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Forum Ambrosetti, la sfida dell’innovazione tecnologica: ecco 7 proposte concrete

Uscirà dalla sale affrescate della fortezza di Castelbrando un’Italia migliore? È quanto si augura la community del Club Ambrosetti (fondato nel 1999 e composto da 300 business leader), che nella suggestiva location tra le colline della provincia di Treviso ha dato vita alla prima edizione del Technology Forum.

Un evento, subito soprannominato la “Cernobbio della tecnologia”, tutto dedicato all’innovazione, proprio nel cuore del Nord-Est, dove si concentrano le grandi eccellenze italiane e dove ha diverse basi anche la Us Air Force, ospite d’onore della manifestazione che ha come main partner Treviso Tecnologia.

Il contributo della Us Air Force è stato esemplificativo di uno degli aspetti chiave del Forum: il “trasferimento tecnologico”, ossia tutto il background nei settori della fisica, dell’ informatica, dell’elettronica e della chimica che si può offrire tramite il “riciclaggio” dell’alta tecnologia militare.

Ma non solo. La community nella due giorni veneta ha raccolto i contributi degli attori pubblici e privati del Paese, con interventi del mondo accademico e scientifico (ricerca e università sono al centro della sfida per l’innovazione) e di quello politico: in rappresentanza del Governo Monti è infatti intervenuto anche Alessandro Fusacchia, consigliere del ministro allo Sviluppo economico Corrado Passera e coordinatore della task force per le startup innovative.

“La missione della community – ha detto Valerio De Molli di Ambrosetti – The European House -, che si riunisce qui al termine di un lavoro preparatorio di 10 mesi, è di rafforzare il dialogo e favorire lo sviluppo di relazioni tra la comunità industriale, quella scientifico-tecnologica, finanziaria e istituzionale per promuovere opportunità di crescita, sviluppo ed una cultura dell’innovazione diffusa nel Paese”.

Proclami generici, che però al termine del lavori del Forum si sono tradotti in proposte concrete. L’innovazione è infatti la prima sfida del futuro, innanzitutto in quanto ennesimo terreno di confronto con i mercati emergenti, che hanno fatto dei progressi in scienza e tecnologia una priorità. Nell’ultimo decennio per esempio la Cina ha incrementato gli investimenti in ricerca e tecnologia (150 miliardi di euro nel solo 2011) del 20% all’anno, il doppio del tasso di crescita del proprio Pil; la Corea del Sud del 10%; ma anche India, Brasile, Sud Africa e le altre economie in forte crescita nel mondo hanno investito in ambiziosi piani (formazione, incentivi, immigrazione selezionata, ecc.) per riposizionarsi come produttori autonomi di innovazione non più eterodiretta.

L’Italia invece, come spesso accade, segna il passo. Ma non così negativamente quanto si potrebbe credere. Il Belpaese è infatti considerato dall’European Innovation Scoreboard un “innovatore moderato”: ci sono imprese che innovano, c’è innovazione nelle tecnologie e nei prodotti e c’è una ricerca scientifica considerata fra le migliori del mondo è un Paese che innova. Ci sono imprese che innovano, c’è innovazione nelle tecnologie e nei prodotti e c’è una ricerca scientifica considerata fra le migliori del mondo.

Tuttavia il confronto con gli altri Stati Ue è perdente: l’Italia ha un’intensità innovativa dimezzata rispetto alla media Ue e un quarto di quella del Giappone, e nel vecchio continente si colloca al 18esimo posto per l’alta tecnologia. Per non parlare degli investimenti, anche quelli la metà rispetto ai colleghi europei, che investono in ricerca e sviluppo il 3% del Pil contro l’1,53% dell’Italia. E l’export high tech ne risente: secondo i dati Eurostat in Italia rappresenta il 6,8% del totale (9% nel 2000); in Germania il 14%, nel Regno Unito il 18,2%, in Francia il 19,7%.

Le soluzioni, dunque, o quantomeno le proposte della community del Club Ambrosetti emerse al termine del percorso culminato con l’evento trevigiano. Cinque sono i terreni principali sui quali intervenire: la strategia nazionale dell’innovazione; gli investimenti in innovazione (compresi gli incentivi, da ottimizzare e razionalizzare, secondo Alessandro Fusacchia); lo sviluppo delle Pmi (che rappresentano il 90% del tessuto produttivo italiano), la cooperazione ricerca-industria (tema centrale di diversi interventi che hanno posto l’attenzione sul fondamentale ruolo delle università); e la cultura diffusa dell’innovazione.

Sulla base di queste riflessioni il Forum è giunto a formulare 7 proposte concrete:
a) Definire la strategia nazionale per l’innovazione, con un referente istituzionale ed una chiara responsabilità, attraverso una visione di lungo periodo, che definisca in maniera inequivocabile il progetto tecnologico e sociale del Paese e le aree in cui intende eccellere;
b) Stabilizzare con meccanismi semplici e coerenti e rendere permanente l’automatismo del credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo delle imprese;
c) Semplificare, uniformare e riorganizzare strumenti e procedure (pochi, chiari, semplici, veloci) mettendo a sistema i fondi pubblici disponibili ai vari livelli (centrale e locale) allocandoli con logica pluriennale e meritocratica. In questo caso servono fondi orientati su pochi filoni prioritari e fondi sulla ricerca applicata (assolutamente prioritaria) separati da quelli per la ricerca di base;
d) Definire su basi rigorose i criteri di individuazione delle imprese innovative e per queste prevedere incentivi ed agevolazioni il più possibile automatici e accesso ai capitali agevolato anche facendo convergere risorse pubbliche e private in strumenti/fondi ;
e) Dotare università e centri di ricerca (pubblici) di strumenti e risorse per l’attività del trasferimento tecnologico, e misurare le loro performance anche per obiettivi legati a quest’ultimo.
f)  Incentivare la presenza di PhD nell’industria con programmi di scambio ricerca-industria per PhD con defiscalizzazione degli oneri per gli enti che li mandano e che li ospitano oppure per chi li assume (se start up);
g)  Lanciare azioni di visibilità e di “education” ai valori dell’innovazione e dell’intraprendere ed ammodernare le competenze e la formazione, creando anche un fondo pubblico-privato per sostenere ed incentivare la formazione scientifico-tecnologica dei giovani più meritevoli e la loro partecipazione al lavoro con meccanismi che rafforzino la relazione con le imprese.

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