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Fotoreporter embedded di Hamas nel pogrom del 7 ottobre: la notizia viene prima dei principi morali?

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Fin dove si può spingere la professione giornalistica nella ricerca della verità e nella documentazione di ciò che accade nella realtà? Il ventaglio delle possibilità è ampio quanto la varietà delle opinioni sulla valicabilità o invalicabilità di certi limiti; va dal carpire informazioni a una persona inconsapevole senza dichiarare la propria identità, magari con un registratore nel taschino, alla corruzione di pubblici funzionari, all’uso di strumenti elettronici per ascoltare conversazioni e telefonate fino al recente caso dei fotoreporter che avrebbero fotografato e filmato scene del massacro compiuto il 7 ottobre da Hamas ai confini della striscia di Gaza.

Fotoreporter al seguito di Hamas nel massacro del 7 ottobre. Complici o testimoni?

La vicenda del 7 ottobre è diventata giornalisticamente un caso. Il governo israeliano ha accusato questi fotoreporter che collaborano con prestigiose testate, come il New York Times, la Reuters, Associated Press e Cnn, di avere fotografato e filmato le fasi inziali del massacro grazie alle anticipazioni fornite loro da Hamas, in pratica sarebbero stati embedded nell’operazione e come tali responsabili di crimini di guerra. Della circostanza, rivelata dal sito israeliano Honest Reporting e fatta propria dal governo, non sono state tuttavia fornite prove e le testate citate hanno respinto l’accusa che i loro collaboratori fossero stati informati preventivamente. Una di esse in ogni caso ha cessato la collaborazione con il suo fotoreporter.

Notizia o principi morali: chi vince?

Il caso ha riaperto l’annoso dibattito sul conflitto tra che cosa sia prioritario nel lavoro giornalistico: la notizia a tutti i costi o i principi morali come la correttezza e l’umanità. Al termine si può dire che ha vinto la notizia. Come avremmo potuto vedere che cosa è stato fatto senza l’operato di quei fotoreporter? Qualcuno può negare che quelle immagini hanno rivelato la ferocia e la brutalità di Hamas? Sono queste le argomentazioni che hanno prevalso. Lorenzo Cremonesi, forse il più brillante inviato del Corriere della Sera dopo Ettore Mo, richiesto in una trasmissione televisiva di dire che cosa avrebbe fatto se nel ’44-’45 i nazisti gli avessero aperto le porte di Aushwitz per assistere alla gasatura dei prigionieri ha risposto senza esitazione: certo che sarei andato.

Notizia, etica e morale: un trittico senza tempo

Il massacro del 7 ottobre, filmato e documentato da professionisti in cui l’attrazione fatale della notizia ha fatto premio sulla morale, è certamente il più clamoroso ma è solo l’ultimo di una lunga serie di vicende in cui la notizia senza scrupoli ha vinto. Qualche volta si è trattato di vittorie giuste altre volte censurabili. Che dire della vicenda del tabloid britannico News of the World del gruppo Murdoch? Per anni il suo direttore ha ottenuto informazioni intercettando le telefonate di migliaia di cittadini, celebrità e uomini della strada. Ha corrotto i vertici di Scotland Yard, ha intercettato perfino la segreteria telefonica della studentessa scomparsa Milly Dowler interferendo pesantemente con le indagini e creando false speranze alla famiglia. Tutto ciò ha portato alla chiusura del tabloid. Difficile giustificare un operato di questo genere per ottenere notizie. Ma in un altro caso che ha fatto scalpore, quello delle informazioni raccolte via Facebook su 87 milioni di utenti dalla società di consulenza britannica Cambridge Analytica per utilizzarne il profilo a fini elettorali il giudizio degli esperti è più sfumato. Il lavoro di Cambridge Analytica ha fornito informazioni di interesse pubblico, dicono.

La storia del conflitto tra ricerca della notizia e morale è destinata a proseguire. Quante notizie sono state ottenute con metodi al limite? Se lo avessimo saputo ne avremmo fatto volentieri a meno o no? Quanto l’assenza di immagini sul massacro di Hamas avrebbe finito per favorire quest’ultima e quanto la loro presenza ne ha rivelato l’inaccettabile brutalità?

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Categories: Cultura