UNA GAFFE STORICA: L’IPO SEA VERSO IL “FLOP”. DA MILANO DECOLLANO SOLO LE LITI LEGALI
L’ipo di Sea si avvia, salvo clamorosi colpi di scena, verso un clamoroso flop.
A book ormai chiusi, sembra scontato che gli ordini ricevuti dalle banche incaricate del collocamento sotto la regia di Mediobanca sono ben lontane dagli obiettivi, in termini di quantità e di prezzo.
Non è difficile prevedere, perciò, che la riunione pomeridiana tra banchieri e management della società aeroportuale milanese sarà turbolenta. Più arduo indovinare un’eventuale mossa a sorpresa per evitare una “magra” destinata a restare negli annali delle Borse internazionali.
La causa prima del flop è senz’altro la clamorosa lite pubblica tra i soci venditori, in primis Comune e Provincia di Milano, e il Fondo F2i, proprietario del 29,5% del capitale. Non a caso Giuliano Pisapia, sindaco di Milano ed avvocato di grido, già affila le armi. “ Aspettiamo l’esito finale – ha commentato in mattinata – Certo e’ che di fronte a questo grande interesse per la quotazione, che e’ lo strumento più trasparente che c’è, se le notizie che sono apparse sui giornali corrispondono alla realtà, credo che chi ha tentato di turbare il mercato e ha fatto ricorsi infondati se ne assumerà tutte le responsabilità in caso di insuccesso”.
Insomma,a detta del sindaco, la colpa del flop è tutta di F2i, scesa pubblicamente in campo per contestare le affermazioni del management di Sea in occasione del road show. I consiglieri in Sea nominati dal Fondo hanno avanzato dubbi sull’andamento del traffico, sull’esigibilità dei crediti nei confronti di alcune compagnie e contestato la promessa di un pay out ratio del 50% , garanzia di “un dividendo superiore ad un Btp” come promesso dal presidente Giuseppe Bonomi.
Una polemica sfociata in un supplemento a prospetto informativo in cui, probabilmente su invito della Consob, si rileva che “secondo quanto ha appreso successivamente alla pubblicazione del prospetto e’ in atto una situazione di conflittualità fra il socio di controllo, il Comune di Milano, e F2i “. Una mina vagante che può portare ad uno stallo devastante perché “potrebbe dar luogo – si legge ancora nel supplemento – ad una divergenza nella posizione dei medesimi su alcune decisioni di natura straordinaria soggetta ad una delle maggioranze qualificate’ e di conseguenza ‘la mancata adozione da parte dell’organo societario competente di tali decisioni, con possibili effetti negativi sul perseguimento degli obiettivi della società e del Gruppo Sea”.
Non stupisce, in questa cornice, che buona parte degli investitori se la sia data a gambe. E che buona parte di chi ha confermato il suo interesse, abbia preteso uno sconto motivato dal “rischio baruffa”. Ma Sea, di fronte ai suggerimenti in tal senso in arrivo dalle banche, non ha potuto né voluto adattarsi. Tra le ragioni che hanno spinto Sea ad accelerare lo sbarco sul mercato entro il 2912, nonostante il clima di conflittualità tra o soci che non lasciava presagire nulla di buono, ci sono le necessità finanziarie dei soci pubblici: la provincia di Milano, in particolare, ha bisogno di far cassa per chiudere il bilancio 2012, pena lo sforamento che,ai sensi del patto di stabilità, avrà come conseguenza immediata, il divieto per il presidente Guido Podestà di ripresentarsi alle prossime elezioni.
Anche la tenace opposizione di Vito Gamberale, presidente di F2i, ha una motivazione finanziaria: il Fondo è entrato in Sea sulla base di una valutazione di 1,3 miliardi contro un prezzo di collocamento dei titoli tra 800 milioni e 1 miliardo circa. L’Ipo, dunque, era destinata a provocare una minusvalenza (seppur teorica) attorno ai 100-150 milioni. Ma adesso? Al di là dei possibili rimedi finanziari, resta la realtà di un pesantissimo conflitto tra i soci. E l’ombra di un flop inedito che colpisce sia il Comune, retto da una giunta di sinistra, che la Provincia, roccaforte del centrodestra.
Al di là della girandola di accuse, l’intero affare profuma di grande approssimazione. Per più motivi:
- Il fondo F2i è un socio relativamente recente per Linate e Malpensa, che ha trattato il suo ingresso con gli attuali amministratori locali. Possibile che, in quell’occasione, non si sia parlato dell’evoluzione strategica dell’alleanza?
- Non è certo raro che soci di rilievo si dividano su questioni strategiche. Ma il buon senso vuole che l’accordo o la frattura si consumino in casa , non sulla pubblica piazza in occasione di un’offerta di azioni.
- La ragione che ha spinto Sea a forzare, su indicazione degli azionisti pubblici, i tempi dell’Ipo nasce da logiche che non hanno nulla a che vedere, visto il risultato finale, con l’interesse sociale. L’unica ragione dell’urgenza sta nei ritardi della politica. La Provincia di Milano, tra l’altro, ha visto andare deserta l’asta per la vendita del pacchetto controllato nella Serravalle, operazione preparata con l’ausilio di uno stuolo (qualche decina) di consulenti. Ora si rischia un finale in rosso.
- Piazza Affari si avvia a chiudere un anno difficile, con un giro di scambi in caduta libera, con una magra storica. E una coda di polemiche infinite. In ambienti comunali , ad esempio, c’è anche chi sottolinea il potenziale conflitto d’interesse per Unicredit e Intesa Sanpaolo, allo stesso tempo bookrunner del collocamento (cioè coloro che dovevano raccogliere gli ordini degli investitori) e grandi sponsor di F2i, che dalla quotazione della Sea avrebbe subìto una minusvalenza superiore a 100 milioni di euro.
- E adesso? Difficile che si decida per una proroga dell’Ipo, anche perché la spaccatura tra i soci, si è fatta ancor più rfonda. Possibile che la Provincia, pur di far quadrare i conti, si rassegni ad un forte sconto sul pacchetto della Serravalle, ultima eredità degli acquisti operati a suo tempo dalla giunta Penati.