Alla Galleria Borghese (Roma) oltre 60 opere provenienti da musei italiani e stranieri e da importanti collezioni private che aprono un dibattito critico di un’epoca dove gareggiavano la pittura e scultura, ma anche materiali primordiali, estratti dalle miniere per arrivare fino alle botteghe degli artisti e finire nelle collezioni. Opere destinate in palazzi e ville sempre più ricchi di arredi, esempi per la produzione di beni di lusso.
Il percorso presenta otto sezioni
La mostra inizia con LA PIETRA DIPINTA E IL SUO INVENTORE che dimostra quanto l’uso di metalli e marmi fossero di supporto alla pittura e alla scultura: ce lo rivelano opere come il Ritratto di Roberto di Filippo Strozzi (1550 c.) di Francesco Salviati, su marmo africano; quello di Cosimo de Medici (1560 c.) attribuito al Bronzino, su porfido rosso; o ancora il Ritratto di Papa Clemente VII con la barba (1530 c.) di Sebastiano del Piombo.
Sebastiano del Piombo, forse già prima del Sacco di Roma del 1527, elaborò la tecnica della pittura a olio su pietra, conscio di stare resuscitando una pratica antica, citata da Plinio. Al pittore veneto dunque si fa risalire l’invenzione proprio della pittura su pietra.
Fu la raccolta da Scipione Borghese nei primi tre decenni del Seicento, a presentare i esempi di pittura su pietra di notevole interesse
Nella sezione UNA DEVOZIONE ETERNA COME IL MARMO, troviamo opere simili a talismani, alle quali era talvolta veniva attribuito un potere magico di protezione dai mali fisici e spirituali con immagini incorruttibili della devozione parte degli arredi delle camere da letto dei cardinali, come l’Adorazione dei magi (1605 – 1620) su alabastro di Antonio Tempesta o la Madonna con il Bambino e San Francesco (1605 c.) di Antonio Carracci dipinta su rame troviamo dipinti su alabastro, lavagna, marmo di Carlo Saraceni, Orazio Gentileschi, Cavalier d’Arpino e molti altri.
Nella sezione FERMARE LA BELLEZZA ci sono tre immagini femminili del pittore toscano Leonardo Grazia dedicate a Ebe, Lucrezia e Cleopatra, realizzati nella prima metà del Cinquecento, eseguite su lavagna.
Nella sezione ANTICO E ALLEGORIA, invece, opere su marmo, lavagna e pietra di paragone, tutte dedicate a temi della poesia come l’Andromeda del Cavalier d’Arpino e l’Inferno con episodi mitologici di Vincenzo Mannozzi.
La sezione UNA NOTTE NERA COME LA PIETRA i dipinti su pietre scure (pietra di paragone, lavagna o marmo belga); mentre nelle sezioni DIPINGERE CON LA PIETRA e PIETRE PREZIOSE E COLORATE, fondali offerti dalla pietra paesina e la preziosità di supporti come il lapislazzulo.
A questi oggetti, segue la sezione LA COLLEZIONE E IL COLORE DELLE PIETRE, che introduce alla presenza delle pietre colorate nelle collezioni aristocratiche romane, tra gli oggetti attualmente parte della collezione Borghese, il Tavolo in pietre dure di ambito romano oppure il Tabernacolo della Cappella, oggetti appartenuti alla famiglia come il monumentale stipo conservato al Getty Museum e tornato per l’occasione nei suoi luoghi di origine.
Curiosità dal catalogo:
Una notte nera come la pietra
Vari pittori, italiani e stranieri, come Hans Rottenhammer e Filippo Napoletano usarono il colore scuro di lavagne e pietre di paragone per drammatizzare il contrasto con fuochi di incendi o di scene infernali. Questi soggetti, diffusi da pittori fiamminghi, ma in particolare dal tedesco Adam Elsheimer che dipingeva su rame, erano particolarmente in voga a Firenze alla corte di Cosimo II de’ Medici, e nel caso di Filippo Napoletano saranno sicuramente stati ispirati dalle scene di stregoneria di Jacob van Swanenburg viste a Napoli in gioventù. La loro atmosfera vagamente inquietante, sarebbe stata accentuata dal loro essere esposti in serie come nel caso dell’Incendio di Troia di Stefano della Bella e dell’Inferno con episodi mitologici di Vincenzo Mannozzi (esposto nell’ultima sezione). Nel dipinto di Cerquozzi, la lustratura della pietra, eseguita da uno specialista, è sfruttata per evocare la lucentezza del cielo notturno quando è investito dal chiarore lunare; Rottenhammer, tramite il supporto lapideo, allude a vari aspetti della storia di Lot e le figlie, dal loro rifugiarsi in una caverna, alla trasformazione della moglie in statua di sale.Jacques Stella, che dipinge su tutti i tipi di supporti lapidei, crea una suggestiva immagine notturna di Giuditta, raccolta in preghiera prima di uccidere Oloferne. Il bagliore della candela dipinta la illumina e fa risplendere le trame d’oro dei tessuti, mentre la superficie specchiata della pietra riflette le vere luci dell’ambiente.
Curatrici: Francesca Cappelletti è direttrice della Galleria Borghese dal novembre 2020.
Ha studiato a Roma, Università La Sapienza (1983-1987); a Londra, Warburg Institute (1989-1990), dove è stata in seguito Frances Yates fellow (1995) e a Parigi, Collège de France (1990-1991) e ha poi insegnato Storia dell’Arte Moderna e Storia dell’Arte dei Paesi Europei nelle università italiane, in ultimo come professore ordinario all’Università di Ferrara. Patrizia Cavazzini è Research Fellow presso la British School at Rome, Advisor dell’American Academy e membro del comitato scientifico della Galleria Borghese. Ha ricevuto il dottorato in Storia dell’arte rinascimentale e barocca presso la Columbia University di New York, dove ha studiato con Joseph Connors. La sua tesi su Palazzo Lancellotti ai Coronati, pubblicata dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato nel 1998, ha vinto il premio Saibene della Fondazione Longhi.