Al via, una certezza: non sarà un’altra stagione monopolizzata dalle Red Bull. In realtà ce n’è un’altra: difficilmente sarà la Ferrari a fare cambiare il corso della storia recente dei Gran Premi. È presto per tutto: primo week-end di stagione; circuito di Melbourne atipico, si corre su fondo stradale, quindi molto particolare in quanto a resa tecnica; e come se non bastasse la prima giornata in pista ha visto anche la pioggia, che potrebbe dire la sua anche domenica in gara. Presto, quindi, per sfornare analisi. Ma il bi-campione iridato in carica Vettel relegato al 6° posto al termine delle qualifiche, alle spalle del compagno Webber (gioca in casa, ci può stare), ma anche della Mercedes di Michael Schumacher, della Lotus di Grosjean, ma soprattutto delle due McLaren che hanno monopolizzato la prima fila al via… Beh, tutto questo dice che il vento è cambiato.
Il che è esattamente ciò che i cervelli della Formula 1 si augurano. Non per antipatia nei confronti di Vettel e Red Bull, anzi: sono giovani, parlano ai giovani con un linguaggio moderno di marketing e tendenza; sono l’esempio di come e quanto i Gran Premi siano aperti, globali e democratici, dando la chance anche a degli outsider di battere i nomi storici tipo Ferrari e Mercedes, e così firmare a caratteri d’oro il Grande Libro delle corse. E i giovani sono proprio l’obiettivo di questa Formula 1, che sa esattamente come il suo fascino sia oggi più roba per appassionati, diciamo così, maturi, che per ragazzini.
I dati parlano a voce alta. Intere categorie di pensiero che hanno marchiato gli scorsi decenni – automobile, sua tecnologia, velocità, rischio, eroismo…- hanno oggi ben più scarso impatto sull’emotività delle nuove generazioni. I risultati di vendite di giornali specializzati e di audience televisive mirate, lo confermano in modo inequivocabile. E questo accade in Italia: culla del motorismo, delle corse, dell’amore per velocità, rischio eccetera. Figuriamoci all’estero. C’è chi ribatte: colpa della Ferrari: quando Schumacher vinceva a raffica, il mondo sembrava inebriato dalle sue gesta, TV e giornali e sponsor e indotto delle corse tiravano come drogati, governi dall’altra parte del mondo si svenavano a suon di milionate di dollari per avere l’onore di organizzare un Gran Premio.
Vero. In parte. Già ai tempi di Schumi tutto il sistema F.1 mostrava le prime crepe. Vendite di giornali e audience TV iniziavano a balbettare, magari con l’eccezione della Germania che continuava a mischiare orgoglio, Deutschland-uber-alles e birra come a una gigantesca e itinerante Oktober Fest. E le richieste di GP dal mondo estremo premevano, sì. Ma sulla spinta di un’emozione in fondo non radicata, non abbastanza forte da diventare tradizione, come fu nel secolo scorso in Europa e un po’ in Sudamerica. La F.1 di oggi è sempre più a Est: i soldi veri arrivano da lì. Ma con scricchiolii sinistri. Il GP di Shanghai è emblematico: galleggia su un rosso (perdite, non Ferrari) ormai radicato e inguaribile; per ora i vertici -anche politici- della Cina non vogliono rinunciarvi, ma durerà? Idem le varie Abu Dhabi, Bahrein: investimenti colossali e architetture futuribili ottime per le copertine della stampa glamour planetaria. Ma guadagni reali…
E non parliamo delle Case automobilistiche. Una decina di anni fa, decidevano tutto loro: regolamenti, progetti futuri, spartizioni di bottino. Ora, con una crisi dell’auto radicata, pur con i famosi mercati emergenti che non possono fare a meno di riempire le proprie strade di Ferrari e Mercedes e BMW, i grandi marchi hanno fatto un grande passo indietro. Resta Daimler Benz, in pratica. L’appoggio Fiat alla Ferrari è tiepido, e serve semmai a garantire a Luca di Montezemolo ampie autonomie che in caso contrario magari non avrebbe. Ma la F.1 tutto questo lo sente, eccome.
E allora (e torniamo a qualche riga fa) ecco che Bernie Ecclestone e i suoi hanno assoluto bisogno di nuova linfa, di cambiamento. E di questo, nella stagione che va a iniziare, dovremmo averne. Nuovi regolamenti tecnici (soprattutto la proibizione dei famosi scarichi ‘soffiati’) e pneumatici Pirelli a mescola generalmente più tenera, quindi probabilmente meno durevole e con un degrado più evidente che potrebbe obbligare i piloti ad acrobazie tipo il controsterzo, dovrebbero abbassare lo strapotere 2010-2011 delle Red Bull. E quindi regalare gare più livellate, meno prevedibili, ancora più ricche di sorpassi. Ciò che si è visto fino alla pole position di Melbourne, con Vettel e Webber scavalcati dai piloti McLaren e almeno affiancati dalle Mercedes, sembra andare in questa direzione. Quello 2012 è già un Mondiale storico, grazie ai suoi 6 campioni iridati al via. Ma se l’ultimo dell’elenco, il rientrante Raikkonen, dovesse davvero andare forte con la non faraonica Lotus (per ora, in qualifica a Melbourne, il meno celebrato team-mate Grosjean gli è stato davanti), anche questo darebbe un po’ di boost al campionato, all’annata, all’interno movimento.
Cinque righe finali sulla Ferrari. Tutto la attendono, tutti la attendiamo. Anche Ecclestone, che dall’alto dei suoi 80 anni pur vivacissimi si illude ancora di un possibile entusiasmo del pianeta per le Rosse. Anche Flavio Briatore, che ammette a mezzo stampa di essere un tifoso del Cavallino, da lui battuto prima gestendo la Benetton e quindi la Renault, e sempre grazie a piloti (Schumacher, quindi Alonso) poi finiti proprio a Maranello. Ma la F2012, ultima e attesissima arma rossa, per ora è una delusione. Ancora una volta: è presto, siamo ancora alle qualifiche del primo GP. Però…