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Forbes: Brasile, ma i Mondiali sono davvero un affare? Il declino dell’ex locomotiva sudamericana

Il sentiment locale lo aveva del resto già sentenziato: i Mondiali di Brasile 2014 sono un flop. Un salasso per i conti pubblici, un favore a sponsor e potenti, e soprattutto un’occasione mancata per la maggioranza della popolazione che non vi ha trovato né lavoro né vantaggi.

A confermarlo, oltre alle ormai note proteste (pacifiche e non) dei brasiliani scesi in piazza nel tentativo di rovinare la “festa”, anche diversi studi economici e finanziari. Non ultimo quello di Euler Hermes, società internazionale di assicurazione del credito commerciale, secondo la quale la Coppa del mondo di calcio e le Olimpiadi in programma tra due anni a Rio de Janeiro varranno – insieme – appena 0,2 punti di Pil per l’ormai ex locomotiva sudamericana.

L’economia brasiliana ha infatti già registrato negli ultimi tempi una brusca ridimensionata: dopo il boom del 2010, quando con una crescita del 7,5% diventò la sesta potenza mondiale, la prima lettera dell’acronimo Brics (ormai anche lui ampiamente demodé) non sa più crescere. Nei primi tre mesi del 2014 ha guadagnato solo lo 0,2% su base trimestrale (ruolino da Paese europeo), che dà un +1,9% su base annua, destinato nelle previsioni di fine anno a frenare ulteriormente a +1,8% nonostante il Mundial organizzato.

Se comunque, in proporzione alla crescita prevista di 1,8, due decimi di punto non sono poi così pochi, c’è anche da dire che sempre secondo Euler Hermes il tutto sarà bilanciato dall’inflazione, pronosticata in netto aumento al 6,3%: costo della vita dunque in salita, mentre i posti di lavoro creati svaniranno entro pochi mesi. 

Già, perchè la creazione di opportunità lavorative, in un Paese con molte aree ancora afflitte dalla povertà e con un sistema politico sempre più palesemente corrotto, è una delle illusioni del Mondiale. Basti pensare alla questione stadi, in particolare proprio a quello che ha visto – sabato scorso – l’entrata in scena dell’Italia contro l’Inghilterra. L’Arena da Amazônia, che come tanti altri impianti finora non è stato neanche riempito di tifosi, finirà per diventare un “elefante bianco”, come ha detto lo stesso John Oliver incaricato del rapporto Fifa: costato 270 milioni di dollari, non vedrà molti altri gol dopo quello di Balotelli dato che la città amazzonica, così remota da non essere neanche raggiungibile in auto, non ha neppure una squadra di calcio.

Si dice che l’impianto sarà riconvertito in carcere, dal costo a quel punto decisamente esoso, per un Paese che ha già speso 11 miliardi di dollari per organizzare la Coppa del mondo. Più che posti di lavoro, creerà dunque – tutt’al più – posti di detenzione, da assegnare magari ad alcuni degli autori della criminalità dovuta al crescente disagio.

E se l’economia reale piange, non ridono neanche i mercati finanziari. Fino a una settimana fa, l’indice Bovespa di San Paolo aveva guadagnato il 7% dall’inizio dell’anno, che però sono soltanto un piccolo recupero del -24% registrato nel 2013, quando i titoli azionari sono crollati dopo aver raggiunto il livello record a inizio 2012. Per quanto riguarda i titoli di Stato brasiliani invece, fanno certamente gola, ma solo perché rendono tra il 6 e il 7% e questo non è certo sinonimo di affidabilità.

Sembra dunque che la vera partita di Brasile 2014 e della successa Olimpiade di Rio sia da giocare soprattutto sull’immagine: se le cose andranno bene dal punto di vista dell’efficienza (e finora non è esattamente così), il gigante verdeoro farà ricredere tutti coloro che ne mettono in dubbio l’affidabilità politica. Se poi dovesse anche vincere la Seleçao, non c’è dubbio che questo sarebbe un traino persino straordinario per le elezioni di ottobre, rilanciando le possibilità di un bis di Dilma Rousseff.

Ma l’impatto maggiore, secondo Euler Hermes, è che “il Mondiale avrà se non altro avuto il merito di portare alla luce le contraddizioni del Paese, evidenziandone l’infelicità sociale al di là della vetrina della manifestazione. Questo potrebbe convincere la classe dirigente a mettere in atto profonde riforme strutturali, che loro sì sarebbero il vero effetto boom del Mundial”.   

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