La lotta alla fame e alle disuguaglianze entra con forza nell’agenda del G20: la presidenza di turno brasiliana ne ha fatto una priorità, insieme alla tassazione dei super ricchi, e così ieri in un vertice a Rio de Janeiro, alla presenza del presidente Lula e dei ministri allo Sviluppo dei Paesi membri, è stata approvata l’Alleanza globale contro la fame, un nuovo meccanismo di finanziamento pubblico aperto non solo alle prime 20 economie del pianeta ma a chiunque voglia farne parte. A pochi mesi dal meeting conclusivo dei leader, che si terrà sempre a Rio de Janeiro a novembre, il consesso ha intanto messo un primo tassello, col Brasile che si è impegnato a finanziare metà del nuovo Fondo. Anche l’Italia farà la sua parte: la scorsa settimana il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stato per la prima volta in Brasile in visita ufficiale e ha garantito l’impegno italiano sulla lotta alla povertà, mentre il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che poche settimane fa aveva ricevuto a Roma l’omologo brasiliano Fernando Haddad, si è allineato anche sulla questione della tassa globale sui grandi patrimoni.
Il Brasile guida la lotta contro la fame
Proprio ieri sono usciti gli ultimi dati della FAO, secondo cui la fame nel 2023 riguardava ancora una persona su 11 nel mondo e una su 5 in Africa, cioè tra i 713 e 757 milioni di persone se si parla di insicurezza alimentare grave, ma che salgono a 2,33 miliardi (quasi un essere umano su tre) se si considera anche la difficoltà moderata di accesso al cibo. Le risorse per la verità ci sono, ma quelle attualmente stanziate sono insufficienti o ancora peggio mal indirizzate: secondo l’Onu, tra il 2017 e il 2021 gli investimenti pubblici hanno raggiunto i 76 miliardi di dollari l’anno (persino meno della filantropia, che ha tirato su 95 miliardi), ma solo il 34% di quei soldi è stato realmente utile, mentre i dati sui prestiti bancari per agricoltura, silvicoltura e pesca sono addirittura in calo. L’obiettivo dell’Alleanza è sradicare la fame nel mondo entro il 2030 e lo stesso Brasile può indicare la strada: “Nel 2023 – ha detto il ministro dello Sviluppo e dell’Assistenza sociale brasiliano, Wellington Dias – abbiamo portato fuori da una condizione di insicurezza alimentare grave quasi 15 milioni di persone, passando da 17,2 milioni a 2,5 milioni (-85%). Il tasso di denutrizione cronica è sceso dal 4,2% al 2,8% della popolazione”.
Lula vuole sconfiggere la povertà entro il 2026
Per Lula l’obiettivo, almeno per quanto riguarda il suo Paese, è di riuscire ad azzerare la povertà estrema entro la fine del mandato, nel 2026. Sarebbe la seconda volta, visto che sotto la presidenza di Jair Bolsonaro e anche a causa della pandemia nel 2021 il Brasile era drammaticamente tornato sulla Mappa della Fame dell’Onu: nella prima economia dell’America Latina quasi un terzo della popolazione, cioè una settantina di milioni di persone, non aveva accesso garantito al cibo. Le cose sono cambiate grazie alle politiche di sostegno pubblico, come il programma Bolsa Familia, che raggiunge 21 milioni di famiglie. Ma non basta, serve che il progetto coinvolga l’intero pianeta.