Il caso Alstom scuote di nuovo la Francia, e stavolta lo fa a pochi mesi dalla campagna elettorale. Il colosso industriale transalpino, che nel 2014 ha ceduto – già sotto la presidenza di François Hollande – il suo ramo Energia a General Electric, è di nuovo nell’occhio del ciclone: la dirigenza ha annunciato la chiusura di uno dei suoi stabilimenti produttivi in Francia, a Belfort, che costerà il posto di lavoro a 400 degli attuali 480 impiegati nella località vicina al confine con Germania e Svizzera.
A loro è stato proposto il trasferimento nella non lontanissima fabbrica di Reichshoffen (sempre in territorio francese), ma c’è tensione. E questa nuova grana potrebbe costare cara non solo al presidente Hollande, visto che lo Stato è ora il primo azionista di Alstom col 20%, ma anche all’ormai ex ministro dell’Economia Emmanuel Macron, che corre anche lui per le presidenziali del 2017 e che un anno fa promise “zero licenziamenti” ad Alstom.
Il nodo è quello di assenza di ordinativi interni: il gruppo, che ha 31.000 dipendenti nel mondo di cui oltre 21.000 in Europa, non è in grado di tenere aperti i 12 siti attualmente operativi in Francia (nel mondo sono oltre 100, con quasi 5.000 addetti solo in Nordamerica e anche due impianti in Italia) perché fattura ormai quasi solo fuori dall’Ue. “Il mercato francese – scrive Le Figaro – era soprattutto garantito dalle commesse dello Stato e delle Ferrovie, che sono diminuite a causa dei budget ridotti. Da qui al 2018, nei 12 siti francesi, è prevista una riduzione della forza lavoro del 40%”.
Proprio pochi giorni fa Alstom ha perso una importantissima commessa: la società Akiem (compartecipata dalla francese SNCF e da Deutsche Bank) ha assegnato la costruzione di 44 macchinari per un valore di 140 milioni di euro alla tedesca Vossloh. Un “buco” pesante, in un contesto in cui i conti – dopo la cessione di Alstrom Energia a GE – sono comunque migliorati: nell’ultimo anno l’utile è salito a 3 miliardi di euro, con il fatturato che ha sfiorato i 7 miliardi (+7% rispetto al periodo precedente). Il problema è però il margine operativo al 5,3%, inferiore a quello della concorrenza.
La concorrenza è uno dei temi più caldi: Hollande vorrebbe infatti spingere la dirigenza a un ripensamento sulla fabbrica di Belfort aumentando gli ordinativi pubblici, ma questo non salverebbe automaticamente i posti di lavoro, visto che alcune delle principali aziende concorrenti, come Bombardier o Siemens, hanno anche loro stabilimenti produttivi in Francia. Il settore del resto è in piena espansione a livello globale, e col livello basso di investimenti attualmente registrabile in Francia e in Europa è difficile resistere all’ascesa, ad esempio, del gigante cinese CRRC, o di Hitachi che ha anche incorporato l’italiana Ansaldo.
Ecco perché anche per Alstom stanno tornando insistenti le voci su una grande acquisizione. Meno di un anno fa la auspicò lo stesso Macron, sostenendo che “il primo obiettivo di Alstom è di ingrandirsi”: allora, come oggi, si parlava di Bombardier Transport. Una sfida non impossibile, visto che il gruppo francese fa fatica a produrre ma cedendo l’Energia si è completamente liberato dai debiti.