Per la prima volta nella storia della Repubblica la Camera dei deputati ha ospitato dei funari laici. Quelli dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, morto venerdì 22 settembre a 98 anni.
Presenti alla cerimonia, oltre ai familiari, quattro capi di Stato e un emerito, oltre cento ambasciatori, il Parlamento in seduta comune. Nell’’Aula stracolma anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la presidente della Corte Costituzionale Silvana Sciarra, il Governo quasi al completo, molti ex Premier – Giuliano Amato, Romano Prodi, Massimo D’Alema, Mario Monti, Enrico Letta, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte e Mario Draghi – le autorità, sedute sui posti dei parlamentari, e ospiti provenienti da tutto il mondo.
Quelli di Napolitano sono funerali di Stato caratterizzati da un preciso cerimoniale: al feretro dell’ex presidente, avvolto nel Tricolore e scortato da 4 corazzieri, sono stati riservati gli onori militari: prima dell’ingresso del feretro a Montecitorio, la banda dell’esercito ha suonato l’inno di Mameli, seguito dall’applauso della piazza. Per martedì è stato anche dichiarato il lutto nazionale, con bandiere a mezz’asta sulle facciate di tutti gli edifici pubblici del Paese.
Il funerale laico di Giorgio Napolitano
Il feretro è stato posizionato nella sala dei Ministri di Palazzo Montecitorio, un luogo che per l’ex presidente Napolitano ha rappresentato una seconda casa. L’ex Capo dello Stato fu infatti eletto alla Camera dei Deputati per la prima volta nel 1953 e successivamente sempre riconfermato (tranne che nella IV legislatura) nella circoscrizione di Napoli.
Durante il passaggio in transatlantico, in un silenzio rotto solo dagli scatti dei fotografi e dal messaggio ricevuto da un telefonino, gli hanno reso omaggio le massime autorità italiane e i rappresentanti degli Stati stranieri, schierati sul lato del tappeto rosso: il presidente del Senato Ignazio La Russa, quello della Camera Lorenzo Fontana, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con a fianco il presidente della Repubblica federale di Germania Frank-Walter Steinmeier, e a seguire il presidente francese Emmanuel Macron, il presidente emerito della Repubblica francese Francois Hollande, gli altri alti rappresentanti esteri, e a chiudere la fila la premier Giorgia Meloni e la presidente della Corte costituzionale Silvana Sciarra.
Trattandosi di un funerale laico, la cerimonia non è stata celebrata da un sacerdote e non sono stati fatti riferimenti alla religione. Dopo la visita di Papa Francesco alla camera ardente però, alle esequie ha partecipato anche il cardinale Gianfranco Ravasi, che è stato anche uno degli oratori che sono intervenuti in Aula, insieme ai presidenti di Camera e Senato, Ignazio la Russa e Lorenzo Fontana, all’ex presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato, all commissario europeo Paolo Gentiloni, all’ex senatrice Anna Finocchiaro e a Gianni Letta, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Sono intervenuti anche alcuni membri della famiglia di Napolitano, tra cui il figlio Giulio e la nipote Sofia.
Gli interventi del figlio Giulio e della nipote Sofia
Il rito laico all’interno dell’Aula di Montecitorio ha avuto inizio con i discorsi dei presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa.
Uno dei momenti più toccanti della cerimonia è stato l’intervento di Giulio Napolitano, figlio dell’ex presidente, che ha parlato del valore umano del padre, che ha sempre accompagnato l’aspetto politico e istituzionale: “Non ha mai dimenticato i nostri bisogni, nonostante la carriera politica. Il legame con la moglie, i figli e i nipoti è stato indissolubile in ogni momento. Mi ha insegnato il valore simbolico delle istituzioni. Il suo lavoro è sempre stato una politica fatta di ideali, missione e professione”.
“Viviamo questo momento in spirito di unità e condivisione; deferente ringraziamento papa Francesco per parole e gesti che ci hanno emozionato – ha continuato Giulio Napolitano – Non ricordo un solo giorno che non sia stato di lavoro; il suo lavoro, il senso della sua esistenza, è stata la politica, che era per lui una cosa seria; richiedeva ascolto, dedizione, assunzione di responsabilità; non sopportava la demagogia e le urla. La politica era inscindibile della vita privata e familiare, il nostro orizzonte quotidiana. La tensione per la dimensione collettiva non gli impediva di essere un marito e padre presente. Allegria, amava musica classica, arte, cinema, Thomas Mann; era pronto a seguire gli interessi di noi ragazzi. Si trattava di una visione profondamente condivisa con mia madre, nel loro rapporto indissolubile. Continua presenza emotiva anche nei momenti di distanza fisica. In un disegno del 1976 lo disegnai seduto a un banco, accompagnato dalla scritta ‘il mio papà fa il deputato in Parlamento’. Per 50 anni l’ho visto in quella posizione migliaia di volte, senza mai risparmiarsi. L’ho seguito da bambino, da ragazzo, da adulto, tantissime volte anche in questo palazzo. Ne ammiravo l’eleganza, la dignità del comportamento, ascoltavo la sua voce calda e vibrante, la lingua ricca, il tono severo ma non di rado stemperato dall’ironia. Credeva nella lotta politica, nella ricerca di soluzioni per ridurre le diseguaglianze. In questo impegno politico ha combattuto buone battaglie e sostenuto cause sbagliate, cercando poi di correggere errori ed esplorare soluzioni nuove. Ha sentito la vicinanza del popolo italiano, ha guardato. Per il bene dell’italia. Lo abbiamo assistito fino all’ultimo”.
Commoventi le parole della nipote Sofia: “Per lui contava fossimo felici, al di là della carriera. Giorgio Napolitano era un leader e un politico e un uomo formidabile premuroso e pieno di attenzioni, era sempre presente per noi, ascoltava i nostri problemi in modo partecipe e comprensivo nonostante fosse già occupato con i problemi del Paese”.
“Ci scriveva sempre, anche quando non sapevamo ancora leggere, ci telefonava quando vedeva dei cartoni in televisione che pensava ci sarebbero piaciuti. Ci veniva a prendere a scuola e ci portava a villa Borghese per un gelato. Ha sempre trovato il tempo per me e Simone, nonostante i suoi impegni”, ha detto Sofia Napolitano. “I consigli che ci ha dato ci fanno sentire fiduciosi in noi stessi quando dobbiamo affrontare scelte personali”.
I discorsi di Letta, Gentiloni, Ravasi e Amato
Dopo l’intervento di Anna Finocchiaro, ha preso la parola Gianni Letta, secondo cui con la morte di Giorgio Napolitano “si chiude anche un capitolo tormentato e complesso di questa storia: dopo Berlusconi, Napolitano, a tre mesi uno dall’altro. Mi piace immaginare che incontrandosi lassù possano dirsi quello che non si dissero quaggiù e, placata ogni polemica, possano chiarirsi e ritrovarsi nella luce”, ha detto Letta che poi ha rimarcato: “Di fronte a un lutto che definirei repubblicano non ci sono divisioni di sorta: non cancella ma supera ogni divergenza e annulla le distinzioni culturali politiche pur inevitabili in una figura come il presidente Napolitano, che prima di ricoprire con autorevolezza e prestigio le massime cariche istituzionali è stato per tanti anni protagonista di primo piano della vita politica italiana”. “Tutti ci inchiniamo reverenti per rendere omaggio alla memoria di un uomo che amava l’Italia”, ha detto Letta.
Il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni ha invece ricordato il forte europeismo dell’ex presidente: “Oggi in questa aula rendiamo l’estremo omaggio a uno statista italiano ma anche europeo e le presenze di oggi lo confermano. Per Napolitano, uomo di sinistra al servizio delle istituzioni, l’avvenire dell’Italia non poteva prescindere dall’orizzonte europeo», ha detto, sottolineando che “Per Napolitano la scelta europea è stata una scelta di campo, una scelta di vita, una scelta di libertà”.
Il cardinale Angelo Ravasi, che fu protagonista con Napolitano di un fecondo dialogo sul rapporto tra laici e credenti, ha ricordato Napolitano come “un uomo di altissima cultura”: “Vorrei portare anche io un fiore ideale sulla sua tomba, sul suo feretro – ha proseguito dopo un racconto per “istantanee” dei suoi incontri con l’ex presidente -. Un fiore che è un verso tratto dal libro del profeta Daniele. ‘I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento. Coloro che avranno indotto molti nella giustizia risplenderanno come le stelle nel firmamento, per sempre'”.
L’ultimo a parlare è stato il presidente emerito della Corte Costituzionale, Giuliano Amato che ha ricordato il suo grande ” tormento di fronte ai fatti di Budapest del ’56 e di Praga nel ’68 che portarono lui a dedicarsi alla difficile impresa di far prevalere nello stesso partito, il Pci, le altre ragioni comuni che pure c’erano. Ma occorreva un duro lavoro di radicamento nella democrazia in Europa e nell’Occidente e di questo fu protagonista, elogiando più volte la democrazia parlamentare”. ha detto Amato nel suo intervento, aggiungendo che: “Ha esercitato tanti ruoli, Giorgio, e sempre ti colpiva la sua grande e non eludibile autorevolezza, figlia della sua cultura che traspariva dai suoi argomenti. Dal suo lessico. Da una cultura che alimentava incessantemente”.