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Galli: “Su euro, fisco e pensioni Salvini e Di Maio seguano Tria”

Imagoeconomica Sara Minelli

“Dirò una cosa che può sembrare paradossale ma che,invece, potrebbe essere l’uovo di Colombo per questo Governo: se Salvini e Di Maio smettessero per qualche mese di fare campagna elettorale e offrissero tutto il loro appoggio alla politica enunciata dal ministro Tria, allora la coalizione potrebbe cogliere un grande successo riportando rapidamente il nostro spread sotto il livello della Spagna (tra gli 80 ed i 100 punti) con grande sollievo per le finanze pubbliche e per le aziende, specie quelle piccole, che potrebbero beneficiare di un maggior flusso di credito a tassi molto più bassi. E questo darebbe slancio all’economia italiana in misura maggiore e più rapidamente degli eventuali sgravi fiscali o di altre politiche espansive di bilancio”.

Giampaolo Galli, economista, ex direttore generale della Confindustria ed ex parlamentare del PD, osserva con preoccupazione le prime mosse, ed ancor più il mare di dichiarazioni, dei due dioscuri del governo giallo-verde. Il ministro dell’economia Giovanni Tria, appare l’unico con i piedi ben piantati per terra. Ha enunciato una strategia che si basa sulla conferma della necessità di mantenere un percorso discendente per il nostro debito, sul rifiuto di far saltare i conti pubblici con spese in deficit, e sulla forte rivalutazione degli investimenti quale leva per rimettere al centro della nostra politica economica il problema di mantenere e se possibile irrobustire il nostro tasso di sviluppo.

Quindi Salvini e Di Maio dovrebbero porre fine ad ogni ambiguità e dire con chiarezza che l’Italia non uscirà mai dall’Euro e che le promesse fatte in campagna elettorale verranno attuate quando la nostra situazione economica sarà più florida?

“Salvini e Di Maio, soprattutto il primo, non hanno mai detto una parola chiara sull’Euro e non hanno mai dato un convinto appoggio pubblico alle indicazioni fornite dal ministro Tria. Se lo facessero probabilmente la fiducia degli investitori verso l’Italia aumenterebbe molto, dato che siamo comunque un paese con una base industriale di tutto rispetto. Se il nostro spread lo scorso anno non era sceso di più ciò era dovuto all’incertezza su cosa avrebbe fatto un governo populista nel caso avesse vinto le elezioni di marzo (come poi è avvenuto). Ora quindi il Governo potrebbe chiarire le proprie posizioni e fugare del tutto i timori degli investitori sull’Italia. Ciò porterebbe nel giro di poche settimane ad un ribasso dei tassi d’interesse e alla possibilità di aumentare gli investimenti pubblici e privati con conseguenze positive sull’occupazione. Solo così peraltro di potrà salvaguardare realmente la dignità dei lavoratori”.

Ma questo non viene fatto perché appare molto lontano non solo dalla retorica elettorale adottata da Lega e 5 Stelle, ma anche perché quei partiti non hanno al loro interno la cultura adeguata per capire veramente come funziona una moderna economia di mercato, aperta al resto del mondo, e che vuole rimanere aperta come conviene ad un paese fortemente esportatore come il nostro.

“C’è stata una narrazione della nostra crisi del tutto errata. Si sono date tutte le colpe all’Europa (che magari non ha funzionato benissimo) ma che certo registra ora una buona e generalizzata ripresa in tutti i paesi, tranne il nostro. Soprattutto si è diffusa tra gli elettori la convinzione che non ci sono limiti alla creazione di moneta. La gente non capisce più per quale ragione il bilancio pubblico deve rimanere sotto controllo. Si abusa della parola “solidarietà”. Si ripete, senza capirne bene il senso, che la Bce deve essere prestatore di ultima istanza, cioè deve garantire tutto il nostro debito pubblico che diventerebbe quindi un affare dell’intera Europa e non nostro. Nessuno sa che la Fed, verso la quale vogliamo tendere, non compra i titoli dei singoli Stati della federazione e quelli delle municipalità. Per contro la Bce, già oggi possiede oltre il 16% dei nostri titoli pubblici”.

Anzi dicono che lo spread è una truffa o, se sono educati, una fuffa, cioè una roba inutile. Ma c’è di peggio. Nel contratto di governo manca una indicazione chiara verso una politica della crescita. Sembra che il rilancio dello sviluppo sia una priorità solo per Tria.

“Questa è una delle cose più sconcertanti. Nel contratto non si parla mai nè di competitività nè di produttività . Non si dice quali riforme si vorrebbero fare ad esempio in tema di Giustizia e di PA per creare un’ambiente favorevole all’impresa. Non c’è tensione verso i temi della crescita comprese le questioni della formazione delle persone, mentre sul piano fiscale è scomparsa la questione del cuneo che spinge in alto il costo del lavoro ed in basso il netto salariale. Sembra quasi che si sia ceduto alle tentazioni della “decrescita felice” che è stato un cavallo di battaglia dell’ideologo Grillo. Ma noi la decrescita l’abbiamo già sperimentata tanto che siamo ancora l’unico paese europeo ad avere un reddito pro-capite di ben 8 punti al di sotto di quello del 2007. Gli altri hanno da tempo recuperato la caduta dovuta alla grande crisi e sono ora abbondantemente al di sopra. E non mi pare che questa decrescita abbia portato ai nostri cittadini maggiore felicità!”

Viviamo in una bolla di retorica semplicistica in base alla quale i nostri leaders politici vogliono arrivare direttamente alla gente soddisfacendone tutti i bisogni, senza passare per le “inutili” mediazioni del mercato o le complicate strade della gestione di una società complessa e ricca di contraddizioni. Il rischio è quello di varare provvedimenti che invece di perseguire lo scopo dichiarato portano a conseguenze del tutto opposte. Il decreto dignità (l’unica cosa finora fatta dal governo) mi sembra un buon esempio di questa erronea impostazione.

“Mentre si dichiara di voler semplificare le norme, si reintroducono le causali per i contratti a termine che non sono altro che nuova burocrazia che darà luogo solo a maggiore contenzioso, e a soffrirne saranno soprattutto le piccole imprese che in teoria Di Maio vorrebbe favorire. Anche sulle delocalizzazioni, a parte la difficoltà a definirle caso per caso, si mettono penalizzazioni che creeranno solo nuova incertezza, allontanando gli investitori. Altro che semplificazioni, con queste norme si inserisce una nuova e ipocrita burocrazia che ostacolerà la vita delle imprese. Quando si dice eterogenesi dei fini! La stessa cosa si sta verificando con il disinteresse dimostrato sull’andamento dello spread. Non si tiene conto del fatto che il calo delle quotazioni dei titoli pubblici erode il patrimonio delle banche le quali saranno quindi costrette a razionare il credito alle imprese ed alle famiglie. E credo che già una qualche restrizione creditizia sia in atto. A voler saltare tutti i passaggi si rischia di creare conseguenze opposte a quelle volute”.

Anche la questione della nostra permanenza nell’ Euro non appare definitivamente risolta. Se da un lato Tria appare netto nell’affermare che nessuno in questo governo pensa di uscirne, dagli altri esponenti della coalizione non si sentono affermazioni altrettanto nette.

“Molti continuano a pensare che la riconquista della nostra sovranità monetaria ci darebbe grandi vantaggi, ma non è così. Salvini che appare sul tema sempre guardingo, credo che pensi che se l’ Italia riuscisse a rimanere nell’ Euro sarebbe meglio , ma che se per caso dovesse verificarsi una crisi dell’ Europa (anche innescata non direttamente da noi) questa non dovrebbe essere affrontata come hanno fatto i greci con l’accettazione della troika e dell’austerità, ma con uno strappo che ci collochi fuori dall’Euro. Le conseguenze sarebbero ben peggiori per i cittadini di quelle inferte dalla cura della troika, ma politicamente si potrebbero addossare le responsabilità ad altri. Questa ambiguità contribuisce a mantenere elevato lo spread e di conseguenza i nostri squilibri non si risanano, per cui aumenta il rischio è che ci si possa trovare nel classico caso delle profezie che si autorealizzano”.

Ma oltre ai politici ci sono importanti economisti che affermano che uscire dall’Euro sarebbe per l’Italia più conveniente che languire sotto il tallone di questa austerità europea. Stigliz, per citare il caso più clamoroso, ma da noi anche Savona e Bagnai.

“Per quel che riguarda Paolo Savona ho letto sue recenti dichiarazioni nelle quali afferma che questo governo non ha alcuna intenzione di uscire dall’Euro. Peccato che non abbiano avuto grande risonanza. Sarebbe utile al fine di tranquillizzare i mercati, se il prof. Savona si schierasse con maggior decisione in appoggio alla linea del ministro Tria. Stigliz è un personaggio da prendere con le molle. Ormai anche in America si deridono le sue sparate nel campo delle valutazioni politiche. Si ricorda una celebre lettera di Rogoff allora capo ufficio studi del Fondo Monetario internazionale, nella quale si invita Stiglitz a fare autocritica delle sue affermazioni sbagliate sulla crisi dei paesi asiatici.

Non solo ma è noto che questo brillante economista non ne azzecca una come policy maker. Ha appoggiato l’Argentina poco prima del tragico crack, poi la politica di Maduro in Venezuela ed ora afferma che all’Italia converrebbe uscire dall’ Euro. Si tratta di giochi intellettuali condotti in maniera non onesta e sulla pelle dei cittadini dei paesi che capitano sotto la sua attenzione. Sull’Italia dice cose impossibili da realizzarsi come quella di uscire dalla moneta unica tramite la creazione dei mini-bond che sarebbe secondo lui un sistema per godere dei vantaggi della svalutazione (ma poi ci sarebbero veramente?) senza dichiarare apertamente di essere usciti dall’Euro. Una cosa impossibile dato che violando tutte le regole costringerebbe l’Europa a cacciarci, ma soprattutto fuori dal modo di vivere civile che minerebbe per sempre la credibilità del nostro paese.

Per ultimo vorrei citare una frase tratta dal libro del sen. Bagnai (Il tramonto dell’Euro): ‘Verso coloro che si troveranno a governare al momento dell’uscita dall’Euro, gli elettori non avranno nessuna pietà’. E speriamo che questa convinca Salvini a cambiare rotta o gli elettori a mandarlo a casa prima del crack”.

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