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Fotovoltaico: la “nostra” energia non paga le tasse? Attenti alle trappole. Non è sempre così

Maria Godfrida da Pixabay

Installiamo i nostri pannelli solari e cominciamo a benedire l’energia risparmiata. Il fisco ci ha aiutato con le agevolazioni dedicate alle energie verdi collocate sul tetto della nostra casa, o magari sulla pensilina della tettoia che protegge l’automobile. Ma guai a dimenticarsi del fisco quando dobbiamo invece fare i conti con l’energia scambiata con il sistema elettrico nazionale attraverso il GSE, il Gestore dei Servizi Energetici che fa da tramite nella formula generalmente applicata per il nostro impianto solare domestico. Parliamo dello “scambio sul posto”, il sistema in vigore da oltre un decennio che dal prossimo anno sarà probabilmente sostituito da una nuova disciplina che privilegerà, confermando comunque i criteri base del sistema attuale, le nascenti CER, le comunità energetiche rinnovabili.

Come funziona (per ora) lo scambio sul posto

Il contatore dedicato che governa lo scambio sul posto, installato dal gestore di rete in parallelo al nostro normale contatore elettrico, conteggia l’energia eccedente e immessa nel sistema elettrico nazionale dai nostri pannelli solari. Quella che non consumiamo anche se siamo dotati di una batteria di “accumulo” che la immagazzina, ce la restituisce quando serve (conviene quasi sempre installarla) ma contribuisce anche a reimmetterla nella rete. Il GSE ci remunera poi questa energia che produciamo e non consumiamo con bonifici sul nostro conto corrente in due fasi, che ogni anno tengono conto dei conguagli e degli acconti stimati per l’anno successivo.

Ma questo “sistema intelligente” fa anche un’altra cosa, importante proprio per le eventuali implicazioni fiscali (ne parliamo nei dettagli in seguito): misura il saldo tra l’energia che preleviamo dal nostro fornitore elettrico, come in una normale utenza quando la “nostra” non ci basta, e tutta quella che invece conferiamo alla rete quando siamo in grado di farlo.

Tutto semplice, tutto automatico una volta che abbiamo correttamente attivato le pratiche dello scambio sul posto con il Gse, cosa che di solito fa direttamente per noi l’installatore del nostro impianto occupandosi sia del contratto con il Gse che della richiesta per l’installazione del contatore di “scambio”.

Dare e avere: pago comunque la bolletta di quello che prelevo dalla rete e non riesco ad alimentare direttamente con i miei pannelli solari (intanto pago comunque l’intera bolletta perché il mio fornitore, con il mercato ormai liberalizzato, può essere un qualunque operatore privato) e poi attraverso il Gse mi viene rimborsato tutto ciò che ho conferito al sistema elettrico nazionale, dove l’elettricità verrà poi comprata e venduta tra operatori attraverso la Borsa elettrica.

Fisco clemente ma non sempre

Ma è proprio questo rimborso che può nascondere due insidie tra loro concatenate. La prima è piuttosto banale e si può disinnescare con un semplice controllo sulla tipologia del nostro impianto solare. Se il nostro impianto è installato in aree strettamente pertinenziali all’immobile di nostra proprietà (tipicamente il tetto ma anche il giardino o la tettoia del parcheggio) il contributo a rimborso ricevuto attraverso il Gs “non ha rilevanza fiscale”, insomma non paghiamo tasse su questo contributo. Lo ha chiarito l’Agenzia delle entrate fin dal 2009 con una serie di risposte a specifiche istanze di interpello.

Attenzione: questo vale solo per gli impianti solari installati nelle aree di diretta pertinenza. Se il nostro impianto fosse installato in una qualunque area non assimilabile alla pertinenza, ad esempio nel terreno a qualunque titolo prestato da un vicino, o ad esempio in un’area demaniale presa in concessione, tutti gli introiti relativi all’impianto solare a qualunque titolo andrebbero sottoposti a tassazione, in modo del tutto simile a quello che accade un imprenditore che produce e vende energia.

Appurata la natura della nostra installazione siamo a posto e nulla dobbiamo al fisco? Niente affatto. Ecco l’eventualità di cui tutti i titolari di un impianto solare domestico devono sempre e comunque tenere conto: le eventuali “eccedenze”.

Attenti alle eccedenze: sempre tassate ad aliquota marginale

Come abbiamo spiegato il contatore di scambio conteggia con precisione il saldo tra l’energia prelevata dalla rete e pagata con la bolletta e quella conferita alla rete e rimborsata attraverso il GSE. Se il saldo è negativo, cioè abbiamo consumato più energia di quella conferita, nulla dobbiamo fare ai fini fiscali: tutte le eventuali tassazioni saranno conteggiate e applicate automaticamente alla fonte da chi ci manda la bolletta e da chi ci manda rimborsi. Inutile occuparsene. Se invece il saldo risulta positivo, cioè abbiamo conferito più energia rispetto a quella prelevata dalla rete, il sovrappiù viene considerato “eccedenza”: un bene da noi prodotto in più, che abbiamo venduto e che quindi va tassato come se fossimo un imprenditore delle energie rinnovabili che produce energia e la vende sul mercato.

In pratica? Il corrispettivo delle eventuali eccedenze va messo a tassazione inserendolo nella dichiarazione annuale dei redditi nella voce “redditi diversi”. Il che significa che tali somme si aggiungono al cumulo dei nostri redditi essendo sottoposti all’aliquota fiscale più alta, quindi riducendo in maniera molto sensibile il beneficio netto relativo a questa voce.

Il messaggio implicito? Nostro impianto fotovoltaico è tanto più conveniente quanto riusciamo a coprire i nostri consumi con l’autoproduzione dei pannelli solari, non superando il saldo tra i prelievi e i conferimenti di elettricità alla rete. Ecco perché le batterie di accumulo sono quasi sempre una scelta opportuna.

Come verificare e gestire le eccedenze sul portale Gse

Nessuno ci comunicherà automaticamente se abbiamo o no eccedenze. Dobbiamo verificare noi, ma lo possiamo fare con relativa facilità accedendo all’area dedicata del portale Internet del Gse o con le nostre credenziali (quelle ottenute quando ci siamo registrati direttamente o attraverso il nostro installatore) o con lo Spid.

Prima avvertenza: all’attivazione del contratto con il Gse va comunicato a quest’ultimo se farsi liquidare le eccedenze o mantenerle a credito per essere riportate a saldo nell’anno successivo. Se non si esercita alcuna opzione viene automaticamente attivata la seconda, ovvero l’accantonamento. In mancanza di un’opzione diversa, da esercitare di anno in anno obbligatoriamente a gennaio entro il 31 nel portale del Gse, rimane valida l’opzione esercitata in precedenza.

Cosa scegliere? Se prevediamo di non aver eccedenze di averne in maniera ridotta ci conviene intanto scegliere l’opzione dell’accantonamento, altrimenti tutto sommato conviene farsele liquidare nonostante l’immancabile batosta fiscale.

Se scegliamo la liquidazione delle eccedenze il Gse ci bonifica il corrispettivo con le stesse modalità usate per gli altri rimborsi insieme al pagamento dei conguagli per lo scambio sul posto, effettuato entro il 30 giugno dell’anno solare successivo a quello nel quale abbiamo maturato le eccedenze. Successivamente al pagamento e in tempo utile per la dichiarazione dei redditi il GSE ci mette a disposizione sempre nella nostra area del suo portale, la certificazione formale della liquidazione dell’eccedenze che dovremo allegare alla dichiarazione dei redditi.

Riguardo alle opzioni che possiamo esercitare ecco comunque i passaggi dettagliati per procedere all’opzione o alla correzione della scelta fatta precedentemente: dal portale GSE accediamo all’area clienti con le credenziali o con lo Spid; andiamo nella sezione Servizi Gse e clicchiamo Accedi nell’area Scambio sul posto; selezioniamo Gestione contratti e poi Contratti esistenti; clicchiamo su Liquidazione eccedenze e poi su Modifica; selezioniamo il campo o il campo no senza dimenticarci di cliccare infine su Salva. Il gioco è fatto, e se ne parla eventualmente nel gennaio dell’anno successivo.

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