Riunire una vasta selezione di pezzi realizzati prevalentemente dagli anni 80 ad oggi, la metà dei quali è esposta per la prima volta dalla Pinault Collection, sottolinea la passione e l’impegno di François Pinault per l’arte contemporanea diretta con i nostri tempi.
Prendendo in prestito il titolo da un racconto filosofico di Voltaire, questo racconto mostra della Collezione Pinault rivela “l’acuta consapevolezza del presente” tra gli artisti, secondo il suo commissario Jean-Marie Gallais. Personaggi affermati (Maurizio Cattelan, Damien Hirst, Jeff Koons, Cindy Sherman, Sturtevant, Rosemarie Trockel…) ad una generazione di artisti più giovani (Anne Imhof, Mohammed Sami, Pol Taburet, Salman Toor…), le scelte di François Pinault, collezionista, ha sempre rispecchiato questa passione per un’arte in sintonia con la sua tempo, impegnato o semplicemente osservatore, provocatorio o più oscuro
Il percorso espositivo
Si inizia con Mohammed Sami che con la sua Opera mette in risalto luce l’ambivalenza di un mondo tormentato. Nato nel 1984 a Baghdad, Mohammed Sami è emigrato in Svezia nel 2007, prima di stabilirsi a Londra dove ha studiato belle arti. I suoi dipinti prendono spesso i ricordi come punto di partenza. in ambientazioni immaginarie.
Segue Liu Wei con un’opera con supporti di conoscenze distolti dalla loro funzione primaria capaci di creare paesaggi urbani tremolanti. Liu Wei riflette sul caos del mondo, dei sistemi e meccanismi di potere che sono al centro delle principali metamorfosi sociali.
Goshka Macuga presenta due arazzi monumentali. Nella prima parte viene rappresentata una folla di afghani e occidentali si sono radunati davanti alle rovine del Palazzo Darulaman, un edificio del Stile europeo situato a Kabul. Il secondo arazzo raffigura invece un gruppo di attivisti e personalità del mondo dell’arte, tra cui l’artista stessa, si riunivano nei giardini dell’Orangerie di Kassel, architettura reale del XVIII secolo europeo. Questi due ambienti storici hanno in comune il fatto di essere stati parzialmente distrutti nel XX secolo.
Per Sigmar Polke vanno in scena animali, clown e acrobati. Prendendo vita su a sfondo bicolore su cui è dipinta una vecchia fotografia di una strada “nuvola di punti”, queste “figure circensi” – come il titolo dell’ opera – appaiono orchestrati da uno sguardo infantile.
Una breve panoramica di alcune opere esposte
Quando gira attorno a questa figura inginocchiata, il visitatore ne scopre l’identità di Hitler quando avrebbe potuto aspettarsi quello di una persona innocente. Tutti i problemi di questo lavoro di Maurizio Cattelan sta nel paradosso che raffigura: il corpo di un bambino e il volto dell’orrore criminale, attraversato dall’intera storia collettiva di uno dei più grandi traumi del 20 secolo. Intitolando questo ritratto Him (2001), l’artista italiano si riferisce anche a lui a “Lui”: quello che facciamo fatica a nominare, a distinguere, quello che vediamo da lontano e da dietro, all’inizio, e che diventa, girandogli intorno, questo adulto in ginocchio, il
mani incrociate, forse pregando.
La fotografa Cindy Sherman appare qui un ritratto sapientemente composto, come il simulacro di una vecchia fotografia di moda o film. Quest’ultimo fa parte di una serie di ritratti di donne anziane. Guanti tubino, abito di raso, boa di pelliccia: tutto dentro l’aspetto della donna ritratta in questa grande fotografia evoca un fascino d’altri tempi della moda femminile associata al periodo tra le due guerre. La sua posa congelata con gesti codificati, quasi obsoleto, soddisfa anche gli standard riscontrati nei ritratti di stelle del cinema dell’epoca.
La decadenza del potere di Sun Yuan e Peng viene rappresentata d figure maschili iperrealistiche trasportate su sedia a rotelle elettriche, una danza di corpi macabri rannicchiati, addormentati. Nello stupore di questa scena silenziosa, assurdo e caotico, si aggiunge una stridente ironia quando pensiamo di riconoscere-senza identificarli chiaramente: i tratti dei grandi leader mondiali, del passato e del passato presenti: politici, militari, religiosi, dittatori, filosofi… tutti sono limitati la loro possibilità di azioni e movimenti. I vecchi di Sun Yuan e Peng Yu incarnano qui sia una visione patriarcale e patologica del potere che la decadenza delle autorità leader, a sostegno della senilità e della voglia di esistere.
Giovane artista della Collezione Pinault, Pol Taburet nutre i suoi dipinti di riferimenti eterogenei presi in prestito tanto da clip e cartoni animati hip-hop quanto da Voodoo caraibico e mitologia greco-romana. Su fondi piatti colorati, l’artista mette in scena apparizioni di personaggi e oggetti, spesso animati o adornati da volti con occhi rossi penetranti e bocche con grillz scintillante: queste protesi sono fatte di metallo prezioso eretto a simbolo di successo dai rapper).
Salman Toor dipinge la messa in scena di personaggi (arlecchini, clown tristi, marionette) tra la commedia e sogno, cosparso di riferimenti alla storia dell’arte occidentale. Dà loro un tono contemporaneo e queer, andando contro il contesto generalmente omofobico in cui si trova cresciuto in Pakistan. Ora naturalizzato americano, mette in gioco nel suo lavoro la vulnerabilità dell’identità, la scissione, l’ansia o l’apprensione dell’immagine che rimandiamo se stesso. Ritornano gli stessi personaggi, eroi dalla pelle scura e dal corpo esile, e sono tanti gli autoritratti dell’artista o del suo compagno, rappresentati come attori e migranti alla vita bohémien. Questi personaggi stanno cercando il loro posto e si ritrovano a volte isolati, a volte accompagnati, come nelle danze di Ghost Ball , composizione vorticosa il cui sfondo verde evoca atmosfere notturne, irreali, ma anche la tossicità del veleno.
Nel 1974 Kiki Kogelnik creò i suoi primi pezzi in ceramica su iniziativa della sua amica ceramista Renate Fuhry, conosciuta a Vienna e che qui rappresenta come un motociclista futuristico. Questo ritratto fa parte di una serie di teste femminili che l’artista modella come avatar meccanici, smembrati, trasformati. In un’epoca segnata dalla conquista dello spazio e della Guerra Fredda, così come dell’evoluzione delle tecnologie, Kogelnik non esita a immergersi nella cultura pop circostante per catturare un’estetica da cartone animato.
Presentato per la prima volta dalla Collezione Pinault durante la mostra “Debout!”. (2018) al Couvent des Jacobins, a Rennes, Dino fa parte dei “cantieri” di Bertrand Lavier. Questi ensemble, nati negli anni ’80 e che coesistono tra loro, possono essere assunti dall’artista in qualsiasi momento. La Ferrari, presentata come in una discarica, fa parte del progetto già distrutto, quindi evolvendosi la storia del ready-made. “L’esplosione del ready-made che rende inaccettabile la morte” secondo l’artista ha scelto un’auto leggendaria e di grande valore economico il cui incidente non ha causato morti né feriti gravi, ma che ha una forte carica emotiva e suggerisce una narrazione di fondo. La scultura, attraverso la potenza del suo impatto visivo e il L’approccio artistico utilizzato mette in discussione anche lo status di un’opera d’arte.
Altri artisti presenti: Peter Fischli & David Weiss, Robert Gober, Damien Hirst, Jeff Koons, Wolfgang Tillmans, Rosemarie Trockel, Christopher Wool, Luc Tuymans, Franz West, Marlene Dumas, Martin Kippenberger, Frank Walter, Sturtevant,
Opera di copertina: Sun Yuan & Peng Yu, Waiting, 2006, Fibra di vetro, silicone, piuma, 127 × 75 × 164 cm. Collezione Pinault © Tadao Ando Architect & Associates, Niney e Marca Architectes, agenzia Pierre-Antoine Gatier. Foto: Aurélien Mole / Collezione Pinault.