Alla vigilia del G7 in Canada la tensione sale alle stelle. Venerdì 8 e sabato 9 giugno i capi di stato e di governo dei 7 paesi più industrializzati al mondo si riuniranno a Charlevoix, in Quebec, per il discutere dei temi più caldi della politica internazionale: dai dazi statunitensi alle sanzioni nei confronti dell’Iran.
Un “battesimo di fuoco” per il neo Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte che, dopo aver ottenuto la fiducia del Parlamento, venerdì farà il suo debutto internazionale come capo del nuovo Governo Lega-M5s. A causa del poco tempo a disposizione però, l’Italia parteciperà al G7 con il dossier preparato dall’ufficio diplomatico dell’ex Premier, Paolo Gentiloni.
Il clima oggi in Quebec non è dei migliori e i precedenti non aiutano: l’anno scorso a Taormina, i capi di stato e di governo di Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Giappone, Italia e Canada (l’Unione Europea partecipa al G7, ma non presiede né ospita i vertici) chiusero il summit in totale disaccordo su immigrazione e cambiamenti climatici e il rischio è che quest’anno la situazione diventi ancora più incandescente
In attesa che arrivino i leader politici è già battaglia tra gli sherpa, i loro rappresentanti per tutte le aree tematiche che costituiscono l’agenda dei lavori del vertice. Oggetto del contendere è la Russia: Stati Uniti, Regno Unito e Canada avevano presentato una dichiarazione di condanna nei confronti di Mosca per l’abbattimento dell’aereo malese.
Poche settimane fa, il team investigativo internazionale che dal 2014 indaga sul disastro del volo MH17 della Malaysia Airlines in Ucraina, costato la vita a 298 persone, è arrivato alla conclusione che l’aereo sia precipitato perché colpito da un missile antiaereo Buk lanciato da forze russe, una tesi ancora oggi negata con forza dal Cremlino.
Da qui la scelta di preparare una dichiarazione congiunta di condanna su cui però gli sherpa dei 7 paesi non sono riusciti a mettersi d’accordo: se Francia e Germania si erano dichiarate disponibili a firmare il documento, Italia e Giappone hanno deciso di opporsi, facendo de facto naufragare l’iniziativa.
Una decisione, quella italiana, che sembra in linea con il riavvicinamento nei alla Russia che il premier Conte ha annunciato il 5 giugno al Senato nel corso del suo discorso programmatico: “Saremo fautori di un’apertura verso la Russia, che ha consolidato negli ultimi anni il suo ruolo internazionale in varie crisi geopolitiche. Ci faremo promotori di una revisione delle sanzioni”. Alla prima occasione utile dunque, l’Italia ha già messo in pratica i nuovi propositi.