L’FT: UN BAZOOKA UE DA 900 MILIARDI. WALL STREET CI CREDE
OGGI GEITHNER BENEDICE MONTI IN ATTESA DEL VERTICE VERITA’
“Il giudizio di S&P ci stimola ad accelerare il nostro lavoro. Per la prima volta viene emesso un giudizio sull’area euro nel suo insieme: un fatto positivo”. Wolfgang Schaueble, ministro delle Finanze tedesco, non perde tempo a criticare la società di rating come il portavoce dei ministri finanziari dell’area euro, Jean Claude Juncker. Al contrario coglie l’occasione per accelerare il varo dell’Europa alla tedesca, benedetta ieri dagli elogi di Tim Geithner, il segretario al Tesoro Usa in visita a Berlino. Intanto il Financial Times online rivela che gli sherpa dei ministri europei hanno raggiunto l’accordo sul “piano bazooka”: il Fondo salva Stati avrà a disposizione 500 miliardi oltre ai 440 già concordati. A luglio questa cifra sarà potenziata da altri 500 miliardi in dotazione all’Esm. Il New York Times, infine, si spinge a prevedere un taglio “ forse superiore ad un quarto di punto” da parte della Bce nella riunione di domani.
LA TENUTA DELLE BORSE. Tutto questo spiega perché il warning di Standard & Poor’s su 15 Paesi dell’euro e sul nascente fondo salva Stati (già privato della tripla A prima ancora di nascere…) non ha provocato sfracelli sui mercati azionari. Milano, dopo una seduta dall’andamento contrastato, ha chiuso con un calo dello 0,48%, in linea con Parigi -0,33%, davanti a Francoforte -0,90%, condizionata dallo shock del possibile downgrade della tripla A. E’ andata meglio a Wall Street dopo le rivelazioni del Financial Times sulla nascita del bazooka finanziario dell’Unione Europea: Dow Jones +0,43%, S&P +0,11, Nasdaq + 0,23%.
E LA RISCOSSA DEI BTP. Ancor più significativo è il miglioramento dei titoli di Stato italiani. Sia il rendimento dei Btp, sceso al 5,91%, che lo spread nei confronti del Bund, secco a 369 (dopo aver toccato un minimo a 357) confermano che la manovra ha sortito l’effetto di raffreddare la crisi più pericolosa, quella del debito sovrano. Diversi operatori hanno ribaltato le loro strategie: short sul bund tedesco, i primi acquisti sul debito italiano: se il prossimo vertice fisserà le regole per un’unione fiscale rigida tra i paesi dell’eurozona, uno spread così largo tra Italia e Germania (Paese che accusa comunque un rapporto debito Pil pari all’82%) non si giustifica.
METEOBORSA: PARTENZA IN ROSA. Le indicazioni in arrivo dall’Asia sono assai positive: l’indice Nikkei a Tokyo avanza dell’1,64%, il rialzo di Hong Kong sfiora l’1,5%. Il possibile aumento della dotazione finanziaria in mano alle istituzioni Ue, rilanciato dal Financial Times, ha rincuorato gli operatori anche in Australia, dove si registra una crescita superiore alle previsioni. Il calo dell’oro e il minor interesse verso il Bund dimostrano che i mercati stanno recuperando il sangue freddo perduto. E questo può offrire ossigeno al rialzo dei listini azionari di qui a fine anno. Il propellente potrebbe arrivare dalla Bce: un nuovo taglio dei tassi, al di là dell’effetto pratico, avrebbe un notevole impatto psicologico perché sarebbe la conferma che la Bce guidata da Mario Draghi ha intenzioni e spazi di intervento superiori al passato. I futures sullo Standard & Poor’s suggeriscono un avvio in ripresa dei mercati nella prima parte della giornata. Poi, al solito, le novità della vigilia del vertice (tra cui il sostegno di Geithner a Mario Monti nell’incontro di Milano) detteranno la trama della riunione.
FONSAI, OGGI IL PIANO ERBETTA ALL’ESAME DELL’ISVAP
LA MANOVRA CONTRO IL CUMULO DI CARICO NELLE BANCHE
Il caso Ligresti continua a tenere banco in Piazza Affari. Di cruciale importanza sarà l’incontro oggi tra gli amministratori della Fonsai -4,3% e l’Isvap. L’ad Emanuele Erbetta chiederà il via libera al piano per rafforzare il patrimonio e l’indice di solvibilità della compagnia: accanto alle cessioni e all’affrancamento dell’avviamento c’è il nodo del veicolo, compartecipato dal Crédit Suisse, in cui collocare i “gioielli di famiglia” (cioè le partecipazioni significative in Rcs, Mediobanca, Pirelli, Unicredit e Mps). Il via libera a quest’operazione è tutt’altro che scontato. Non aiuta a far chiarezza l’emersione di un nuovo socio forte del 12,5% di Premafin: un finanziere, Giancarlo De Filippo, da sempre legato a Ligresti che ha dichiarato il possesso del 12,5% della capofila quotata del gruppo attraverso l’Heritage Trust delle Bahamas.
Continua la primavera insperata di Mps +4,4%. La prospettiva di un socio forte, probabilmente la stessa Cdp, al fianco della Fondazione senese (per la prima volta pronta a scendere sotto il 51%) ha messo le ali al titolo. Al contrario, con l’eccezione di Ubi +1% il resto del comparto bancario segna il passo dopo i forti incrementi della vigilia: Unicredit -1,3%, Banco Popolare -1,4%, Intesasanpaolo -0,8%. Il calo più massiccio riguarda Bpm -3,2%. Intanto il divieto di cumulo delle cariche disposto dall’articolo 36 della manovra mette in subbuglio i vertici del sistema: a rischio, per cominciare, le posizioni di Dieter Rampl e Fabrizio Palenzona in Mediobanca.
La ripresa di valore dei Btp, al contrario, favorisce la ripresa del comparto assicurativo: Generali + 0,7%, Unipol +2,8%. In grande evidenza Banca Generali +3,27% dopo i lusinghieri risultati della raccolta di novembre.
MARCHIONNE, STOP AGLI INVESTIMENTI IN EUROPA
FINMECCANICA IN CALO NONOSTANTE LE COMMESSE
Giornata difficile per i titoli industriali. Nonostante un nuovo contratto per 600 milioni di dollari della controllata Drs, Finmeccanica accusa una perdita del 4,8%. In calo anche Pirelli -1,8%, Prysmian -1,4% e Pirelli -2,5%.
In discesa anche Fiat -2,8% e Fiat Industrial -1,8%. In un incontro con gli analisti Sergio Marchionne non ha escluso la fusione tra Cnh e Fiat Industrial, magari preceduta dalla cessione dell’Iveco. E’ un’ipotesi, probabilmente nulla di più. Al pari della possibile cessione di Ferrari o altre “idee” che il ceo di Fiat è solito non escludere parlando agli analisti. Ben più concreto il messaggio di Marchionne in un’intervista a Reuters: Fiat ha sospeso gli investimenti, sia negli impianti che nei prodotti, in Europa nell’attesa di avere una maggior visibilità finanziaria sulle prospettive del Vecchio Continente. Lo sbarco dell’Alfa in Usa avverrà solo nel 2013, l’anno “decisivo” per la fusione tra Fiat e Chrysler. Il flop della 500 oltre Oceano è dovuto al fatto che “lo sbarco era prematuro”.