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Gas, la partita del decoupling si gioca sulle infrastrutture

Lo scorso luglio è stata presentata la prima relazione annuale del “collegio Bortoni” e dalle parole del nuovo Presidente dell’Autorità sono emersi alcuni importanti spunti di riflessione per gli operatori del settore gas. L’accento è stato posto sugli investimenti necessari a trasformare l’Italia in un importante hub comunitario, così da permettere al Paese di recitare un ruolo di primo piano in un settore in profonda evoluzione.

Già Andrea Gilardoni e Marco Carta hanno esaminato, su questa stessa testata, l’evoluzione che ha vissuto e vivrà il mercato del metano, offrendo una disamina dei principali fattori strutturali e congiunturali che caratterizzeranno il nuovo scenario mondiale del gas (gas non convenzionale, piani di sviluppo, politiche europee).

Collegato a queste prospettive vi è un tema che potrà avere un rilevante impatto sulle strategie degli operatori europei e, non da ultimo, anche sulle bollette dei consumatori: percorribilità e tempi di un decoupling o disaccoppiamento tra prezzo del petrolio e prezzo del gas.

Dagli anni Settanta i prezzi del gas importato sono stati legati a quelli del petrolio attraverso opportune formule di indicizzazione, in ragione della sostituibilità negli usi finali tra le due fonti primarie di energia, e di fatto facendo dipendere i prezzi del metano dalle condizioni del mercato del greggio.

In Europa il tema del decoupling è venuto prepotentemente alla ribalta con la crisi economica del 2009 e il considerevole eccesso di offerta, determinato anche dallo sviluppo del gas non convenzionale, verificatosi sul mercato mondiale ed europeo, quando le quotazioni spot del gas britannico e statunitense sono arrivate ad essere pari alla metà del prezzo del gas indicizzato al greggio, con rilevanti effetti sui flussi mondiali di approvvigionamento.

Questa importante differenza tra prezzi spot e prezzi indicizzati ha spinto i maggiori operatori gas del mercato europeo a chiedere di rinegoziare i contratti di approvvigionamento di lungo termine con i propri partner, con l’obiettivo di adeguare i meccanismi di prezzo alle nuove condizioni e guadagnare maggiore flessibilità nei contratti del tipo take-or-pay. Sulla diversa prospettiva tra importatori e produttori si stanno consumando lunghi mesi di negoziazione: è di questi giorni l’accordo tra Edison e Gazprom, che ha richiesto due anni di confronto, ma altri potranno seguire, in un immaginabile processo di progressivo aggiustamento.

Stanti le attuali condizioni dell’economia mondiale e dei mercati del petrolio e del gas, i paesi consumatori sono tra i beneficiari di un progressivo decoupling, poiché in uno scenario caratterizzato da eccesso di offerta anche nei prossimi anni, il prezzo del gas dovrebbe ridursi se fosse sganciato da quello del greggio. Similmente, diminuirebbero i costi delle importazioni di metano con un impatto positivo sulla bilancia commerciale dei paesi europei e sulla loro bolletta energetica.

Simmetricamente, i produttori hanno interesse a difendere i prezzi indicizzati al greggio, anche perché chi opera in attività di esplorazione di gas e greggio preferisce che i ricavi dalla vendita di gas e petrolio dipendano dalla stessa variabile (cioè il prezzo del greggio), così da ottimizzare investimenti e sfruttamento dei giacimenti.

Saranno quindi ancora i paesi consumatori a dover premere per superare il sistema d’indicizzazione oggi prevalente e per rinegoziare gli accordi di lungo termine già in essere o modificare la struttura dei nuovi contratti, consapevoli delle potenziali implicazioni che ne potrebbero derivare. Essi potranno, infatti, avere successo solo se sarà verificata una prima condizione: il mercato resti “lungo” (cioè in abbondanza di offerta) e liquido anche nei prossimi anni, così da garantire loro un maggiore potere negoziale.

Un secondo fattore, peraltro collegato al presupposto appena richiamato, per la riuscita del decoupling tra gas e greggio risiede nel tema delle infrastrutture. Il trasporto a mezzo di gasdotti impone delle ovvie rigidità inerenti i bacini geografici da/verso cui il gas può essere movimentato, e su questo l’unica opzione è rappresentata dalla diversificazione. Al contrario, con il gas naturale liquefatto (GNL) ciascun produttore può servire qualunque consumatore dotato di terminali per la rigassificazione del metano, aprendo di fatto il mercato a nuove rotte commerciali anche tra bacini di produzione e consumo anche molto distanti.

È cruciale l’accesso a nuovi bacini di fornitura e il superamento dei colli di bottiglia che caratterizzano il settore GNL per poter assistere a un’efficace concorrenza (al limite anche solo potenziale) sul mercato globale del gas tale da equilibrare domanda e offerta e spingere i contratti di lungo termine verso una formula che li affranchi (almeno parzialmente) dal greggio.

Tuttavia, il percorso verso il decoupling non potrà prescindere da fattori geopolitici, non solo per gli effetti diretti che gli stessi hanno sulla domanda e sull’offerta di metano, ma anche per tener conto dei delicati equilibri economici di alcuni paesi produttori del bacino del Mediterraneo e non solo: in Algeria la recente caduta dei prezzi del gas ha determinato per la prima volta nell’ultimo decennio un deficit di bilancio, in un contesto di forte pressione interna per una nuova fase di sviluppo.

Svanita, inoltre, l’ipotesi della nascita di una “OPEC del gas” che raggruppi i maggiori produttori mondiali – e quindi anche gli Stati Uniti nel loro nuovo ruolo di esportatore netto – non si può escludere che in questa fase transitoria i paesi che servono uno stesso bacino di consumo non riescano ad allineare i propri interessi e così ostacolare il processo di decoupling.

Viceversa, ora che gli Stati Uniti sono autosufficienti – grazie allo sfruttamento del gas non convenzionale – e non condividono più gli stessi interessi dei paesi europei, iniziano a levarsi in Europa richieste per una più stretta collaborazione con la Cina, quale maggiore concorrente per il gas russo, così che i due grandi bacini di consumo possano parlare ai propri interlocutori con strategie comuni e posizioni convergenti.

Da quanto precede emerge come sia difficile prevedere se e quando il disaccoppiamento di prezzo tra gas e greggio guadagnerà spazio in Europa. Alcuni elementi suggeriscono che i tempi siano ormai maturi, altri fattori invece allontanano tale momento e tra questi la progressiva uscita dall’energia nucleare in Germania, le tensioni nel Nordafrica, il Giappone post-Fukushima che domanda maggiori volumi di gas, per una crescita attesa di 11 mld.mc su base annuale.

A ben vedere, saranno comunque gli investimenti in infrastrutture effettuati in questa fase di incertezza a far pendere la bilancia a favore o meno del decoupling. La partita tra produttori e consumatori si giocherà infatti su un orizzonte temporale collegato alla realizzazione degli investimenti necessari, siano essi nuovi terminali di rigassificazione/liquefazione di GNL, nuova capacità di stoccaggio, nuovi gasdotti, o anche nuovi bacini di sviluppo del gas non convenzionale.

La “chiamata agli investimenti” dell’Autorità avviene dunque in un momento decisamente opportuno in termini strategici, certamente non altrettanto favorevole da un punto di vista economico-finanziario. Il naturale andamento ciclico degli investimenti nel settore, più marcato che in altre industry, suggerisce che in questa fase di mercato “lungo” i nuovi progetti possano essere posticipati, mentre le preoccupazioni per lo stato di salute dell’economia dei paesi periferici dell’eurozona non spronano certo gli operatori a intraprendere nuove iniziative dall’elevato costo di capitale iniziale ed elevato rischio.

Esito e tempi del processo di decoupling sono incerti, è opportuno però che operatori ed istituzioni del settore comincino fin d’ora a riflettere su alcuni interrogativi, tra cui: quale parte dei volumi di un contratto di lungo termine potrebbe essere agganciata ai prezzi spot del gas senza che i piani di investimento upstream dei produttori siano drasticamente rivisti al ribasso? Sarebbe realmente possibile e sostenibile pervenire a un disaccoppiamento completo in Europa? Infine, come muterebbe il ruolo degli operatori europei attivi nel midstream, in questo contesto? E come dovrebbe modificarsi il ruolo dei diversi player all’interno della matrice dei rischi delle nuove infrastrutture?

Trovare al più presto le rispostde a queste domande, e probabilmente a molte altre, è condizione necessaria per pianificare un possibile percorso dei mercati, per vagliare al meglio il ruolo che gli operatori europei avranno sullo scacchiere del mercato gas e per trovare una soluzione europea che possa rispondere alle mosse dei produttori. Per sviluppare, in sostanza, una parte della politica energetica.

* Direttore Generale Sviluppo e Mercato di Hera Trading
** Head of Power Trading di Hera Trading

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