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Fotografia: Vivian Maier a colori in mostra a Milano

FIRSTonline

Della sua storia non si conoscono molti dettagli: faceva la tata, si dedicava ai bambini e portava sempre con sé una macchina fotografica. Vivian Maier ha il fascino delle cose non dette, ma lasciate trasparire dalla delicatezza dei suoi scatti che dicono tutto il resto di lei. La Fondazione Forma Meravigli di Milano accende una luce nuova sulla tata fotografa, conosciuta principalmente per i suoi scatti in bianco e nero, proponendo al pubblico l’esposizione “Vivian Maier. A colori”, aperta dal 24 ottobre al prossimo 19 gennaio 2020.

“Guardando le sue fotografie, vediamo come Vivian Maier avesse imparato a osservare il comportamento umano, l’avvenimento che accade in un attimo preciso, il lampo di un gesto, l’espressione di un volto: che trasformavano ai tuoi occhi la quotidiana vita di strada in una rivelazione”, queste le parole di uno dei principali interpreti della street photography americana contemporanea, Joel Meyerowitz, che si leggono su una delle pareti della galleria allestita per la mostra.

L’occhio arguto, intenso dell’artista rivela al pubblico scene quotidiane, un paesaggio urbano dell’America degli anni Cinquanta e della Chicago degli anni Settanta dove i piccoli gesti, gli sguardi, l’ispirazione del semplice, del giornaliero, di tutto ciò che appare scontato si fanno spazio immagine dopo immagine.

Vivian Dorothea Maier è il suo nome completo. È nata nella parte più a nord della città di New York City, nel Bronx, nel 1926 da padre francese e madre di origini austriache. Poi, dopo la separazione dei suoi genitori, si è trasferita in Francia con la madre fino a quando compì 12 anni. Fu, dopo, di nuovo la volta dell’America quando iniziò a lavorare come bambinaia, mentre studiava da autodidatta la fotografia, che diventa il suo modo di tenere traccia della sua vita, delle sue giornate: una specie di diario.

Un giorno nel 2007 un appassionato della storia di Chicago, John Maloof, ha comprato all’asta il contenuto del deposito appartenuto a una donna e dentro vi trova una cassa con centinaia di negativi e rullini da sviluppare: si tratta di una parte dell’archivio di Vivian Mayer. In totale, la fotografa ha lasciato un archivio con più di 150.000 negativi, migliaia di pellicole non sviluppate, stampe, film in super 8 o 16 millimetri, registrazioni, pensieri: abbracci, passeggiate, autoritratti, giochi di luce e ombra.

La mostra è a cura di Alessandra Mauro e realizzata in collaborazione con la Howard Greenberg Gallery di New York. La mostra è accompagnata da un libro edito da Contrasto con testi del curatore Colin Westerbeck e del fotografo Joel Meyerowitz.

Della sua storia non si conoscono molti dettagli, ma è lo spettatore di fronte alle fotografie a essere chiamato a ricostruire parte delle vicende, degli umori, dei sentimenti di Vivian Maier.  

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Categories: Arte