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G20 raggiunge l’intesa su povertà e transizione climatica. Ma restano tanti nodi irrisolti

A Rio de Janeiro il presidente di turno Lula ottiene quello che voleva, ma sulla guerra in Ucraina irrita Macron, il quale si riavvicina a Meloni sull’accordo Ue-Mercosul. La premier oggi a Buenos Aires da Milei

G20 raggiunge l’intesa su povertà e transizione climatica. Ma restano tanti nodi irrisolti

Quello brasiliano è stato il G20 dei mal di pancia. Alla fine, la presidenza di turno è riuscita a far firmare la dichiarazione finale che comprende tutte le priorità avanzate da Lula, ossia Alleanza Globale contro la fame, tassa globale per i super-ricchi (sulla quale comunque i Paesi andranno per conto loro) e impegno per lo sviluppo sostenibile, in linea con l’Agenda 2030 dell’Onu. Ma non sono mancate le frizioni.

Nella giornata di lunedì il dissidente era stato il presidente argentino Javier Milei, che solo a fine giornata aveva ceduto sull’Alleanza contro la fame (firmata da 148 istituzioni di cui 82 Paesi) e che – facendosi portavoce del presidente Usa in pectore Donald Trump, che nel vertice dell’anno prossimo in Sudafrica promette battaglia su tanti temi – ha invece tenuto il punto sulla tassa globale sui patrimoni miliardari, non opponendosi però a che questa comparisse nel documento finale.

Nella giornata conclusiva di ieri i malumori si sono però allargati, con il presidente Emmanuel Macron che non ha affatto gradito la fretta di Lula di chiudere un testo condiviso sulle guerre in corso in Medio Oriente e Ucraina. Mentre sulla Palestina la posizione del brasiliano, a favore del riconoscimento dell’autodeterminazione della Palestina e della soluzione due popoli due Stati, è sembrata ragionevole, un po’ meno è – da tempo – l’atteggiamento neutrale nei confronti della Russia, non in linea con l’asse euro-atlantico difeso da Macron: “Vladimir Putin non vuole la pace e non è pronto a negoziarla – ha detto il leader transalpino -. Bisognava essere più espliciti sulle responsabilità di Mosca nel conflitto, ma non ci hanno dato tempo di fare modifiche. La posizione della Francia e dell’Europa comunque non cambia”.
Macron, intercettato da alcuni giornalisti italiani, ha invece appoggiato il posizionamento della premier Giorgia Meloni in merito all’accordo di libero scambio con il Mercosur, cioè l’unione commerciale del Sudamerica, di cui il Brasile è la prima economia.

Sul tema è in corso da tempo uno stallo, con alcuni Paesi come Spagna e Germania più a favore, e altri come Francia e Italia dove invece gli agricoltori sono in rivolta, temendo la concorrenza del floridissimo mercato agroalimentare sudamericano, non sottoposto alle stesse rigide regole e agli stessi costi.

Su questo caso tuttavia la stessa maggioranza di governo è divisa, con la Lega fortemente contraria e il ministro degli Esteri Antonio Tajani invece più possibilista. Dall’altra parte anche i sudamericani lamentano l’entrata in vigore, rinviata dalla presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen (anche lei presente a Rio) al 30 dicembre del 2025, della legge europea che in nome della transizione green non accetterà più l’importazione di materie prime e prodotti derivanti dal disboscamento dell’Amazzonia. La più grande foresta pluviale del pianeta, fondamentale assorbitrice di CO2, ha perso negli ultimi 40 anni il 13% della sua superficie e secondo gli esperti se non si fermerà velocemente l’avanzata dell’industria agroalimentare, da qui al 2050 rischia di scomparire. Ecco perché a chiusura del meeting, prima di passare il testimone al Sudafrica, Lula ha voluto forzare la mano sull’emergenza climatica, anche in vista della COP30 che nel 2025 sarà ospitata proprio dal Brasile, a Belem: “La COP30 – ha detto il presidente di turno del G20 in chiusura di meeting – è l’ultima occasione. I Paesi ricchi devono assumersi la responsabilità: propongo di anticipare gli obiettivi di neutralità carbonica dal 2050 al 2040 o 2045, e di creare una governance ad hoc in seno all’Onu”.

Tuttavia l’imposizione di regole eccessivamente rigide al mercato sarebbe un duro colpo per l’economia brasiliana, che ancora è basata sull’export di commodities agroalimentari. Un bel rompicapo, che non è stato risolto nel vertice, la cui unica vera novità sull’impegno ambientale è stata l’istituzione di un fondo globale contro la disinformazione sul clima: “Le fake news favoriscono il ritardo delle autorità nel rispondere alla crisi e mettono in pericolo la sicurezza di giornalisti e attivisti, oltre a minare la fiducia verso la scienza”, recita il documento.

Dunque mentre l’Occidente si mostra unito ma in fondo non lo è così tanto (anche sulla tassa per i paperoni non era solo l’Argentina ad avere reticenze), chi ha invece approfittato della trasferta carioca per continuare a tessere la sua tela in Sudamerica è stato il presidente cinese Xi Jinping, reduce dall’inaugurazione – la settimana scorsa – di un mega porto a Chancay, in Perù, finanziato al 100% da Pechino e che rivoluzionerà il commerciale marittimo, a vantaggio del Dragone.

Il prossimo passo è far firmare al Brasile, che è già il primo partner commerciale della Cina, la Belt Road Iniciative, la nuova Via della Seta alla quale qualche anno fa aveva aderito anche l’Italia e che oggi vede la partecipazione di quasi tutti i Paesi dell’America Latina.

Non a caso Rio in questi giorni si è tinta di bandiere cinesi, come se fosse in corso un bilaterale e non un incontro tra 55 delegazioni, e oggi Xi e Lula volano insieme a Brasilia, dove firmeranno una serie di accordi strategici. A conferma del pragmatismo, il presidente cinese a margine del G20 ha anche incontrato il cancelliere tedesco Olaf Scholz, chiedendogli di fare pressione su Bruxelles per allentare i dazi sulle auto elettriche.

Per Giorgia Meloni quello brasiliano è stato un G20 dalla postura allineata, senza andare allo scontro sulle questioni principali. L’incontro con Lula è stato cordiale, a differenza di quello tra il padrone di casa e Milei, che quasi non si sono salutati. Il presidente argentino, dopo un bilaterale col CEO di Enel Flavio Cattaneo, è stato tra i primi a lasciare Rio per tornare a Buenos Aires, dove oggi riceverà proprio la premier italiana in una visita lampo prima di tornare in Italia.

I due condividono molte posizioni e sembrava quasi che non vedessero l’ora di allontanarsi da un consesso nel quale non sono del tutto a loro agio. L’anno prossimo però potranno esserlo di più: al G20 ospitato in Sudafrica ci sarà Donald Trump, mentre Scholz potrebbe non esserci più (la Germania va alle elezioni anticipate a febbraio) e Lula e Macron saranno a fine mandato, con una popolarità che non fa altro che calare.

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