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Forum Ambrosetti, ottimismo sull’economia ma timori sulla governabilità

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Il Forum Ambrosetti che da oltre quarant’anni si svolge nella splendida cornice di Villa d’Este a Cernobbio, sulle rive del lago di Como, è da sempre la cartina al tornasole del sentiment dell’élite economica e finanziaria del nostro Paese alla ripresa delle attività dopo la pausa estiva. E così è stato anche stavolta.

Che cosa è emerso dunque dalla tre giorni di Cernobbio? Due elementi molti chiari, che riflettono pensieri e umori della classe dirigente economica, rappresentata dagli imprenditori, dai banchieri, dai manager pubblici e privati che si sono affacciati al Forum Ambrosetti nell’ultimo week end.

Il primo è l’indubbio ottimismo sulla ripresa dell’economia, il secondo è il timore sulla governabilità del Paese dopo le prossime elezioni di primavera, che il debutto del probabile candidato premier del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio e la presenza del leader leghista Matteo Salvini non sono certo valsi a cancellare, malgrado il loro sforzo di smorzare i toni anti-europeistici.

La platea di Cernobbio ha apprezzato il realismo e il riformismo mite del premier Paolo Gentiloni e del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che non hanno promesso miracoli ma che hanno parlato con i numeri dell’economia. Numeri che segnalano che “la maggior crisi del dopoguerra è alle spalle”, che il Pil cresce oltre le attese, che l’occupazione non ha ancora recuperato tutti i posti di lavoro azzerati dalla recessione ma ci è molto vicina e ne ha creati 900 mila su 1 milione e 99 mila persi nella crisi, che i conti pubblici presentano un avanzo primario “che non ha eguali nei Paesi più avanzati” e soprattutto che c’è un netto ritorno di fiducia nelle famiglie e nelle imprese.

Tutto merito della congiuntura internazionale e della politica dei tassi bassi della Bce? Non solo. Gentiloni, al suo debutto al Forum Ambrosetti da presidente del Consiglio, ha ricordato che l’Italia sta finalmente raccogliendo il dividendo delle riforme avviate dal governo Renzi e Padoan, dopo aver orgogliosamente segnalato che “chi ci seguirà troverà conti migliori” di quelli di 5 anni fa, ha confermato che il merito del miglioramento dell’economia “non è solo della ripresa mondiale”.

Oggi l’Italia ha davanti a sé occasioni di crescita straordinarie ma c’è un però. Anzi ce ne sono due. Guai a fermarsi sul cammino delle riforme, pena il ritorno indietro dell’economia, e guai a fare danni nella prossima manovra di bilancio, così pericolosamente vicina alle prossime elezioni politiche. Il “sentiero è stretto”, come ama dire Padoan: la crescita e una maggior giustizia sociale, specie per i giovani e per il Sud, non possono compromettere il saldo primario e gli equilibri di bilancio così faticosamente raggiunti.

Ma i timori, affiorati nelle parole e nelle domande degli imprenditori, dei banchieri e dei manager vanno ben oltre la prossima legge di bilancio e investono il futuro del Paese e la sua governabilità in vista del ritorno a una legge elettorale (il Consultellum) apertamente proporzionale. E’ chiaro a tutti che, dopo la vittoria del No al referendum costituzionale del 4 dicembre, si sta tornando alla Prima Repubblica ma senza che ci siano più i partiti.

Il premier Gentiloni ha cercato di ridimensionare le preoccupazioni politiche ricordando che “l’Italia non è la pecora nera di un gregge sempre tranquillo” e che la maggior parte delle sei principali economie europee ha “maggioranze fragili”. Ma il mal comune non è mezzo gaudio e i timori sulla difficoltà di dar vita nella prossima legislatura a governi non solo stabili ma riformatori ed europeisti restano tutti in piedi e non sono sicuramente stati esorcizzati dalle estemporanee dichiarazioni d’intenti fatte a Cernobbio, in giacca e cravatta, da Di Maio e Salvini.

Gentiloni, con un’evidente frecciata a M5S e alla Lega, si è detto convinto che “non vincerà la politica dell’insulto e della negazione della scienza” ed è sicuramente quello che in molti al Forum Ambrosetti e non solo si augurano. Ma l’imprevedibilità politica è un segno dei nostri tempi.

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