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Fornero, articolo 18: torna il reintegro

“La riforma rappresenta un impegno di rilievo storico, che porta a una svolta“. Lo ha detto il premier Mario Monti in una conferenza stampa congiunta a Palazzo Chigi con il ministro del Welfare, Elsa Fornero, sulla nuova riforma del lavoro. “La prospettiva di crescita caratterizza ogni aspetto della riforma – ha proseguito il Professore -. Intendiamo realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico in grado di contribuire alla creazione dell’occupazione. E’ una riforma che intende contribuire alla crescita sociale ed economica e alla riduzione del tasso di disoccupazione. Permette di contrastare il dualismo del mercato di lavoro italiano, limitando la precarizzazione e per le categorie più deboli e favorendo la flessibilità buona”.

Il Professore ieri sera ha trovato un accordo con i leader dei partiti di maggioranza sulle modifiche più controverse all’articolo 18 (in particolare, il reintegro per i licenziamenti economici ritenuti non validi dal giudice). Questa mattina Monti, insieme alla Fornereo, ha incontrato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Monti ha poi citato il presidente della Bce, Mario Draghi, che ha parlato di Paesi caratterizzati da mercati del lavoro suddivisi fra garantiti e giovani in difficoltà. “La nostra riforma – ha detto poi il Professore – punta a una maggiore efficienza del sistema: le imprese potranno trovare le migliori configurazioni produttive. Ma punta anche all’equità: evitando un’eccessiva protezione a chi è incluso nel mercato del lavoro che penalizza i giovani e i deboli”.

Il governo mette anche in campo “un ammodernamento della rete di sicurezza, che va verso l’universalità, rendendo più efficienti gli ammortizzatori sociali”. In questo modo si intende affrontare problemi come “la scarsità degli investimenti e la rigidità del mercato”, ha concluso Monti. “La flessibilità esce da questa riforma in modo equilibrato e sereno – ha aggiunto il premier -. E’ stata aumentata anche in modo rilevante la flessibilità in uscita, ma tutelando la necessità che il giudice del lavoro non entrino troppo nelle valutazioni che spettano ai datori di lavoro e d’altra parte tutelino doverosamente i lavoratori. Si è cercato anche di combattere le forme di precarietà per quanto riguarda la flessibilità in entrata”.

“E’ ovvio che il dibattito con le parti sociali comporti anche aspetti di contrasto, ma noi crediamo di aver raggiunto un punto di equilibrio e crediamo che in futuro avremo un contesto italiano molto più propizio. Vogliamo non solo che l’Italia esca da una fase di crisi finanziaria, ma anche che esca da una fase di 10-12 anni in cui il nostro Paese è cresciuto alla metà della velocità rispetto alla media dei Paesi sviluppati”.

Dopo il Premier, ha preso la parola il ministro Fornero, che ha spiegato i punti fondamentali della nuova riforma, la seconda da lei firmata dopo quella delle pensioni. Fra i due interventi, tuttavia, “c’è stata una sostanziale differenza di metodologia d’intervento – ha precisato il ministro – la prima è stata dettata dalla gravità della crisi finanziaria, che ha imposto tempi rapidissimi”. Sul lavoro “non abbiamo scelto invece la strada della consultazione (in verità Fornero aveva usato qui la parola ‘concertazione’, ma è stata corretta da Monti, ndr), ma del dialogo con le parti sociali, con cui abbiamo discusso sei mesi”.  

“Noi vogliamo un mercato più produttivo – ha proseguito Fornero -. La produttività deriva dal capitale umano, che a sua volta si ottiene dalla formazione. Ma anche i rapporti di lavoro hanno a che vedere con la produttività. Il presupposto della stabilità è un presupposto virtuoso a incentivare la formazione e la produttività da parte del lavoratore. E l’imprenditore è incentivato ad associare la retribuzione alla produttività. Un mercato in cui il lavoratore e poi buttato via non incentiva la produttività”. 

I pilastri del Ddl sono i seguenti: contratti, flessibilità in uscita, tutele al lavoratore, rito speciale per le controversie sul lavoro, ammortizzatori sociali, politiche attive e servizi per l’impiego.

CONTRATTI

“L’obiettivo è di fare del contratto dipendente a tempo indeterminato quello dominante – ha ribadito Fornero – che comincia con la fase d’apprendistato, cui noi intendiamo dare enfasi. Su questo sì, seguiamo il modello tedesco. Si potranno inoltre assumere apprendisti solo a quelle aziende che in passato hanno assunto almeno il 50% degli apprendisti. Per i primi tre anni però ci accontenteremo del 30%. In passato la flessibilità non è stata ben impiegata e ha creato un mercato del lavoro duale: i protetti e gli esclusi”. 

Il contratto a tempo determinato “è stato mantenuto, perché non per forza vuol dire flessibilità cattiva – ha spiegato ancora il ministro -. Abbiamo eliminato il cosiddetto ‘causalone’ per il primo contratto a tempo determinato, ed è una liberalizzazione importante. Ma il contratto a tempo determinato si paga un po’ di più di quelli a tempo indeterminato, un maggiore contributo che in parte andrà a finanziare l’Aspi. C’è però un premio per la stabilizzazione: la restituzione di quel contributo per un importo pari a sei mesi”. 

Il contratto di inserimento “sostanzialmente scompare”. I lavoratori svantaggiati, vale a dire i giovani e le donne, “godranno di un piccolissimo sgravio contributivo per un anno”. 

AMMORTIZZATORI SOCIALI

Fornero sostiene che su questo terreno “andiamo verso una forma di universalismo: gli ammortizzatori devono riguardare tutti i lavoratori che perdono la propria occupazione. Abbiamo ottenuto delle risorse e abbiamo creato l’Aspi, un’assicurazione sociale che riguarda ogni lavoratore. L’attuale configurazione è relativamente generosa, non in ammontare quanto in durata, e riguarda una platea potenziale di appena quattro milioni di lavoratori su 12. L’Aspi non è inferiore all’attuale mobilità per importo, ma per durata, in modo da incentivare il reinserimento. C’è anche una mini-Aspi per i giovani“. 

FLESSIBILITA’ IN USCITA: LO “SPACCHETTAMENTO DEL 18”

Infine, il capitolo più atteso. “Non blindiamo più il lavoratore a quel particolare posto di lavoro – ha detto Fornero -. E questo riguarda la modifica dell’articolo 18. Tutte le economie che hanno basso tasso di disoccupazione strutturale hanno flussi d’entrata e d’uscita molto più rilevanti. L’articolo 18 è stata una grande vittoria, ma il mondo è cambiato. L’obiettivo è incentivare gli investimenti esteri in Italia e limitare la fuoriuscita dei capitali italiani”. 

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Per ottenere questo obiettivo il governo ha stabilito “lo spacchettamento dell’articolo 18 – ha spiegato Fornero -. Noi pensiamo che si possa anche arrivare a una transazione, a procedure di conciliazione: non tutti i licenziamenti, che speriamo siano pochi, devono finire davanti al giudice”.

Sui licenziamenti discriminatori “non abbiamo toccato nulla – ha sottolineato il ministro -. Su quelli disciplinari il giudice può scegliere fra il reintegro e l’indennizzo. Poi parliamo delle cause economiche. L’attività d’impresa non è sindacata dal giudice, ma il nostro Ddl prevede che nel caso di manifesta insussistenza il giudice possa decidere la reintegrazione, negli altri casi invece prevale l’indennizzo“.   

Se invece il giudice accerta che le motivazioni economiche sono state addotte per mascherare un licenziamento discriminatorio o disciplinare, il caso ricade nella rispettiva tipologia.

 

 

 

 

 

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