi nell’arco di due giorni, la strategia del Cremlino appare sempre più chiara. Soprattutto perché i questi tagli hanno preso di mira i due Paesi più dipendenti dai flussi di metano russo, Italia (in realtà secondo i dati dell’Enea la quota del gas russo è scesa in media sotto al 24% dal 40% del 2021) e Germania, ma anche quelli che dispongono della maggiore capacità di accumulare riserve in vista dell’inverno.
Questo si traduce in difficoltà economiche per il Vecchio Continente e in un aumento della tassa energetica pagata alla Russia con cui finanzia la sua guerra in Ucraina. Difatti, l’export di gas e petrolio ha consentito alla Russia di incassare, nei primi quattro mesi del 2022, il 90% in più rispetto al 2021, mentre le aziende (in primis Gazprom) riempiono le loro tasche.
Tutto questo proprio nei giorni in cui i leader europei (Draghi, Macron e Scholz) hanno organizzato la loro prima visita a Kiev. Il presidente francese, il cancelliere tedesco e il premier italiano, oggi 16 giugno, incontreranno il presidente ucraino Volodymyr Zelensky prima del G7 di fine giugno.
La guerra dei prezzi del gas: i tagli di Mosca all’Occidente
Nel mirino di Mosca c’è il Nord Stream, il gasdotto che passando sotto il mar Baltico collega Russia e Germania, simbolo della dipendenza energetica dell’Europa. In soli due giorni c’è stato un taglio di 100 milioni di metri cubi su 167 (il 60% in due tranche) e potrebbe non finire qui: la Russia, come si è detto, ha avvertito che i flussi verso l’Europa via Nord Stream potrebbero essere totalmente sospesi. Secondo l’agenzia russa Tass si tratterebbe di un problema tecnico legato alla mancanza di pezzi di ricambio delle turbine Siemens, bloccati in Canada per via delle sanzioni occidentali (che in realtà non colpiscono il Cremlino così duramente e hanno un effetto boomerang su di noi). Ma per il vice-cancelliere tedesco Robert Habeck non ci sono dubbi: si tratta di motivazioni politiche: “Può essere un caso. O ci possono essere altre ragioni, ma questa è mera speculazione”.
Precedentemente, la Russia aveva tagliato del tutto o in parte le forniture ai Paesi del Nord Europa (Polonia, Finlandia, Bulgaria e Danimarca) che si erano rifiutati di pagare in rubli.
Il risultato di questa strategia è chiaro: fare salire la tensione proprio mentre i leader europei – Draghi, Macron e Scholtz sono a Kiev da Zelensky – e trasformare la guerra anche in una guerra dei prezzi, con ripercussioni sempre più evidenti sull’inflazione. Un’arma che spaventa i mercati tanto quanto le politiche restrittive della Fed