Vincent Bolloré non ha atteso la contestatissima riforma delle pensioni dell’odiato Macron per appendere, metaforicamente, i remi della sua barca al chiodo. Il 17 febbraio 2022, data del suo settantesimo compleanno, il finanziere bretone ha scelto di ritirarsi ufficialmente dal mondo degli affari, cedendo al figlio Cyrille il controllo del gruppo nonché all’altro erede Yannick la guida di Vivendi. Da allora, la sua principale occupazione, riferisce Le Monde, consiste nella promozione del suo progetto per “la buona morte”. Con molta discrezione e una rete di collaboratori, Bollò finanzia una rete di iniziative (compresi tablet ceduti a titolo gratuito alle case di cura) per preparare gli anziani al grande passo: esercizi per prepararsi al trapasso, mettere a punto una piccola autobiografia, farsi capire da figli e nipoti. Se necessario, far la pace con sé stessi.
Francia e affari, Bolloré dall’avventura spirituale alla vendita della logistica
Ma questa avventura spirituale non impedisce al finanziere che non rinuncia al pellegrinaggio annuale a Lourdes e che si è proposto come “difensore dell’Occidente cristiano” di avere il controllo dell’impero. Le scelte che contano si fanno ancora al 51 di rue Montmorency, nel cuore del XVI arrondissement, ove ha sede la Compagnie de l’Odet, la holding che controlla il 64% del gruppo. È lì che, all’inizio di maggio, è stata decisa la vendita di Bolloré Logistique al gruppo marsigliese CMA GGM. Un’operazione da 4,65 miliardi di euro che completa l’uscita del gruppo dal settore, iniziata un anno fa con la cessione delle attività africane al gruppo Aponte, un affare da 5,7 miliardi di euro.
Ed è lì che, entro poche settimane, monsieur Vincent, ormai editore di riferimento della destra transalpina, completerà l’acquisto del gruppo Lagardère. O forse, prima ancora, di lì arriverà al fido Arnaud de Puyfontaine, l’ordine di chiudere l’interminabile dossier della rete unica di Telecom Italia, di cui Vivendi è il primo azionista. Le ultime indiscrezioni dicono che la distanza tra la cordata di compratori (Kkr più Cdp) e le pretese di Vivendi si sono ormai accorciate: l’offerta viaggia sui 24 miliardi, la richiesta si è già abbassata dai 31 miliardi iniziali.
Si vedrà. Per ora si sa solo che Bollò, nelle vesti di protagonista della scena dei media, è deciso a conquistare il controllo della casa madre di Canal + e di Havas, ribadendo così l’intenzione di recitare anche in vista delle elezioni europee un ruolo da protagonista, nonostante il flop di Eric Zemmour alle presidenziali.
L’ascesa inarrestabile di Rodolfo Saadé: soffia La Provence a Xavier Niel
Ma il virus dell’editoria ha colpito anche CMa-CGM, il colosso della logistica posseduto dalla famiglia franco-libanese Saadé, balzata ai vertici del business francese grazie agli enormi profitti realizzati nella stagione della pandemia: 15 miliardi di euro nei soli primi sei mesi del 2022, grazie al trasporto di cereali. Più di Total. Un risultato eccezionale, anche perché il gruppo ha vissuto anni difficili ad inizio millennio, prima che a prendere le redini del comando arrivasse Rodolphe Saadé, nato a Beirut ma con una lunga gavetta tra Hong Kong e gli Stati Uniti. Un personaggio riservato nonostante sia ormai il primo datore di lavoro di Marsiglia, affascinante ma complessa metropoli che da sempre ha una storia a sé nell’Esagono, palestra per le ambizioni di politici i grado di tener testa a De Gaulle, come il leggendario Gaston Defferre protagonista di un duello all’arma bianca con un gollista, o per l’incredibile avventura di Bernard Tapie: imprenditore, ministro, re del calcio transalpino e poi, dopo le disavventure giudiziarie, attore.
Da allora Marseille, centro di traffici non sempre leciti, è alla ricerca di un nuovo punto di riferimento tra calcio, cronaca e politica. Un personaggio alla Gerard Depardieu, protagonista di un serial sulla città. Sarà Saadé? “Vi assicuro di no – ha messo le mani avanti Saadé un anno fa- Io non ho alcuna intenzione di fare il sindaco o tantomeno di comprare l’Olympique Marseille o La Provence”, il quotidiano che, pur in crisi, resta la voce di riferimento della città”. Ma alla fine non ha retto alla tentazione soffiando il quotidiano a Xavier Niel di Iliad che ha commentato: “Chissà perché ha voluto pagare un prezzo almeno dieci volte superiore al valore”. E’ il fascino della stampa, bellezza. Peccato che l’Italia ne sia immune.