Stamani la Francia ha rischiato grosso: l’asta di Oat, i titoli di Stato francesi, a due e cinque anni, prevista da tempo, ha coinciso con il superamento (qualche minuto prima) da parte dello spread degli Oat decennali rispetto ai corrispettivi Bund della soglia dei 200 punti base. Non era mai successo dall’introduzione dell’euro. Ebbene, l’asta alla fine è andata a buon fine: sono state collocate obbligazioni per quasi sette miliardi di euro, il volume massimo annunciato alla vigilia.
“E’ stato evitato il peggio”, “Poteva essere una catastrofe”: erano alcuni dei commenti che si leggevano nei siti francesi questo pomeriggio. Sì, la prova dell’asta è stata superata, ma concedendo rendimenti decisamente più elevati di un mese prima: per gli Oat a 5 anni si è passati dal 2,31% al 2,82 e per quelli a due anni dall’1,81% all’1,85. In seguito anche lo spread è ritornato giù, aiutato da alcuni dati economici incoraggianti in arrivo dagli Usa, in particolare la riduzione dei beneficari dei sussidi di disoccupazione. Alle 11:26 lo spread è schizzato al livello record di 203 pb. Ma subito dopo è ritornato giù, fino a scendere a quota 174. Ancora intorno alle 18 oscillava intorno a quel livello.
Si tratta solo di una tregua? Probabilmente sì. E’ chiaro che dopo Atene, Madrid e Roma, Parigi è ora la cartina tornasole della tenuta dell’euro. E, diciamolo, è a sua volta entrata nel mirino degli speculatori. La prospettiva è sempre la stessa, come per l’Italia: la posizione relativa nei confronti della Germania. A lungo lo spread francese è rimasto nullo. Agli inizi del luglio scorso si trovava già a quota 40 pb e qualcuno tirava il campanello d’allarme. Oggi si è superata la soglia dei 200 punti base, davvero troppi per due Paesi che (teoricamente) fanno parte entrambi del plotone degli Stati che per il debito sovrano sono classificati con la tripla A dalle agenzie di rating.
Teoricamente, perché le voci di un declassamento di Parigi sono sempre più insistenti. A fine giugno il debito pubblico ammontava all’86,2%: una quota tutto sommato accettabile. Ma che sta lievitando rapidamente a causa di un deficit pubblico che a fine anno si dovrebbe attestare sul 5,7% del Pil (3,7% per l’Italia). E, se nel nostro Paese nel 2012 si prevede un avanzo primario pari al 2,6% del Pil, la Francia, invece, ha già messo in conto un disavanzo del 2,1 per cento. La settimana scorsa Standard & Poor’s ha inviato un messaggio ai suoi abbonati annunciando il downgrading del debito sovrano della Francia. Subito dopo smentito, come un errore tecnico. “Quell’errore diventa un quasi lapsus – si leggeva oggi pomeriggio nel sito di Les Echos, il principale quotidiano francese -. Tanti economisti e operatori finanziari giudicano severamente la situazione del nostro Paese: stimano i parametri principali più fragili di quelli dell’Italia”.
Il deterioramento delle finanze pubbliche francesi, comunque, non è una novità degli ultimi giorni, né settimane, neanche mesi. Cosa è successo? I mercati si sono svegliati improvvisamente? O forse la Germania corre e chi semplicemnete non segue è perduto? La telenovela dello spread francese non è ancora finita.