Il G20 dei leader in programma lunedì 18 e martedì 19 novembre a Rio de Janeiro sarà il primo della storia ad essere presieduto dal Brasile. A fare gli onori di casa in una città blindata per motivi di sicurezza (chiuso nei giorni dell’evento l’aeroporto Santos Dumont) è dunque il presidente Lula, uscito malconcio dalle elezioni amministrative di ottobre e con la popolarità ai minimi storici. Non è l’unico leader indebolito: il presidente russo Vladimir Putin nemmeno ci sarà, “per non essere di disturbo”, mentre il suo omologo statunitense Joe Biden, che alla vigilia ha fatto visita alle tribù indigene dell’Amazzonia a Manaus, è di fatto un ex, dato che è in procinto di lasciare le redini della Casa Bianca a Donald Trump, il quale ha fatto più volte intendere che nei prossimi anni snobberà questo tipo di appuntamenti. Anche diversi leader europei non se la passano bene: il francese Emmanuel Macron se l’è vista brutta in estate con le elezioni legislative e il tedesco Olaf Scholz è stato costretto al voto anticipato. Dall’Italia arriva Giorgia Meloni, reduce dall’aver ospitato il G7 a giugno e dall’intervento, pochi giorni fa, alla Cop29 di Baku. La presidente del consiglio ha in agenda un bilaterale con Lula oggi domenica 17 novembre, alla vigilia del primo giorno di lavori.
G20 a Rio: 55 delegazioni, grandi sfide e un po’ di spettacolo
Nella città carioca sono attese 55 delegazioni: 40 Paesi tra membri e ospiti, comprese Unione europea e Unione africana, più organizzazioni internazionali come Onu, Fao e Unesco. Il consesso rappresenta l’80% del commercio globale ed è ormai un mix di asse euro-atlantico e di emergenti vecchi e nuovi, Paesi come Cina, India, Russia, Arabia Saudita, Qatar e Emirati. Sarà presente anche la Santa Sede ma non Papa Francesco in persona, e avrà un peso crescente il Sud-Est asiatico con la partecipazione di Indonesia (destinata a diventare la quarta economia mondiale entro il 2050), Vietnam e Singapore. A margine del meeting, sono in programma sabato 16 e lunedì 18 due manifestazioni pro-Palestina: preoccupa soprattutto la seconda, che si svolgerà in pieno centro, non lontano dal Museo di Arte Moderna che ospita i leader ed è organizzata dal Pco, Partito della Causa Operaia, formazione di estrema sinistra alleata del governo Lula ma accusata di flirtare con l’estrema destra in una sorta di “rossobrunismo” brasiliani. Rio de Janeiro nell’ultimo anno ha ospitato 140 eventi legati al G20, che in questi giorni stimolerà l’economia della città per oltre mezzo miliardo di reais (100 milioni di euro), quasi il doppio dei soldi stanziati dal governo per l’organizzazione, non senza polemiche visto che la first-lady Janja ha tenuto ad organizzare un maxi concerto stile Live Aid, spendendo risorse inizialmente non previste per i cachet degli artisti.
G20 in Brasile: lotta alla fame, tasse ai super-ricchi e il nodo delle guerre
Il G20 brasiliano arriva in una fase delicata del contesto internazionale, segnata dai conflitti in Ucraina e Medio Oriente, dall’emergenza climatica e dalle disuguaglianze. La presidenza brasiliana, che sulle guerre ha una posizione ambigua e non in linea con la Nato, sta puntando tutto sui temi sociali e ambientali: il documento sul quale sono al lavoro gli sherpa e che si proverà a condividere mette in primo piano lotta contro la fame, tassazione dei super ricchi, uguaglianza di genere e transizione green. L’Italia ha già fatto trapelare, attraverso le parole del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il proprio scetticismo su una delle proposte centrali dell’incontro, quella ispirata allo studio dell’economista Gabriel Zucman e cioè una tassa globale del 2% sui patrimoni superiori al miliardo di dollari, che possa fruttare fino a 250 miliardi di dollari l’anno per finanziare la lotta contro gli effetti dei cambiamenti climatici. Ad opporsi palesemente a questa proposta, rischiando di non farla finire nel documento finale, è il presidente argentino Javier Milei, che nei giorni scorsi ha incontrato Trump in Florida e che in qualche modo ne farà le veci nella città carioca. Sulla povertà Lula proporrà invece la costituzione di una Alleanza Globale contro la Fame, alla quale hanno già aderito Paesi come Germania, Norvegia e Paraguay. C’è infine il tema della governance globale, che sfiora quello delle guerre, sul quale il padrone di casa è in imbarazzo essendo anche membro dei Brics, ormai diventati un club anti-Occidente allargato a 23 Paesi: si tenterà di proporre una riforma dell’Onu, per dargli più potere in un contesto geopolitico sempre più complicato.