Sembra inarrestabile la corsa di Emmanuel Macron. Almeno stando ai sondaggi diffusi negli ultimi giorni, l’astro nascente della politica europea, appena eletto presidente della Repubblica francese, dovrebbe vincere anche le elezioni legislative in programma domenica 11 giugno (domenica 18 il secondo turno). Secondo Les Echos La République En Marche “si appresta a fare razzia di deputati all’Assemblea nazionale”, il ramo del Parlamento francese che elegge i propri membri tramite suffragio diretto, con collegi uninominali.
Sui 577 deputati da eleggere, i sondaggi accreditano Macron di una forchetta che lo porterebbe a conquistarne fino a 400, una maggioranza larghissima, persino molto più solida di quella del Partito socialista di Hollande nell’ultima legislatura (ne aveva 288). Il partito del presidente raccoglierebbe dunque il 30% al primo turno, con tutti gli altri partiti distantissimi: repubblicani al 21%, Fn al 18%, France Insoumise (Mélenchon) al 12% e il Ps che conferma il flop delle presidenziali con il 7% delle intenzioni di voto alla vigilia.
EN MARCHE VERSO IL TRIONFO
La stampa francese ne è ormai certa: l’unica insidia potrebbe essere il secondo turno, ma la vocazione del movimento di Macron è di unire più che di dividere, come si è visto nel ballottaggio presidenziale quando il neo presidente ha asfaltato Marine Le Pen usufruendo anche dei voti di socialisti e repubblicani. Lo stesso potrebbe accadere stavolta. “Il prezzo da pagare – secondo Les Echos – potrebbe essere casomai quello di avere una squadra parlamentare molto giovane e inesperta”.
Ma con una maggioranza così ampia Macron potrà dare il via al suo programma di riforme, a incominciare da quella del codice del lavoro, da fare entro l’estate secondo il cronoprogramma del premier Edouard Philippe, e che prevede in particolare la possibilità per le associazioni sindacali di trattare direttamente ed esclusivamente con le aziende, superando i contratti nazionali. Ci saranno poi novità sull’assegno di disoccupazione, estendibile anche chi si dimette ma con dei limiti per chi rifiuta nuovi impieghi; l’aumento dei contributi previdenziali dell’1,7%, che nella manovra di fine anno porterà 20 miliardi nelle casse dello Stato; l’aumento di 250 euro l’anno per chi percepisce il salario minimo (SMIC) e di circa 500 per i redditi da 2.200 euro netti mensili. Da risolvere nei primi 18 mesi anche il nodo delle pensioni: secondo i calcoli, il 60% dei pensionati verrà penalizzato dalla riforma, ma Macron intende compensare con un’altra grande novità in cantiere, l’abolizione della tassa sulla prima casa, della quale beneficerà l’80% di chi la paga, compresi anziani e fasce deboli.
DESTRA IN DIFFICOLTA’
Per il Front National di Marine Le Pen si annuncia una vera e propria debacle. Non tanto sulla percentuale di consensi, ancora abbastanza solida al 18% su base nazionale, quanto nella probabile difficoltà a costituire un gruppo alla Camera: il 18% nei sondaggi vale una forbice di 8-18 deputati, e il minimo per formare un gruppo è 15.
Spiazzati dall’ascesa di Macron, che ha scompigliato gli equilibri sia a destra che a sinistra formando di fatto un governo di larghe intese (sia il primo ministro che il ministro dell’Economia sono di area repubblicana), anche i gollisti si apprestano a una tornata particolarmente delicata. Molti di loro sono stati inglobati nelle liste di La Republique En Marche (LREM), il grande “partito della nazione” che il presidente ha messo in campo per garantirsi, dopo l’Eliseo, anche una solida maggioranza in Parlamento. I reduci sono confusi: i sondaggi indicano ancora un 21% di preferenze al primo turno, con 120-150 deputati eletti, approfittando del flop del Front National. Il grande problema è però il secondo turno, che verrebbe molte di quelle preferenze passare a Macron. “Siamo a rischio in 80 collegi”, dicono dal quartier generale di Les Republiquains.
DISASTRO SOCIALISTA
Altro grande tema di queste elezioni legislative è la probabile conferma del flop del Partito socialista. In parte il partito di maggioranza uscente ha frenato l’emorragia delle ultime presidenziali salendo sul carro di Macron, ma per quanto riguarda i reduci i sondaggi parlano chiaro: 7% di preferenze, su per giù quanto raccolto da Benoit Hamon nella recente corsa all’Eliseo, dove il Ps ha segnato il suo peggior score di sempre. L’emorragia ci sarà però alla Camera, almeno numericamente: il principale partito di centro-sinistra passerà da 288 deputati a un massimo di 25, secondo le proiezioni. Dovrebbe invece andare meglio la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon, che però dopo il boom delle presidenziali, quando al primo turno ottenne quasi il 20%, gravita ora intorno al 10-12%: dovrebbe comunque bastare per costituire un gruppo parlamentare, visto che i deputati eletti sarebbero tra i 15 e i 20.
MINISTRI AL VARCO
Sono ben 6 i ministri che si sottopongono al giudizio delle urne: in caso di sconfitta, dovranno lasciare il governo appena insediato e ci sarà subito un primo rimpasto. In particolare si candida il ministro della Coesione Territoriale Richard Ferrand, che ha rischiato di creare la prima grana a Macron finendo sotto inchiesta e che si ripropone nella roccaforte bretone, dove era già stato eletto nel 2012 con il Partito socialista. La sua conferma sarebbe importante: è uno dei “macroniani” della prima ora, tra i principali artefici del miracolo che ha portato il 39enne leader di En Marche all’Eliseo.
Si sottopone al giudizio degli elettori anche il neo ministro dell’Economia Bruno Le Maire: nel 2012, presentandosi con i repubblicani di Sarkozy, fu plebiscitato nel suo collegio con il 58% dei voti. Scende invece in campo a Parigi la ministra degli Affari europei Marielle De Sarnez, del partito centrista MoDem, che sostiene Macron: si presenta nella stessa circoscrizione dove fu sconfitta nel 2007 e dove di solito vince la sinistra.
DATI E CURIOSITA’
– I candidati per i 577 seggi in palio sono 7.882, il numero più alto di sempre dopo gli oltre 8mila del 2002.
– L’età media dei candidati è di 48,5 anni, più basso che nel 2012 (50 anni) ma più alto che nel 1997 (42 anni). L’età media dei candidati di LREM è 46 anni.
– Il 39% dei deputati uscenti non si ricandida, anche in virtù della nuova legge che vieta il cumulo delle cariche. Ad esempio non torneranno in Parlamento gli ex premier François Fillon e Jean-Marc Ayrault.
– Sono ben 48 le circoscrizioni lasciate vacanti da En Marche, in quanto i candidati favoriti sono considerati “Macron-compatibili”, nella prospettiva di un eventuale accordo successivo al voto.