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Fratianni: “O l’Europa trova un colpo d’ala in extremis o non si salva nessuno. Eurobond subito”

“Non ho mai visto un tavolo che stia in piedi senza una gamba: purtroppo l’Europa ha l’euro e ha il mercato comune ma non ha l’unione fiscale ed è per questo che resta una costruzione fragile. Quando arrivano shock esterni traballa e non sorprende che la speculazione abbia preso di mira proprio l’euro e i Paesi più deboli dell’eurozona”. Michele Fratianni, economista di rara finezza che negli anni ’80 fu chiamato dal presidente Ronald Reagan a far parte del team degli economisti della Casa Bianca, ha lo straordinario privilegio di guardare alle turbolenze dei mercati e alle quotidiane sofferenze dell’Italia e dell’euro, da un osservatorio speciale che sta a metà tra l’Europa e l’America. Fratianni vive e insegna economia per sei mesi in Italia (all’Università Politecnica delle Marche) e per gli altri sei mesi negli Stati Uniti, a Bloomington, dove ha la famiglia ed è professore emerito presso la Kelley School of Business dell’Indiana University. “In questi giorni – racconta – mi è tornata in mente più volte la discussione a cui mi capitò di assistere al meeting dell’American Economist Association del 2007 ad Atlanta tra Martin Feldstein e l’allora membro del board della Bce, Otto Issing. Ricordo perfettamente che, con molto garbo, quest’ultimo che veniva dalla Bundesbank magnificava il successo dell’euro e non nascondeva la sua personale soddisfazione per i risultati allora raggiunti dalla moneta unica nel rapporto con il dollaro. Ma, con altrettanto garbo, Feldstein lo gelò obiettandogli che il successo dell’euro era effimero e che poteva valere in tempi di normalità ma che sarebbe bastato uno schock esterno per metterlo in crisi. Ed è esattamente quello che sta avvenendo”.

FIRSTONLINE – Professor Fratianni, l’Italia e l’Europa sono da tempo nell’occhio del ciclone dei mercati. Quanto durerà e come si uscirà da questo periodo di passione?

FRATIANNI – Ci vorrebbe la sfera di cristallo per dirlo e gli economisti non ce l’hanno. Però si può senz’altro constatare che la crisi della Grecia è il sintomo di una malattia e di un handicap più profondo che attraversa tutta l’Europa fin dalla nascita dall’euro e che non si può curare e risolvere con mezze misure.

FIRSTONLINE – Sarebbe a dire?

FRATIANNI – Purtroppo l’Europa viaggia a velocità diverse e non ha stabilità perchè è come un tavolo senza una gamba: è destinata a traballare e, prima o poi, a cadere se non si provvede.

FIRSTONLINE – La gamba che manca qual è?

FRATIANNI – L’unione fiscale. Senza una politica economica comune, e principalmente senza un’unione fiscale in grado di correggere gli squilibri dei Paesi membri, tutta la costruzione europea è fragile e l’euro non regge: basta uno shock esterno per mandare tutto all’aria, come rischia di succedere se l’Europa non trova rapidamente una risposta comune all’emergenza. Lo dice la teoria economia, come ci ricordano gli impareggiabili saggi di Robert Mandel e lo dicono i fatti. Non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere. Quello che avviene sotto i nostri occhi non è una sorpresa.

FIRSTONLINE – Perchè?

FRATIANNI – Perchè riflette lo scontro di visioni antecedente la nascita dell’euro. Già allora c’era un gruppo di economisti, guidato da Feldstein, che metteva in guardia sui rischi che avrebbe corso la moneta unica in assenza di adeguate condizioni di sostegno. Ma le preoccupazioni di Feldstein non erano isolate e trovavano una eco nell’acceso confronto che divideva Stati e banche centrali.

FIRSTONLINE – Proviamo a riassumere i termini della questione.

FRATIANNI – Prima ancora del Trattato di Maastricht gli schieramenti europei erano sostanzialmente due, come raccontò anche Guido Carli nei suoi scritti su quegli anni. C’era chi, come i tedeschi, riteneva che l’euro dovesse essere la ciliegina sulla torta e che prima di metterlo in campo bisognasse creare le condizioni di base sul terreno della politica economica e fiscale. Vinse però l’impostazione opposta, sostenuta soprattutto dalla Francia e dall’Italia, che pensavano che bisognasse rovesciare l’ordine delle priorità e puntare tutto sull’euro come catalizzatore di un più ampio processo di integrazione europea.

FIRSTONLINE – Professore, in questi giorni è facile criticare l’euro ma si immagina che cosa sarebbe successo in Europa senza l’euro nelle fasi più acute della crisi finanziaria globale? E oggi la lira di quanto sarebbe svalutata. Ma questa è una discussione che ci porterebbe lontano. Perchè è decisiva l’unione fiscale?

FRATIANNI – Perchè serve a correggere gli squilibri interni all’Europa e ad assorbire gli schock esterni.

FIRSTONLINE – E’ vero che talvolta decisioni impossibili si prendono sull’orlo del baratro ma è difficile pensare che quel che non si è fatto per molto tempo si possa fare nel giro di poche ore o giorni.

FRATIANNI – E’ vero, ma i mercati hanno bisogno di un segnale. Non si chiede di decidere l’unione fiscale sic et simplicter ma almeno di muovere passi in quella direzione, come sarebbe se finalmente l’Europa si decidesse a lanciare gli eurobond per assorbire il debito del Paesi più a rischio e come giustamente chiede da anni il ministro Tremonti.

FIRSTONLINE – Che cosa succederebbe se non si riuscisse ad andare rapidamente in questa direzione?

FRATIANNI – Che la Grecia rischierebbe seriamente il default e che tutte le banche e i Paesi dell’eurozona rischierebbe di subire il contagio mettendo realmente in crisi l’euro e l’intera costruzione europea. Non so se i cittadini europei se ne rendano conto ma in questi giorni siamo a un tornante cruciale della storia dell’Europa.

FIRSTONLINE – Come si vive questa sofferenza al di là dell’Atlantico? Se l’Europa piange, l’America non ride.

FRATIANNI – Negli Stati Uniti c’è da sempre una corrente di euroscettici ma è in minoranza. La linea ufficiale degli Usa, ribadita dalla casa Bianca e dalla Fed, è di sostegno all’Europa e all’Italia. Del resto, un euro che entro certi limiti torni ad apprezzarsi sul dollaro conviene anche agli Stati Uniti, che possono in questo modo più agevolmente sostenere le loro esportazioni e più in generale la ripresa americana.

FIRSTONLINE – Come finirà, secondo Lei, il braccio di ferro tra Obama e i repubblicani sul debito?

FRATIANNI – Non è la prima volta che succede. E’ evidente che è in atto una guerra dei nervi con chiari riflessi politici ed elettorali. In questi casi vince chi frena un secondo prima di precipitare nel baratro. Dalle ultime notizie sembra di capie che la frenata sia già cominciata.

FIRSTONLINE – Tra la crisi dell’Europa e quella dell’America è difficile dire chi stia davvero peggio, ma considerando la situazione economica e finanziaria in una prospettiva globale, oggi il mondo è più vicino al momento di crisi più acuta vissuta con il fallimento della Lehman del settembre 2008 o alla fase pre-crisi?

FRATIANNI – Purtroppo ci stiamo pericolosamente riavvicinando al momento più acuito di crisi già vissuto con il fallimento della Lehman. E dispiace dire che era facilmente prevedibile,come si può verificare da tanti avvertimenti di molti economisti, tra cui me stesso, come emerse anche dal dibattito e dai testi del congresso del 2008 dell’Associazione Italiana degli Economisti. Se gli Stati – come hanno fatto gli Usa, Uk, Francia e Germania con la lodevole eccezione dell’Italia -.pensava di uscire dalla crisi salvando le banche, è evidente che i mercati pensano che gli Stati non ce la faranno e che la crisi dalla finanza si trasferirà sugli Stati. E’ quello che sta accadendo. Ormai siamo al capolinea e il tempo per evitare il peggio è poco.

FIRSTONLINE – Paradossalmente, però la speculazione attacca l’Italia che nella crisi è stata tr i Paesi più virtuosi e che non ha sprecato risorse pubbliche per salvare banche di per sé meno avventurose e più solide di altre.

FRATIANNI – La speculazione attacca l’Italia perchè punto al colpo grosso di mettere in crisi l’euro e perchè tra i Paesi maggiori l’Italia, con un debito pari al 120% del Pil, è l’anello debole della catena. E’ molto istruttivo però riflettere sul timing dell’attacco della speculazione all’Italia.

FIRSTONLINE – In che senso?

FRATIANNI – Sa quando lo spread tra Btp e Bund ha cominciato a correre?

FIRSTONLINE – Quando i mercati hanno percepito i dissidi nel Governo e le incertezze sulla manovra economica.

FRATIANNI – E’ proprio così. Da quando Tremonti è finito sotto tiro lo spread è raddoppiato. Ma questo fa pensare: con un debito pubblico così elevato, quanti Tremonti dovrà sacrificare l’Italia sull’altare del populismo e del consenso politico? Non è facile fare avanzi primari per molti anni e trovare il consenso su misure di risanamento inevitabilmente impopolari. Il problema dell’Italia è tutto qui: è politico e non economico. Ed è il rischio politico che la danneggia. Se me deve rendere conto l’Italia e se ne deve rendere conto l’Europa: o si trova la forza di un colpo di reni in extremis o non si salva nessuno, nemmeno quelli che oggi viaggiano in prima classe.

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