La disoccupazione giovanile è una delle piaghe della crisi contemporanea, eppure a Bologna le aziende fanno ancora fatica a trovare i tecnici che servono loro. Secondo Salvatore Grillo, preside delle Aldini Valeriani, storico e glorioso istituto cittadino, le imprese della provincia hanno bisogno di almeno 600 figure professionali, ma le scuole specializzate possono metterne sul mercato poco più della metà. Perché? Perché i giovani, dice il preside, preferiscono i licei, salvo pentirsi a 18-19 anni quando dovrebbero andare all’Università “e non sanno fare niente”. Eppure anche le iscrizioni agli atenei sono preoccupantemente in calo ed è allora che, senza una preparazione professionale, il problema di “cosa fare da grandi” rischia di diventare insolubile.
“Meccanici, elettrotecnici, termotecnici, grafici – sottolinea Grillo – la richiesta va soprattutto in questa direzione, ma non siamo in grado di soddisfarla adeguatamente, perché non abbiamo abbastanza iscritti e di sufficiente qualità. C’è un problema culturale. Il ragazzo è bravo? Allora i genitori lo mandano al liceo. Non ha voglia di fare niente? Perfetto per la scuola professionale. Poi arrivano qui e non superano nemmeno il primo scoglio”. L’Istituto tecnico infatti non perdona, la percentuale di bocciati, rivela Grillo, è altissima: 30% il primo anno, 20% il secondo. Occhio insomma a non sottovalutare la scelta. “Le aziende hanno bisogno di queste figure professionali – aggiunge – ma non è che prendono chiunque. Vogliono gli studenti bravi e studiano i loro curricula. Bisogna che questo entri in testa a ragazzi e ai genitori”. Purtroppo invece la scuola tecnica è ancora vista come una scelta di serie B. Se il ragazzo è svogliato, meglio mandarlo a imparare un mestiere, col risultato che, sulla carta, gli iscritti ci sono, ma quelli che arrivano in fondo non sono abbastanza. “Ancora oggi- sostiene il Preside – i genitori vedono nel liceo la strada giusta per un’elevazione sociale dei figli e così li mandano incontro alla disoccupazione. Spesso l’università è solo un modo per rinviare il problema. Peggio ancora chi non ci va, che si trova dopo cinque anni senza niente in mano e senza saper fare praticamente nulla”. Gli extracomunitari sono circa il 20% e il migliore studente della scuola è un albanese: tutti 10.
Gli istituti tecnici offrono una preparazione sul campo e i diplomati migliori vanno letteralmente a ruba. “I nostri geometri- continua Grillo – sono richiestissimi, perché fanno cantiere e quando escono sono pronti per fare i periti edili. Oltre ai geometri prepariamo anche esperti in adeguamento sismico ed energetico e oggi c’è una domanda enorme in questi ambiti. Purtroppo invece, quest’anno saremo in grado di diplomare solo 15 termotecnici”.
Imparare un mestiere non vuol dire, fra l’altro, precludersi la possibilità di proseguire gli studi. “Chi si diploma con noi – afferma ancora il preside – può iscriversi tranquillamente a ingegneria. Se va in porto l’accordo con l’Università già dal quinto anno i nostri ragazzi cominceranno ad affrontare i problemi contenuti nell’esame di analisi uno. Un diploma tecnico, con studi potenziati in matematica è l’anticamera della laurea in ingegneria. L’80% dei brevetti di aziende come la Siemens sono di tecnici”.
E gli stipendi, a quanto pare, sono adeguati: “Quello del tecnico non è certo un lavoro degradante e porta in genere sui 2500-3000 euro al mese, perché da noi escono i trasfertisti per l’estero, infatti puntiamo molto e seriamente anche sulle lingue straniere”. Morale: la disoccupazione c’è, ma c’è anche spazio per ripensare il percorso di formazione dei giovani.