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Francia, lavoro: Macron lancia il suo Jobs Act

Decreto legislativo e procedura accelerata. Macron sulla riforma del lavoro, il Jobs Act alla francese ispirato in parte alla legge approvata dal governo Renzi, non vuole perdere tempo. Il disegno di legge, che sarà il primo banco di prova del nuovo presidente della Repubblica (subito dopo toccherà alle pensioni), è stato presentato mercoledì 28 giugno in Consiglio dei ministri e ha come primo obiettivo una maggiore flessibilità del mercato del lavoro: “E’ una riforma che porterà più dialogo sociale ed economico – ha detto la ministra del Lavoro Muriel Pénicaud -, che porterà più libertà ma anche più sicurezza”.

Il documento è costituito da nove articoli, cinque dei quali illustrano i cardini della riforma promessa da Macron in campagna elettorale: possibilità di derogare ai contratti di lavoro collettivi attraverso accordi azienda-sindacati, fusione delle istanze rappresentative dei lavoratori per semplificare il dialogo sociale, plafond obbligatorio per le indennità ai lavoratori licenziati senza giusta causa. Sul piatto ci sono anche altri temi caldi, come quello del licenziamento per motivi economici, che l’attuale legge El Khomri ha distinto da quello per motivi personali. Il licenziamento economico è consentito, salvo che per le categorie protette e solo dopo che l’azienda ha provato in tutti i modi a reinquadrare il lavoratore, se è accertato che per un certo periodo (a seconda delle sue dimensioni) l’azienda ha ridotto in maniera significativa il suo fatturato o aumentato le perdite.

Al momento la riforma non dispiace del tutto ai sindacati, che si sono detti pronti al dialogo anche se non ancora totalmente convinti. Per questo motivo hanno ottenuto una serie di tavoli che andranno avanti per tutta l’estate, parallelamente al percorso parlamentare della legge. La riunione più importante si terrà ad agosto con tutte le rappresentative sindacali, anche se alcune sigle hanno già annunciato una giornata di sciopero per il 12 settembre, poco prima del 20 settembre, data entro la quale il governo ha in mente di chiudere la pratica. Lo strumento scelto è quello dell’ordonnance, paragonabile al nostro decreto legislativo, con una procedura accelerata che limita i passaggi tra Camera e Senato (diventano al massimo 4 anziché 6) e delega appunto all’Esecutivo di legiferare su un determinato settore, previo consenso del Parlamento.

A settembre Macron proseguirà poi con le altre riforme sociali in cantiere, che secondo il cronoprogramma dovranno essere chiuse nei primi 18 mesi di mandato, quindi entro la fine del 2018. Sul tavolo ci sono l’assegno di disoccupazione (che sarà esteso), i contributi previdenziali, e soprattutto le pensioni, il vero nodo che attende il nuovo presidente: la riforma prevede già che il 60% dei pensionati francesi sarà in qualche modo penalizzato, ma Macron conta di compensare con l’abolizione della tassa sulla prima casa per l’80% di chi la paga attualmente, quindi prima di tutto fasce deboli e appunto anziani.

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