L’onda lunga delle elezioni della Gran Bretagna e in Francia arriva anche in Italia e ha qualcosa da raccontarci. Però non mescoliamo le mele con le pere. Troppo diversi i sistemi elettorali e il contesto storico-politico di Francia e Gran Bretagna dal nostro per poter importare modelli ed esperienze. Tuttavia Parigi e Londra, Macron, il Fronte Popolare e la Le Pen, la Brexit e il risveglio dei laburisti non stanno su un altro pianeta e qualche motivo di riflessione ce lo offrono eccome. Chi temeva l’onda nera può tirare un sospiro di sollievo, soprattutto in Francia e in Europa. Fino a sette giorni fa Parigi si preparava a stendere il red carpet per portare l’estrema destra di Marine Le Pen a Matignon, la sede della Presidenza del Consiglio francese. Maggioranza assoluta o maggioranza relativa dei lepenisti?
Dopo il 33% raccolto da Rn al primo turno, il tema che dominava la scena francese ed europea nei giorni scorsi era questo e tutti si interrogavano sulle conseguenze non solo politiche ma anche economiche, sociali e finanziarie di un possibile trionfo dell’estrema destra. I sondaggisti ma anche la maggior parte dei giornali e dei siti non chiederanno mai scusa abbastanza ai lettori e ai cittadini dei loro strafalcioni ma per fortuna non è andata come loro prevedevano. Le Pen non solo non ha vinto ma ha anzi subito un clamoroso flop: da prima che era al primo turno è finita addirittura al terzo posto nel ballottaggi, dietro il Fronte Popolare e dietro il gruppo di Macron. Altro che onda nera. Ma l’estrema destra non ha trionfato nemmeno in Gran Bretagna, dove quel fenomeno da barraccone che è Nigel Farage si è fermato al 14,3% dei consensi elettorali.
Chi pensava che la vittoria dell’estrema destra in Francia potesse cambiare gli equilibri anche in Europa e indebolire il Presidente Emmanuel Macron deve ricredersi. Salvini e la Le Pen dovranno leccarsi le ferite e la premier Giorgia Meloni non si pentirà mai abbastanza di non aver ascoltato i consigli di Sergio Mattarella e di Mario Draghi che, fin dal suo arrivo a Palazzo Chigi, le avevano raccomandato di stabilire buoni rapporti sia con Macron che il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, salvo lamentarsi ora di restare ai margini della governance europea.
La rivoluzione culturale dei laburisti e l’asse tra i riformisti del Fronte Popolare e i macroniani
Ma, al di là delle disavventure della destra, sono le vittorie delle sinistre in Gran Bretagna e in Francia a far riflettere anche l’Italia. A Londra il trionfo del Labour ha un’origine chiarissima che è inutile far finta di esorcizzare: è la rivoluzione culturale promossa dal nuovo premier Keir Starmer che ha archiviato le fumisterie ideologiche e la deriva estremista del sempre perdente Jeremy Corbyn per rispolverare la lezione di Tony Blair. La ricetta vittoriosa di Starmer è semplice: pragmatismo e riformismo, apertura alle classi popolari e ai ceti medi e abiura di ogni ombra di massimalismo. Ha stravinto. Senza promettere la luna ma obiettivi concreti e realistici.
Anche sulla vittoria del Fronte Popolare in Francia bisogna intendersi. Due considerazioni: 1) senza il fulmineo scioglimento del Parlamento francese e l’altrettanto veloce spinta all’alleanza repubblicana anti-Le Pen volute da Macron, non ci sarebbe stata nessuna resurrezione del Fronte Popolare e nessuno stop all’ascesa dell’estrema destra; 2) il Fronte Popolare non è affatto solo Melenchon, che ha raccolto solo 71 voti sui 180 di FP, appena 7 in più dei socialisti di Raphael Glucksmann che con i 33 voti degli ecologisti fanno maggioranza nel Fronte. E dunque un governo di coalizione tra i macronisti e l’ala riformista del Fronte Popolare è, numeri alla mano, più che possibile, con buna pace di Melenchon.
Come in Gran Bretagna, anche in Francia il pragmatismo, il riformismo, il coraggio, l’audacia e l’immaginazione dei macronisti hanno fatto la differenza e aperto la strada a una possibile maggioranza di centrosinistra contro Le Pen e senza Melenchon. Della lezione britannica e di quella francese farà tesoro anche il centrosinistra italiano? Sperare è lecito, dubitare è d’obbligo.
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KS and NV