Condividi

FOCUS ENERGIA/3 – L’Italia come hub elettrico del Mediterraneo, opportunità e obiettivi

FOCUS ENERGIA/3 – L’Italia ha tutte le caratteristiche per giocare un ruolo di hub elettrico del Mediterraneo – Tuttavia, considerate le attuali condizioni di marcato, il ruolo di hub sarebbe probabilmente molto più utile all’Europa – Ma l’Italia può rappresentare un ruolo di stabilizzare molto importante, con ricadute positive sul nostro sistema elettrico.

FOCUS ENERGIA/3 – L’Italia come hub elettrico del Mediterraneo, opportunità e obiettivi

Fare dell’Italia un hub elettrico del Mediterraneo; è da ormai qualche anno che si dibatte il tema certamente strategico e importante per il mercato italiano ed europeo dell’energia. Quali opportunità e quali limiti di questa strategia? Ma, soprattutto, quali gli obiettivi da perseguire? 

Le interconnessioni esistenti. Vale la pena, prima di ogni cosa, ricordare come l’Italia in un certo senso sia già un hub elettrico del Mediterraneo. Certo, vi sono margini di miglioramento in termini di congestioni di rete, ma grazie ai numerosi investimenti fatti dal gestore delle RTN (rete di trasmissione nazionale, cioè Terna) l’Italia è attualmente uno dei Paesi con la frontiera elettrica tra le più robuste d’Europa, con ben 22 linee di interconnessione già attive: 12 con la Svizzera, 4 con la Francia, 2 con la Slovenia, 2 con la Corsica, 1 con l’Austria e 1 con la Grecia. Quali sono stati i driver di questi investimenti? Essenzialmente due:

1. Ottenere energia elettrica a basso costo; 
2. Accrescere la sicurezza del sistema elettrico dell’Italia (e dei paesi confinanti) in caso di black-out.

I nuovi progetti di interconnessione. Circa un quinquennio fa si sono iniziati a discutere nuovi progetti di interconnessione, in particolare con i Balcani e il Nord Africa. Cosa ha spinto a ipotizzare queste nuove linee? Pur rendendoci conto della eccessiva semplificazione della proposizione che segue, la risposta è una: importare elettricità da fonti rinnovabili per raggiungere gli obiettivi europei al 2020. Sembra incredibile oggi ma non sicuramente allora: vale la pena ricordare che i documenti ufficiali governativi stimavano in 8 GW il potenziale massimo teorico installabile con il fotovoltaico in Italia (mentre oggi siamo già a oltre 17 GW). E, come vedremo, potrebbe paradossalmente valere il contrario e cioè esportare elettricità in paesi che ne hanno forte esigenza.

Vecchie e nuove priorità per il mercato elettrico italiano. Dal 2008, come è evidente, sono cambiate molte cose. Gli obiettivi elettrici al 2020 previsti dalla UE sono stati raggiunti con otto anni di anticipo; la capacità installata del parco elettrico italiano è più del doppio della domanda di punta; i consumi hanno arrestato la loro crescita e sono iniziati a calare; le centrali alimentate a combustibili fossili, in particolare a gas, lavorano meno di 3.000 heq l’anno. Il tutto in un contesto in cui  il prezzo dell’elettricità per gli utenti finali non sembra scendere o cala di molto poco. Le priorità per il mercato elettrico italiano sono dunque profondamente mutate rispetto a cinque anni fa:
1. Diminuire il costo dell’elettricità per gli utenti finali;
2. Trovare nuovi mercati/settori di sbocco per gli impianti fossili che viaggiano a scartamento ridotto e in molti casi si trovano vicini alla bancarotta (alcuni sono già stati demoliti). 

La costruzione di nuove infrastrutture elettriche, qualunque esse siano, dovrà incidere almeno su uno di questi due punti. In un periodo di scarse risorse finanziarie e di crisi economica, non ci si può permettere di “divagare”. 

Opportunità e rischi delle nuove interconnessioni. Tutto ciò premesso, come si inquadra in tutto questo il progetto di fare dell’Italia un hub elettrico del Mediterraneo? La risposta non è univoca. Parliamo del Nord Africa: in un contesto di sovraccapacità produttiva e di calo della domanda, spendere  per infrastrutture destinate ad importare  elettricità verde perde gran parte delle sue ragioni. Alcune, clamorose, uscite dal progetto Desertec (Siemens, Bosch) sono a dimostrarlo. Il Nord Africa ha un grande fabbisogno di energia e, forse, una interconnessione potrebbe trovare giustificazione nell’export di energia dall’Italia verso il Nord Africa. Ma qui, purtroppo, sorge un problema non da poco: quello dei prezzi. Come è noto, in Nord Africa le tariffe, in gran parte prezzi amministrati dal Governo, sono sensibilmente più basse rispetto all’Italia e all’Europa. Va aggiunto che sui progetti di collegamento col Nord Africa penda la spada di Damocle dell’elettrodotto Sorgente-Rizziconi: su questo si veda l’articolo di Stefano Clerici su questa testata. 

In un momento come l’attuale sembrerebbe invece preferibile che nuovi impianti siano costruiti in loco per far fronte al fabbisogno locale: si tratta di una opportunità rilevante per l’industria italiana. Ciò vale sia per le rinnovabili ma anche per le fossili;   su quest’ultimo punto, vale la pena ricordare come RWE stia trasferendo alcuni suoi CCGT in Turchia. Potrebbe essere una strada percorribile anche dall’Italia. Un discorso molto simile vale anche per i Paesi dell’area dei Balcani. 

Diverso il discorso per le interconnessioni con l’Europa e, in particolare, con la Francia. Come è noto la Francia ha un prezzo dell’elettricità più basso rispetto all’Italia. Aumentare l’import da questo paese contribuirebbe sicuramente a diminuire il costo dell’elettricità in Italia. D’altro canto, in una situazione di over-capacity, ampliare le importazioni potrebbe portare al fallimenti di numerosi impianti con tutte le ricadute occupazionali, industriali e, perché no, fiscali del caso. Va inoltre precisato come a nostro avviso non sia auspicabile un aumento della dipendenza energetica. 

Tuttavia, una maggiore interconnessione con la Francia e altri paesi europei potrebbe avere anche ricadute positive. Se è vero che la Francia ha prezzi dell’elettricità più bassi dell’Italia, va altresì evidenziato che il suo parco centrali sia tra i meno flessibili d’Europa. L’aumento della produzione da rinnovabili non programmabili sta ponendo criticità non indifferenti al sistema elettrico francese. In questo quadro l’Italia potrebbe giocare un ruolo rilevante da “stabilizzatore” del mercato francese (e in prospettiva anche di altri paesi). Nuova domanda (oltretutto a prezzi di picco) per le centrali CCGT e a pompeggio italiane che nel 2011, secondo i dati del GSE, hanno lavorato in media rispettivamente per 2.633 e  249 (!!!) ore.

Conclusioni: Italia come hub europeo. In conclusione, l’Italia ha tutte le caratteristiche per giocare un ruolo di hub elettrico del Mediterraneo. Tuttavia, considerate le attuali condizioni di marcato, il ruolo di hub sarebbe probabilmente molto più utile all’Europa e, in particolare, a paesi come Francia e Germania che, come detto, sono carenti di produzioni flessibili. In questo quadro il nostro Paese potrebbe giocare un ruolo davvero di “stabilizzatore” molto rilevante, con ricadute positive sul sistema elettrico nostrano nonché su quello europeo più in generale. 

FOCUS ENERGIA/1
FOCUS ENERGIA/2 

Commenta