Il G7 di Torino si conclude con un nuovo impegno a favore delle rinnovabili. L’abbandono del carbone e una intesa robusta per la fusione nucleare dovranno segnare il prossimo cammino tra i Paesi industrializzati. Il gas russo, soprattutto per gli europei, è stato il fantasma delle discussioni e dell’esame degli scenari fino alla proposta di un Hub G7 “per accelerare le azioni di adattamento” a situazioni che cambiano. Tutto arricchito da strette di mano e dichiarazioni.
Il vertice ha voluto riprendere l’agenda della Cop28 aprendosi ai Paesi in via di sviluppo ai quali andrebbe assicurata una transizione giusta. L’energia e i cambiamenti climatici sono stati (!) il nucleo centrale degli interventi, ma si è parlato anche di acqua e nel documento finale si menziona un G7 sull’acqua. “Sono molto soddisfatto dei risultati e ringrazio le delegazioni per l’ottimo lavoro svolto” ha detto il padrone di casa, il ministro dell’Ambiente italiano Gilberto Pichetto Fratin. È stato possibile coniugare le differenti esigenze e sensibilità ma anche tenere nel dovuto conto la solidarietà fra i paesi forti e quelli dell’Africa, è stato detto. È importante che le grandi economie assumano la responsabilità e l’onere finanziario di condurre la sfida per la transizione ecologica e per attuare un nuovo modello di sviluppo sostenibile, si legge nel testo finale. Ovviamente, sono espressioni indicative di un percorso che finora ha camminato tra mille difficoltà e incertezze. Un pensiero positivo dovrebbe scacciare qualsiasi ansia per quanto riguarda i denari necessari a realizzare il concentrato del vertice. L’ultima stima Ocse è di 103mila miliardi di investimenti entro il 2030.
Stop al carbone nel 2035
Il 2035 come anno di uscita dal carbone è stato dichiarato da tutti, ma è noto che molte economie vedono questi termini come penalizzanti. Si dovranno chiudere le centrali e al tempo stesso “sestuplicare la capacità degli accumuli di energia pulita al 2030, portandola fino a 1.5 TW, a livello globale”. La fissazione di traguardi eco dovrebbe essere ripulita ormai da qualsiasi retorica politica, giacché la lotta contro i cambiamenti climatici ha sempre meno adepti, in special modo nelle leadership conservatrici e sovraniste. Non c’è forse l’italiana tra queste? Le contraddizioni che distinguono il paese sono negli slogan antieuropei di questi giorni contro il Green Deal (che pure andava scritto meglio), contro la politica agricola comune, contro le case green, contro le pratiche ambientaliste meno ideologizzate.
Il nucleare, tuttavia, si è guadagnato il suo spazio al vertice torinese. E se davvero il gruppo di lavoro sull’energia da fusione sarà concreto, l’auspicio di vedere in campo investimenti privati e pubblici potrà avverarsi. Altri impegni, spiega il ministero dell’Ambiente, riguardano la riduzione del 75% al 2030 delle emissioni di gas metano dalle filiere dei carburanti fossili, la decarbonizzazione degli impianti industriali e hard-to abate ricorrendo alle tecnologie innovative tra cui la cattura dell’anidride carbonica, l’idrogeno rinnovabile a basse emissioni e biometano; l’approvvigionamento delle materie prime critiche. Un elenco intenso di cose da fare condizionato solo dalla buona volontà. Che a volte scarseggia.