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G7 Cultura: sviluppo sostenibile e più attenzione all’Africa. Ma basta l’economia creativa?

Il documento conclusivo del G7 Cultura di Napoli apre le porte a un nuovo approccio con la cultura dei Paesi emergenti. Ecco partenariati e investimenti

G7 Cultura: sviluppo sostenibile e più attenzione all’Africa. Ma basta l’economia creativa?

“La cultura potrà essere il  motore facilitatore per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile”. Il punto centrale, ​conclusivo, del G7 della Cultura di Napoli ​sta in queste tre righe firmate da Unione Africana,  Brasile, Canada, Unione Europea, Francia, Germania, Grecia, India, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti. ​A loro si sono aggiunti ​i vertici dell’Unesco, dell’Iccrom e della Banca Africana per lo Sviluppo.

G7 Cultura, cosa significa il richiamo all’economia creativa

Per la prima volta nei G7 siamo davanti a un cambio di passo e di atteggiamento verso lo sviluppo dei Paesi più indietro. Il richiamo all’importanza dell’economia creativa per la prosperità dell’Africa, con particolare attenzione per le giovani generazioni​,​ segna una svolta.​ La creatività e la cultura sono riconosciuti come settori portanti per la ripresa globale. Accenni c’erano stati anche alla “Conferenza sul patrimonio culturale nel 21° secolo” dell’Unesco ​del 2023, sempre a Napoli.​ Indicazioni, piani di lavoro, impegni politici che non sono andati avanti come si sperava. Il G7 napoletano ​è stato, dunque, una ripartenza. 

“Ci impegniamo a costruire partenariati reciprocamente vantaggiosi, basati sui principi di rispetto delle identità culturali, comprensione reciproca, libertà di espressione e co-creazione di contenuti e attività culturali” hanno sottoscritto i rappresentanti dei Paesi. La valorizzazione del patrimonio artistico e culturale richiede investimenti con cifre a nove zeri e i Paesi africani hanno chiesto la salvaguardia e la gestione sostenibile dei loro patrimoni​.

G7 Cultura, le liste del patrimonio Unesco

Chiedono anche un ampliamento delle liste del patrimonio Unesco​, monumenti alla mercé di tifoni, allagamenti, sconvolgimenti climatici. Quanti di quei governi hanno piani climatici e stanziamenti per salvare vestigia, monasteri, luoghi di culto ? Il richiamo a forme di economia creativa, dovrà liberare i Paesi ricchi da molti pregiudizi sull’utilità sociale della cultura nelle aree povere. Perché, d’altra parte, l’utilità e il piacere dell’arte dovrebbe andare bene solo per i Paesi ricchi ? E il business del turismo occidentale in quelle aree dove si va per ammirare rovine e siti straordinari ? La svolta del G7 dovrà prendere la direzione della maggiore fruizione di monumenti e storie secolari a vantaggio, soprattutto, delle nuove generazioni. Le campagne e la solidarietà internazionale per salvare ricchezze dai danni climatici non possono essere più prerogativa dei Paesi forti. Se crediamo a un possibile riequilibrio del mondo bisogna cambiare registro.

La finanza e l’industria che agiscono nelle aree in via di sviluppo potranno favorire con investimenti diretti la conservazione di memorie ed epoche storiche, segnate, purtroppo, dalla cupidigia dei ricchi di impossessarsi di simboli di terre conquistate. Per fortuna siamo in un nuovo mondo, sebbene toccato da troppi trafugamenti e traffici illeciti di opere d’arte. Il documento firmato a Napoli, infine, mette in evidenza partenariati e politiche allineate con le priorità di sviluppo ​sostenibile. Dovranno rispett​are la diversità culturale e la ricchezza delle nazioni africane vittime di colonialismi antichi e moderni. Il clima impazzito non conosce confini. Quanto terrà presente il documento di Napoli chi ha progettato o ha in corso iniziative industriali nei paesi emergenti ? L’Italia che presiede il G7 può avere un ruolo. Deve solo crederci.

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