I sindacati del credito si schierano “senza se e senza ma a favore della fusione” tra la Banca Popolare di Milano e il Banco Popolare, la prima fusione tra Popolari dopo la riforma, a cui guardano con grande attenzione anche i mercati internazionali. Una decisione unanime che non lascia alcuna incertezza sul caso quella ribadita nel corso della conferenza stampa tenuta dai segretari generali di Fisac Cgil, Fabi, First Cisl, Uilca, Unisin e Sinfub.
“Nel pieno di una tempesta finanziaria e bancaria che genera incertezza e preoccupazioni siamo di fronte alla prima operazione di politica industriale utile per il Paese, per il sistema bancario e per i lavoratori” ha affermato perentoriamente Agostino Megale della Fisac.
Secondo le organizzazioni sindacali, la fusione tra le due Popolari è l’unica via in grado di assicurare la “stabilità dei lavoratori, della clientela e della banca” ma anche “la stabilità del settore bancario, in un periodo molto delicato perché ci sono i problemi sulle banche venete, sulle quattro good bank e su Mps” ha aggiunto Lando Sileoni della Fabi.
Nello stesso frangente occorre sottolineare che, le richieste di partecipazione all’assemblea della Popolare di Milano chiamata a dare l’ok alla fusione con il Banco, indetta per sabato 15 ottobre, hanno superato quota 11mila. Nel dettaglio, secondo quanto affermato dai rappresentati sindacali in conferenza stampa “il 90% dei dipendenti ha ritirato il biglietto e l’aspettativa è che “il 90% di loro parteciperà all’assemblea. La partecipazione dei lavoratori sarà massiccia”. Un’affluenza che, in linea teorica, lascerebbe presagire una vittoria del Sì in assemblea.
C’è poi un altro motivo che ha spinto i sindacati a schierarsi a favore del matrimonio tra Bpm e Banca Popolare. Secondo loro l’unione tra i due istituti rappresenta “l’ultima occasione per gestire le conseguenze della riforma delle popolari, invece di consegnarsi nelle mani dei grandi fondi internazionali”. Una sottolineatura rivolta soprattutto ai soci pensionati di Bpm, da sempre critici nei confronti della fusione che, in base a quanto affermato dalle associazioni “hanno la responsabilità di votare non solo per il futuro della loro banca ma per l’intero sistema bancario italiano”.
La vittoria del No, metterebbe fortemente in difficoltà Bpm che dovrebbe “comunque diventare spa e sarà contendibile e scalabile”, hanno proseguito i segretari generali dei sindacati bancari, parlando di un possibile interesse dei fondi americani che potrebbero arrecare danni in primis ai lavoratori. I soci pensionati sono stati dunque accusati di essere “irresponsabili e di giocare con la pelle degli altri”.
L’assemblea di sabato di Bpm si preannuncia dunque infuocata. Le dichiarazioni dei sindacalisti hanno però attirato l’attenzione degli investitori di Piazza Affari che sembrano essere ottimisti sull’esito della fusione. Attualmente Banco Popolare sta ponendo in essere la performance migliore tra le blue chip del Ftse Mib, guadagnando il 6,23% a 2,522 euro. Molto bene anche il titolo Bpm che sale dell’1,84% a 0,4217 euro.