A suon di scioperi e manifestazioni, ben 38 da inizio dicembre, i lavoratori francesi l’hanno spuntata: il presidente Emmanuel Macron si è parzialmente piegato alle incessanti proteste di piazza e ha provvisoriamente ritirato il provvedimento della riforma sulle pensioni che meno piaceva ai sindacati, e cioè quello sull’età minima per andare in pensione. L’altro punto discusso era quello su un sistema unico, a punti, che andrebbe a sostituire i 42 regimi speciali attuali. Ma il vero nodo era quello dell’età pensionabile, che in Francia attualmente è la più bassa d’Europa, fissata per la maggior parte dei lavoratori dipendenti a 62 anni e che con la riforma, della quale si discute ormai da un anno e mezzo, verrebbe di fatto alzata a 64 anni. La soglia legale sarebbe rimasta a 62 anni, ma con un malus in busta paga, rendendo di fatto “consigliabile” tirare due anni in più per accedere al trattamento previdenziale pieno.
Il primo ministro francese, Edouard Philippe, ha dunque inviato una lettera alle organizzazioni sindacali e imprenditoriali, nella quale si dice “disposto a ritirare” in via provvisoria la soglia dei 64 anni, pur mantenendo il principio di un’età di equilibrio. “Per dimostrare la mia fiducia nei confronti dei partner sociali – ha scritto Philippe ai leader sindacali – e non pregiudicare il risultato dei loro lavori sulle misure da adottare per raggiungere l’equilibrio 2027, sono disposto a ritirare dal progetto di legge la misura di breve termine che avevo proposto, consistente a convergere gradualmente a partire dal 2022 verso un’età di equilibrio di 64 anni nel 2027”. Per fare un confronto, in Germania l’età pensionabile è a 65 anni e tra qualche anno scatterà a 67, in Italia è 66 anni, in Spagna 65 anni e 6 mesi, in Svezia 61 anni che però di fatto possono diventare 65.