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Gas e idrogeno nel futuro di famiglie e imprese. Ma il voto è alle porte e le nuove norme possono cambiare ancora

Le nuove regole ci sono ma i risultati elettorali possono metterle in crisi tra nazionalismi e negazionismi. In ballo ci sono mille miliardi del programma “Fit For 55.

Gas e idrogeno nel futuro di famiglie e imprese. Ma il voto è alle porte e le nuove norme possono cambiare ancora

Jens Geier è un eurodeputato socialista tedesco che ha seguito passo passo le norme che hanno avviato il mercato dei gas non inquinanti e dell’idrogeno. Il Consiglio europeo ha appena approvato la direttiva e il regolamento e Geier ha detto che il prossimo Parlamento europeo dovrà preparare programmi di sostegno specifici per l’industria. È stato molto realista l’esponente tedesco, perché dopo tre anni di discussioni, alla vigilia di un’elezione, i soldi restano il convitato di pietra del futuro mercato.

Qui sono in gioco circa mille miliardi del progetto “Fit For 55”, che interessano direttamente le guide politiche degli Stati. I gas rinnovabili e l’idrogeno sono il pezzo forte del progetto in campo dal 2019. Gli Stati membri hanno due anni di tempo dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale per adeguare la legislazione nazionale alle nuove disposizioni. Prima lo fanno, prima aiutano imprese e cittadini. In due anni, però, possono cambiare molte cose, per questo la composizione del nuovo europarlamento ha un legame diretto con il reale futuro funzionamento del mercato delle rinnovabili. Sulla decarbonizzazione ogni giorno si sentono posizioni contrarie ai traguardi verdi al 2030 e 2050. Non c’è dubbio che le decisioni adottate da Parlamento e Consiglio europeo sono molto garantiste e compiono un salto di qualità nella protezione dell’ambiente e dei cambiamenti climatici. Ma nessuno deve sentirsi al sicuro.

Da dove arrivano le minacce

Il cuore del futuro sistema sta nelle infrastrutture di cui l’Europa deve dotarsi. La guerra in Ucraina ha scoperchiato il deficit di mezzi e impianti per il trasporto, la distribuzione e lo stoccaggio delle fonti. I prezzi sono impazziti, si è dovuto ricorrere a ogni stratagemma per non crollare. Il gas accompagnerà la transizione energetica anche oltre il 2030 e le imprese, divenute ancora più indispensabili in qualsiasi progetto, dovranno fare le loro scelte in un contesto regolato. Anche le forze più nazionaliste in campo in queste elezioni europee, hanno capito che senza abbondanza di energia non c’è prospettiva. Hanno proprie nefaste ricette, ovviamente. Il Green deal, però, andava aggiornato, rivisto per non essere esposto alla propaganda demolitrice degli schieramenti di centrodestra. La Commissione europea porta grandi responsabilità su questo.

Ora per rispondere meglio di quanto possa fare un singolo paese si è deciso di creare una rete europea dei gestori di trasmissione del gas (European network of transmission system operators for gas – Entsog) trasparente e flessibile. Facciamoci una domanda: andrà bene a tutti, questa nuova interconnessione? Quanto pesano le convergenze politiche su una infrastruttura che costa miliardi di euro? Riesce difficile immaginare Viktor Orbán e chi gli è sodale, aderire alla battaglia per il clima definita “pura sciocchezza” e “fantasia utopica”. L’Ue ha stabilito che i partecipanti al mercato devono poter abbandonare il gas di origine fossile e pianificare le attività in modo da evitare effetti di lock-in. L’industria è il soggetto più interessato e se riuscirà, ad esempio, a produrre idrogeno ci sarà un “mercato liquido” delle fonti in cui l’idrogeno stesso può essere scambiato come materia prima per usi civili e industriali. Il combustibile è sicuramente meglio della lignite inquinante con cui in Ungheria vanno avanti le centrali elettriche. La parola mercato non va demonizzata e chi vuole difendere quello appena varato da minacce, nel prossimo Parlamento faccia sentire la propria voce.

Tutele e rispetto per i clienti

Già nel 2025 dovremo vedere quali governi creeranno le condizioni per questo mercato. “I combustibili a basse emissioni di carbonio, possono essere funzionali alla transizione energetica, soprattutto nel breve e nel medio periodo, per ridurre rapidamente le emissioni dei combustibili esistenti e sostenere la transizione dei clienti dell’Unione nei settori difficili da decarbonizzare” dice la direttiva. Le società del settore avranno obblighi di servizio per tutelare i consumatori e i loro diritti di conoscenza delle tariffe, della possibilità di cambiare fonte energetica. Si possono introdurre bonus per chi è in condizione di povertà energetica, purché siano limitati. Le società di gas o idrogeno hanno la facoltà di stabilire il prezzo della fornitura ai clienti. Sono principi liberali, di concorrenza che dovrebbero andare bene a tutti al posto di una rigida e centralistica amministrazione sul tema principale della vita sociale.

I contratti di fornitura di gas a lungo termine non dovranno andare oltre il 2049, è stato stabilito. È una condizione che se non si pone oggi si porrà tra qualche anno in relazione allo stato di avanzamento sulle fonti pulite. Anche qui si presenta il punto della reale volontà politica di passare a un’economia circolare piuttosto che mantenere centrali a carbone, petrolio o olio combustibile per distribuire energia elettrica. Il sistema industriale dell’Ue è multiforme, i prezzi di fornitura del gas naturale e le bollette restano la preoccupazione più diffusa e il primo motivo di reclamo tra i consumatori o di depressione per l’industria. I grandi consumatori di energia, in primo luogo, devono poter sostituire le proprie produzioni con fonti alternative. La strada è obbligata e si scontra con la politica. Il mercato è libero per definizione, ma qui torniamo inevitabilmente al realismo di Jens Geier: chi mette i soldi?

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