Non sarà facile per gli antieuropeisti di casa nostra spiegare agli italiani nelle prossime settimane , perché 2,4 miliardi di euro di fondi Ue in più non ci sono utili. Facciamo da soli, magari stampando lire. Nelle ore in cui si avvia la seconda campagna elettorale del 2018, invece, la Commissione europea sui fondi di coesione per il periodo 2021-2027 ha proposto un’ aumento del 6% delle risorse per l’Italia.
Ci sono buone possibilità che la proposta passi già a giugno. Una dotazione complessiva di 38,6 miliardi elaborata senza alcuna influenza politica contingente. Soltanto una nuova strategia verso i Paesi del Sud Europa, con contestuale contrazione di risorse ai Paesi dell’Est. In pratica si spostano 330 miliardi da un’area dell’Europa all’altra, per veder crescere la spesa in ambiente, energia, tecnologie, infrastrutture.
I Paesi all’incasso dei nuovi fondi sono Italia, Grecia e Spagna , quelli cioè che hanno anche più bisogno di riforme strutturali. Già nella programmazione in corso 2014-2020 questa necessità era palese e condivisa nei vertici europei. Alcune buone pratiche esposte in sede Ue negli ultimi anni – nonostante i rallentamenti burocratici – hanno indotto la Commissione ad inserire l’Italia tra gli Stati che possono ancora migliorare. È chiaro che una guida politica antieuropea avrebbe compromesso un tale favorevole contesto.
Nonostante a Bruxelles non abbiano immaginato relazioni dirette tra i due fenomeni. È certo, però, che chi rappresenta l’Italia nelle commissioni di Bruxelles avrebbe avuto imbarazzo a far comprendere le ragioni di certe scelte. Ma se aumentano i soldi, aumenteranno anche i controlli. Un punto ancora da definire nei dettagli, proposto come una sorta di tagliando , che a metà periodo attesterà se davvero le risorse staranno seguendo canali giusti e virtuosi.
Il 2018, per restare all’oggi, qualche colpo di coda lo deve dare. Se non si farà un buon rendiconto della programmazione dei fondi 2014-2020 l’Italia rischia di essere addirittura penalizzata. Sul piatto ci sono 21,6 miliardi da spendere entro il 31 dicembre di quest’anno. Siamo al 50% secondo i dati degli uffici di Bruxelles, ma lì sanno che le nostre Regioni accelerano i consuntivi tra luglio e dicembre.
Andranno sicuramente oltre il 2018 i grandi interventi nelle Regioni del Sud – Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia, Calabria – sulle reti infrastrutturali e sulla mobilità. Progetti su cui pesano anche “lasciti” dei fondi 2007-2013. Entro l’anno tutto dovrebbe essere portato a termine come è già avvenuto con 9 progetti consuntivati e liquidati totalmente ai governatori regionali. La stessa Commissione che ha chiesto più fiducia per l’Italia ha notizie rassicuranti da Marche, Liguria, Veneto, Abruzzo, Molise per i cantieri aperti su istruzione, sicurezza, energia.
Non per ultimo i progetti sulle smart grids – di cui c’è grande necessità – al Sud hanno una dotazione di 290 milioni di euro interamente stanziati dall’Unione europea. Il contratto di governo lasciava grandi dubbi sulla concreta realizzazione di simili progetti. Non è andato a buon fine, mentre imprese e comunità locali non aspettano che la partenza dei cantieri di lavoro. Molto simile alla fiducia arrivata da Bruxelles. È ancora pensabile dire no all’Europa?