Ad aprile l’export italiano ha registrato il primo calo su base annua (-1,7%) da gennaio 2010. Il rallentamento ha interessato soprattutto le vendite verso i paesi dell’area Euro, che da soli coprono il 42,5% dell’export italiano. Tra i principali clienti delle esportazioni italiane nel corso degli ultimi venti anni ad aver perso peso è stata soprattutto la Germania: nel 1991 le vendite di merci del Bel Paese in terra tedesca coprivano circa il 21% dell’export complessivo, mentre oggi non superano di molto il 13%.
Per i Paesi al di fuori della Ue 27 i dati disponibili permettono di arrivare a maggio, mese durante il quale si è registrata una crescita del 14,1% anno su anno. Tale valore nasconde però un calo consistente delle vendite verso la Cina (-11,8% tra gennaio e maggio). Le vendite verso il gigante asiatico scendono ininterrottamente da cinque mesi su base annua. In virtù di tale andamento, la quota cinese sull’export italiano nel primo quadrimestre dell’anno scende al 2,3% dal 2,5% dell’anno precedente. Per l’India quello di maggio è il settimo calo consecutivo su base annua.
La distribuzione delle imprese esportatrici italiane continua a rimanere molto sbilanciata verso la piccola dimensione: la maggior parte (61,8% del totale, pari a 126.968 unità) realizza sui mercati internazionali non più di 75mila euro di fatturato. Le imprese che vendono all’estero prodotti per oltre 50 milioni di euro sono solo 1.038 (lo 0,5% del totale), ma spiegano oltre il 50% del valore esportato dal Paese.
Tra i singoli paesi è la Germania il principale polo di attrazione: sono infatti 68.648 le imprese che vendono beni nel paese, per un valore medio che si conferma il più elevato: 715mila euro per operatore. Al secondo posto compare la Francia (67.047 imprese), seguita dalla Svizzera e dalla Spagna. In termini di ammontare del valore medio esportato, dietro la Germania compare ancora una volta la Francia seguita da Stati Uniti e Regno Unito, ma valori consistenti si osservano anche in alcuni mercati emergenti, tra cui Turchia (543mila euro in media) e Russia (440 mila euro). Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il grado di dispersione è molto elevato, e i valori medi non sono rappresentativi del reale giro d’affari delle imprese coinvolte. Tale fenomeno è più comune soprattutto in Francia, Svizzera, Stati Uniti e Turchia.
Allegati: Focus n. 27 – 6 luglio 2012.pdf