Che i test sulle emissioni delle automobili fossero altamente inaffidabili e sottostimassero la reale quantità di gas liberati in aria dalle vetture è ormai appurato, così come il fatto che la verità girasse da tempo tra gli addetti ai lavori. Ma ora che lo scandalo Volkswagen ha denudato il re, e Matthias Müller è diventato il nuovo amministratore delegato del gruppo tedesco, emergono i dettagli di come le autorità europee fossero state avvertite dell’esistenza dell’armamentario a disposizione delle case automobilistiche per truccare gli esiti dei test. E non abbiano messo in campo contromisure.
Grazie alla ricostruzione del Financial Times cade il velo di ipocrisia dei palazzi comunitari di Bruxelles sullo scandalo dei motori diesel truccati dalla Volkswagen. Quegli stessi organismi Ue che ora chiedono il giro di vite sui test erano stati avvertiti sin dal 2013 (i primi dati risalgono al 2011) del pericolo per l’ambiente rappresentato da software e strumenti (peraltro illegali sin dal 2007) per alterare i risultati delle analisi sugli inquinanti dei motori diesel. Gli stessi programmi e marchingegni impiegati da Volkswagen e scoperti negli Usa, ma ignorati nel Vecchio continente nonostante fossero stati messi in guardia: un rapporto del Joint Research Center dell’Ue era stato illustrato ai vertici comunitari due anni fa e già suggeriva di effettuare i test sui gas inquinanti su strada e non dentro officine attrezzate solo a simulare l’andatura più o meno veloce delle auto. D’altra parte, la stessa indicazione arriva dall’Icct ormai da qualche tempo: è proprio l’istituto che ha svelato i trucchi di Vw sul Nox (la sigla generica per gli ossidi di azoto) a dire che le emissioni omologate sono superate da quelle su strada nell’ordine del 40%.