Condividi

“G20 e il clima, così cambierà l’agenda europea”. Parla Billio (Ca’ Foscari)

INTERVISTA a MONICA BILLIO, professoressa di econometria a Ca’ Foscari. La priorità all’ambiente, spiega, avrà forti implicazioni sulle politiche economiche e monetarie Ue. “L’attenzione si sposterà sul medio e lungo termine con regole più flessibili sui conti pubblici”. “L’inflazione non è un problema”

“G20 e il clima, così cambierà l’agenda europea”. Parla Billio (Ca’ Foscari)

Il G20 di Venezia ha messo d’accordo i leader delle grandi economie mondiali sulla ineluttabilità di mettere al primo posto nell’agenda economica l’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici. Le implicazioni di questo nuovo paradigma delle priorità avranno effetti anche sulle future politiche monetarie e di governo dell’economia dell’Unione Europea. È l’opinione di Monica Billio, ordinario di Econometria alla Cà Foscari (la prima donna in Italia a vincere una cattedra in Econometria), una delle economiste più influenti del panorama accademico italiano. Da segnalare che grazie ai suoi innovativi studi sulla stabilità dei sistemi finanziari, durante la grande crisi del debito sovrano è stata un interlocutore molto ascoltato anche a Francoforte in BCE.

La politica monetaria dell’Unione Europea si è incardinata finora nel dogma intoccabile di un’inflazione al 2%. All’orizzonte si profilano grandi novità: la Bce di Christine Lagarde potrebbe considerare questo parametro meno intoccabile, tenendo conto proprio delle analisi che arrivano dai cambiamenti climatici. 

«Rimarrà forte l’attenzione alle dinamiche dell’inflazione per la politica monetaria europea, si tratta ancora del mandato primo dato alla Bce, ma stiamo sicuramente assistendo ad una fase nuova. Va aggiunto anche che gli ultimi 10 anni di economia europea non hanno certamente preoccupato per tensioni legate all’inflazione, nonostante politiche monetarie potenzialmente in grado di determinarne l’aumento, a partire proprio dal “Whatever it takes” di Mario Draghi».

Messa in disparte l’ossessione per l’inflazione, ci sarà un nuovo corso per l’eurozona?

«Il pericolo più grande che ha vissuto l’area euro non è stato causato dall’inflazione ma dalla stabilità e dalla tenuta del sistema finanziario. E tra i grandi nuovi driver della stabilità ci sarà proprio il cambiamento climatico, inteso come di rischio transizione. Perché per spinta politica o per necessità il sistema economico dovrà cambiare in un’ottica di sostenibilità: tempi e modi in cui lo farà avranno un impatto considerevole. Inoltre questa transizione toccherà tanti temi in grado di influenzare le dinamiche inflattive, pensiamo ai carburanti di origine fossile e alle modalità di creazione di energia che andranno auspicabilmente scomparendo».

Cosa significa per chi governa la politica monetaria della più complessa economia del pianeta?

«Le istituzioni finanziarie saranno chiamate ad adeguarsi ad un importante cambiamento di prospettiva. È necessario che cambino gli orizzonti temporali del governo dell’economia: la sostenibilità ambientale, l’economia sostenibile nella sua più ampia accezione deve guardare al futuro, non è possibile valutarla e gestirla nel breve termine. La politica monetaria di conseguenza sposterà l’attenzione al medio e lungo termine».

Ma concretamente come potrebbe cambiare il sistema finanziario dell’Unione?

«La Commissione Europea nella definizione del NextGenerationEU e ora nella “New Strategy for Financing the Transition to a Sustainable Economy” ha di fatto aperto ad un meccanismo di solidarietà europea. La pandemia ha portato all’emissione di debito comune nell’Unione, un passaggio storico fondamentale dopo Maastricht, superiore allo stesso “Whatever it takes”».

La rivoluzione verde che ci si aspetta per imprese (37% di fondi per la transizione sostenibile), ambiente e sviluppo avrà la forza di cambiare i vecchi paradigmi che hanno retto finora l’integrazione europea? Pensiamo, per esempio, alla regola del 3% sul deficit/pil inventata nel lontano 1981 da Guy Abeille su impulso di François Mitterrand.

«La situazione di criticità finanziaria causata dalla pandemia ha solo sospeso una serie di regole economiche. Ma si tratta di meccanismi che supportano i rapporti di fiducia e che sono necessarie per tenere coeso un meccanismo complesso come l’economia europea. Quella stessa fiducia che ha permesso all’Italia nel 2011-2013 di superare un momento terribile proprio con l’aiuto delle istituzioni comunitarie. Non verranno spazzate via le regole sui conti pubblici, ma saranno rese più flessibili proprio per prendere in carico anche obiettivi di più lungo periodo».

La transizione verde pensata dalla Commissione Europea come si interseca con il ragionamento sul “debito buono” di Mario Draghi?

«E’ la medesima visione d’insieme. C’è stata una fase in questa pandemia, quella dei ristori, che è servita per tenere in vita l’economia spendendo molte risorse pubbliche. Il rischio concreto era di non trovare più interi comparti economici finita la crisi. Quella fase va rapidamente sostituita con debito pubblico impegnato per investimenti e una crescita sostenibile».

Se dovesse fare un esercizio a cavallo tra predizione e speculazione accademica, quale regola dell’economia europea potrebbe essere spazzata via dalle nuove politiche ambientali?

«Bisogna guardare alla portata delle aperture della Presidente Lagarde: non ci sarà più una attenzione maniacale per il brevissimo termine. Cambieranno gli orizzonti temporali per valutare le politiche governative, la sostenibilità dei debiti sovrani e i piani di stimolo per l’economia. L’economia non sarà dunque più vincolata dall’immediato: in questo scenario è evidente che solo un attore come l’Europa potrà governare questa nuova dimensione, più difficilmente i singoli Stati nazionali. E tornando alle regole: in un quadro così il sistema economico si tiene solo se è stabile e se ci sarà fiducia tra gli Stati membri».

Commenta