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Francia, pensioni: scontro totale Macron-sindacati

Imagoeconomica

Mentre in Italia si discute di modificare Quota 100, una ricetta che per molti versi è stata un flop, in Francia sulle pensioni è in atto da settimane un durissimo scontro, che ha ridato vigore alle proteste di piazza dei gilets gialli e messo letteralmente sul piede di guerra i sindacati, che hanno già organizzato diversi scioperi e ne stanno annunciando altri, ad oltranza. Il presidente Emmanuel Macron è però inflessibile: la riforma del sistema previdenziale era una priorità del programma di governo ed è già stata rimandata per troppo tempo, nel vano tentativo di trovare una mediazione con le forze sociali. Ora il leader di En Marche vuole chiudere una pratica: si tratta di snellire un sistema che conta 42 regimi speciali, sostituendolo con un sistema a punti unico a partire dal 2025, senza toccare i diritti acquisiti dei nati prima del 1975.

Un nuovo sistema che di fatto, attraverso formule di incentivi e disincentivi, aumenterà anche l’età pensionabile, ed è questo il principale motivo dello scontro con i sindacati: si passerà dagli attuali 62 anni, che fanno della Francia il Paese europeo con età pensionabile più bassa (e il terzo per spesa pensionistica, dopo Grecia e Italia, con il 14% del Pil), ad una soglia “di equilibrio” fissata a 64 anni. Per essere chiari, chi vorrà continuare a ritirarsi dal lavoro a 62 anni potrà farlo, ma gli costerà il 5% in meno di pensione, per ogni anno di mancato lavoro rispetto ai 64 anni. Quindi assegni ridotti, oppure di fatto obbligo a restare sul lavoro più anni: anche oltre i 64 anni, per chi volesse accedere ai bonus (+5% per ogni anno lavorato in più). Per fare un rapido raffronto con altre realtà europee, in Germania l’età pensionabile è a 65 anni e tra qualche anno scatterà a 67, in Italia è 66 anni, in Spagna 65 anni e 6 mesi, in Svezia 61 anni che però di fatto possono diventare 65.

C’è poi tutta la questione dei regimi speciali. La ratio della riforma è quella di semplificare il sistema, ma il punto è che molte delle casse hanno un loro preciso senso: se infatti si potrebbe discutere sul perché i ferrovieri vadano in pensione a 50 anni (e i dipendenti della metro di Parigi a 55), è assolutamente logico che le ballerine dell’Opera possano ritirarsi da un mestiere che richiede il massimo della forma atletica a 42 anni, come attualmente previsto. I negoziati sono in mano al premier Edouard Philippe, che, sollecitato da Macron, chiede ai sindacati un “rapido compromesso”. Per tutta risposta, il 9 gennaio è già stato convocato un altro sciopero generale. La notizia è che nonostante i fortissimi disagi delle ultime settimane, tra scioperi e manifestazioni, i francesi sono con i contestatori: il 51% appoggia le proteste. L’altra notizia è che il tasso di adesione alle agitazioni è in netto calo: il 31 dicembre solo il 7% dei ferrovieri (ma il 35% dei macchinisti) si è astenuto dal lavoro.

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