Un Paese senza leadership. Ma, soprattutto, “un Paese serio da cui possiamo attenderci un colpo di reni”. Così Franco Tatò, oggi presidente di Parmalat, vede la “sua” Germania cui ha dedicato a suo tempo il “Diario tedesco”, cronaca della sua esperienza alla guida di un’azienda ex Ddr da convertire all’economia di mercato. Oggi la Corte Costituzionale tedesca si pronuncerà sulla legittimità costituzionale degli interventi della Bce sui titoli dei Paesi a rischio.
Come si pronuncerà?
“Il rischio di una bocciatura è altissimo. La maggioranza dell’opinione pubblica, così come il presidente Christian Wulff, tende a giudicare questi interventi come un aiuto improprio ad un paese come l’Italia che, tra l’altro, non ne ha approfittato”.
Emerge un sentimento antitaliano?
“Diciamo che i tedeschi non ci capiscono più. Dalla lettura dei giornali emerge un certo stupore: ma quale situazione migliore di questa avrà mai l’Italia per fare le riforme strutturali? E invece ci perdiamo dietro provvedimenti senza respitro. Oppure infiliamo riforme come quella sulla libertà di licenziamento che non credo possa superare il vaglio della Corte Costituzionale. E così cresce un sospetto”.
Quale?
“Che l’Italia stia facendo una grande sceneggiata senza voler in realtà introdurre alcuna riforma. E la Merkel, che ha accettato che venisse avviata l’operazione è in grave difficoltà. Per l’opinione pubblica anche questo è un indizio della mancanza di leadership della Cancelliera”.
Il disagio tedesco, insomma, individua come capro espiatorio la Merkel. Perché?
“Il problema della Germanai comincia con l’approccio disastroso alla questione greca. La Merkel prima ha fatto la faccia truce, poi ha concesso poco e tardi, senza così risolvere il problema, Poi è stata costretta a muoversi in direzione del salvataggio che non è tanto di Atene quanto degli investimenti tedeschi. Insomma, un gran pasticcio che, dal punto di vista politico, la gente percepisce come debolezza ed incertezza politica. Così la Merkel ha dissipato il suo credito politico”.
Ma perché un atteggiamento così ondivago?
“In parte è mancanza di leadership, problema comune ad altre formazioni tedesche a partire dai liberali”.
Nel futuro, quindi, ci sarà un cambio della guardia?
“Non è facile dirlo. A rigor di logica, il buon senso consiglierebbe di guardare all’esperienza della coalizione di inizio millennio, quando sono state varate per iniziativa dei socialdemocratici le riforme che hanno consentito la ripresa. Ma una mossa di questo genere richiede una forte credibilità ed una forte capacità di iniziativa politica”.
L’assenza di leadership è il problema più urgente?
“Nel recente passato ci sono state due grandi interviste di due personaggi che non si amano affatto: Helmut Kohl ed Helmut Schmidt. Entrambi hanno attribuito all’atteggiamento della Merkel, timido e ondivago, buona parte della situazione di incertezza attuale. Il quadro non è allegro: la Spd ha subito grosse sconfitte, i Verdi avanzano anche in uno stato come il Baden Wuttemberg, che è la seconda regione industriale del Paese. Frana così la strategia della Merkel di recuperare consensi con lo stop al nucleare in tempi lunghi”.
Resta il fenomeno della Linke, in forte crescita ad Est?
“La Linke non è meglio della sinistra dottrinaria di casa nostra. Una coalizione di governo che debba fare spazio alla Linke ed ai Verdi può essere davvero pericolosa. Per l’Europa, non solo per la Germania”.
In sostanza, può essere il malessere tedesco a mettere in crisi l’Unione Europea?
“La metterei in un altro modo. La Germania ha bisogno di recuperare una sua leadership e riprendere la sua marcia che può essere europea o meno. In questi anni le riforme hanno consentito tassi di crescita attorno al 3 per cento in un’economia globale che assorbiva l’export tedesco. Oggi questa macchina si è fermata. E per farla ripartire bisogna individuare una direzione di marcia. Ma per far questo occorre una leadership autorevole che sappia indicare la rotta”.
Non è un quadro confortante.
“Resta però il fatto che la Germania è un Paese serio: non escludo che, una volta fatta la diagnosi, il sistema si rimetta in moto”.