Nel 2017 i fondi immobiliari continuano a detenere una quota di asset immobiliari (82%) più elevata rispetto al livello minimo (67%) imposto dalla legislazione e dai regolamenti.
Tale quota, è però leggermente in diminuzione rispetto all’anno precedente (85%) tornando ai livelli toccati
negli anni 2014 e 2015.
La prevalente destinazione d’uso è terziario direzionale, seguita da commerciale (centri e parchi commerciali, supermercati), residenze sanitario assistenziali e hotel, a cui si affiancano, in misura limitata, posti auto scoperti e coperti, magazzini, villaggi turistici, caserme, capannoni industriali, multisala cinematografiche.
Dal punto di vista geografico, prevale la scelta di immobili situati al Nord (soprattutto Nord-Ovest), con le città di Milano, Torino, Bologna, Lodi, Modena, Biella, Como, Padova, e al Centro (con Roma che primeggia sulle altre città).
È questa la tendenza che emerge dal XI Monitor sulla Finanza Immobiliare, lo studio realizzato dal
Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Parma in collaborazione con Caceis Bank (asset servicing del Gruppo Crédit Agricole) che si pone l’obiettivo di analizzare gli investimenti finanziari dei fondi immobiliari italiani.
“In generale, si sta assistendo a un trend di rinnovamento dei fondi immobiliari. Da un lato, alcuni stanno
andando a scadenza, imponendo il realizzo degli immobili e la distribuzione di liquidità agli investitori.
Dall’altro lato, emergono nuovi fondi che, tuttavia, ancora non riescono a trovare investimenti coerenti con
il profilo regolamentare e di rendimento-rischio. Ne discende una presenza di liquidità che può derivare da
realizzi, da difficoltà temporanee nel reperire investimenti e dalla necessità di mantenere un cuscinetto di
liquidità per fare fronte a un possibile mancato rispetto di scadenze contrattuali da parte dei locatari”,
commenta il Prof. Claudio Cacciamani del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali
dell’Università di Parma.
“Nell’attuale contesto macroeconomico, ormai definito espansivo, l’asset class immobiliare rappresenta
sempre di più una opportunità di investimento interessante, soprattutto nelle aree direzionali e commerciali
di grandi città. Riteniamo che con la spinta dei PIR essa possa ulteriormente aumentare, visto il recente
successo di questi strumenti finora investiti in asset class più liquide. Non stupisce inoltre la diminuzione
dei livelli di liquidità detenuta dai fondi, rappresentando ormai un costo per i gestori dati i tassi negativi che caratterizzano questa fase economica, e lo scarso utilizzo di strumenti efficienti come il bridge financing.” commenta Giorgio Solcia, Managing Director di Caceis Bank, Italy Branch.
All’undicesima rilevazione hanno partecipato società di gestione attive nel real estate a cui fanno capo
60 fondi immobiliari di cui 19 quotati, per un totale di attività, al 30 giugno 2017, pari a 7.700 milioni di euro
circa.
Relativamente alla composizione dell’asset allocation, se è vero che la normativa prevede che i fondi
immobiliari investano non meno dei due terzi del loro patrimonio complessivo in immobili, diritti reali
immobiliari, partecipazioni in società immobiliari e quote di altri fondi immobiliari, anche esteri, secondo un
criterio di prevalenza o di esclusività, il campione di fondi immobiliari osservato detiene una percentuale
più elevata rispetto al 67% minimo (82% circa), contro una quota finanziaria pari a al 10% circa. A queste
due classi di investimento si affiancano, in ordine decrescente di incidenza: la liquidità, le altre attività, i
crediti, i depositi bancari e gli altri beni.