A 9 giorni di distanza dalla sfiducia al governo Barnier, la Francia ha un nuovo primo ministro: è François Bayrou, leader del partito centrista MoDem e storico alleato del presidente della Repubblica Emmanuel Macron che lo ha incaricato di formare il nuovo governo della “non sfiducia”. La nomina è arrivata poco prima delle 13 dopo un lungo incontro tenutosi questa mattina all’Eliseo.
Bayrou: “Bisogna trovare la strada per riconciliare il Paese”
Nel suo discorso di insediamento tenutosi dopo il passaggio di consegne con il suo predecessioner Michel Barnier, il neo primo ministro ha dichiarato che “dare opportunità a chi non le ha” sarà per lui “un dovere sacro”, e ha promesso anche di affrontare il “muro di vetro che è stato costruito tra i cittadini e il potere”. “Questo muro di vetro, questa separazione, questa rottura, per me è un nemico da combattere”, ha detto impegnandosi a far rivivere “l’essenza della promessa iniziale di Emmanuel Macron” nel 2017, per combattere “l’idea” di un “destino di cui non eravamo più padroni e in cui non avevamo alcuna possibilità di progredire”.
“Non ignoro nulla dell’Himalaya che ci aspetta” ma “penso che dobbiamo provare. Se ci proviamo, forse troveremo una strada inedita. Questa strada è segnata dal desiderio di riconciliazione“, ha aggiunto Bayrou.
“Nessuno più di me conosce la difficoltà della situazione” politica e di bilancio del Paese, ha sottolineato il centrista. Il deficit della seconda economia della zona euro, ha avvertito, “è una questione che pone un problema morale, non solo finanziario”. Dopo la manovra fallita di Barnier, Bayrou dovrà ora proporre una legge di bilancio in grado di trovare una maggioranza in parlamento.
Chi è François Bayrou
Durante il faccia a faccia di questa mattina, che i media francesi descrivono come “molto teso”, Macron avrebbe comunicato a Bayrou che non sarebbe stato primo ministro, proponendogli di diventare il numero 2 in un governo guidato da Roland Lescure. Secondo Le Monde, di fronte al rifiuto di Bayrou e alle sue minacce di rompere la coalizione, il capo dello Stato avrebbe cambiato idea. Mentre in tutta Europa cominciavano a rincorrersi scenari e retroscena, dall’Eliseo è arrivato il comunicato ufficiale con l’annuncio che ha chiuso l’ennesima crisi politica francese del 2024.
Bayrou è tra le personalità politiche più navigate della Quinta Repubblica e, secondo i suoi sostenitori, è uno dei pochi politici francesi capaci di dialogare con tutte le parti politiche. Macron ha dunque scelto un altro nome in grado di unire un Paese e una politica sempre più spaccati. Al nuovo premier spetterà l’arduo compito di ricompattare i diversi fronti politici.
Settantatre anni, sposato e padre di sei figli, François Bayrou è leader del partito centrista Modem, con cui Macron è alleato dal 2017, ma è anche sindaco di Pau, nei Pirenei. Nel corso della sua lunga carriera politica è stato parlamentare, ma anche eurodeputato e ministro dell’Istruzione dal 1993 al 1997. Nel maggio 2017 Macron lo nominò ministro della Giustizia, ma lui si dimise un mese dopo.
Le reazioni
Non è un caso dunque che dopo la nomina a primo ministro di Bayrou, il presidente del Rn, Jordan Bardella, ha commentato: “In teoria non ci sarà una sfiducia a priori”, da parte del suo partito ma “il nuovo premier deve prendere in considerazione il nuovo dato politico, che rende necessario un dialogo” con tutte le forze parlamentari. Marine Le Pen, da parte sua, ha chiesto al nuovo primo ministro, François Bayrou, “di fare ciò che il suo predecessore non voleva fare: ascoltare e ascoltare le opposizioni per costruire un bilancio ragionevole e una riflessione .” “Qualsiasi altra politica che non sia altro che un’estensione del macronismo, respinto due volte alle urne, non può che portare all’impasse e al fallimento”, ha scritto su X, la leader del Rassemblement National.
Opposta la reazione dell’estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon. La France Insoumise ha immediatamente annunciato una mozione di sfiducia contro Bayrou: “Un’altra candidatura per la proroga di Emmanuel Macron. Due scelte chiare sono a disposizione del Paese: la continuità della politica di sventura con Francois Bayrou o la rottura”, ha dichiarato Mathilde Panot di Lfi. In un messaggio pubblicato su X, ha parlato di “due scelte saranno offerte ai deputati: il sostegno al salvataggio di Macron o la censura. Abbiamo fatto la nostra”.
L’attenzione si sposta dunque proprio sul partito socialista, che nei giorni scorsi aveva accettato di lavorare su “una piattaforma comune”, chiedendo però a Macron di nominare un premier della gauche. Dopo la scelta di Bayrou, il leader del partito Oliver Faure ha annunciato che il partito non parteciperà al governo, ma si è detto disposto alla non sfiducia se il nuovo premier rinuncerà (come ha già detto di voler fare) al 49.3 della Costituzione in cambio della non sfiducia. Possibilisti anche il partito comunista francese e i Verdi.
Infine i repubblicani, che spettano che Bayrou “spieghi il suo progetto” prima di “decidere su un’eventuale partecipazione” al governo, ha dichiarato Laurent Wauquiez durante un incontro con il suo gruppo all’Assemblea nazionale, secondo i partecipanti a BFMTV.
L’accordo sul governo della “non sfiducia”
La decisione sul nuovo premier era attesa già ieri sera, ma Emmanuel Macron ha preferito prendersi qualche ora in più per scegliere il nome giusto e blindare l’accordo per la “non sfiducia”. È stata definita così l’intesa siglata tre giorni fa all’Eliseo tra il presidente e i partiti politici, da destra a sinistra, eccezion fatta per le due ali estreme: La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon e il Rassemblement National di Marine Le Pen.
Alla base dell’accordo c’è un doppio impegno: il governo si impegna a non ricorrere più al famigerato 49.3, l’articolo della Costituzione che consente di far passare una legge senza discussione in Parlamento, ponendo la fiducia. I partiti, dal canto loro, garantiranno la “non sfiducia”. Il che significa che, anche se non entreranno a far parte della coalizione di maggioranza o se saranno in disaccordo con alcuni provvedimenti, non presenteranno mozioni di sfiducia per far cadere il governo ed eviteranno di ripetere il copione visto lo scorso 4 dicembre con l’esecutivo Barnier. L’ormai ex premier, infatti, aveva posto la fiducia sulla parte della manovra finanziaria che riguardava i conti della Sécurité Sociale, la previdenza sociale, ricorrendo all’articolo 49.3 della Costituzione. A quel punto, il Nuovo Fronte Popolare aveva presentato una mozione di sfiducia, votata anche dal Rassemblement National di Marine Le Pen, che aveva fornito i voti decisivi per far cadere l’esecutivo.
(Ultimo aggiornamento: ore 18.30 del 13 dicembre).