2014: insieme al nuovo anno, anche un nuovo ventennio. Il ventennio, per l’Italia e per l’Europa della moneta unica, del rientro dei debiti pubblici eccessivi. Questo, infatti, prevede il Trattato sulla Stabilità, sul Coordinamento e la Governance dell’Unione economica e monetaria – il “Fiscal Compact” – sottoscritto dall’Italia come dalla stragrande maggioranza dei partner comunitari a Bruxelles il 2 marzo del 2012. Testualmente, l’articolo 4 del Fiscal Compact prescrive che “quando il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo di una parte contraente supera il valore di riferimento del 60% (…), tale parte contraente opera una riduzione a un ritmo medio di un ventesimo all’anno (…)”. Il dettato è chiaro come pure la sostanza. All’inizio del 2034 tutti i paesi dovranno avere un rapporto tra debito pubblico e PIL non superiore al 60 per cento. La differenza tra il livello attuale del “ratio” e la soglia obiettivo dovrà essere abbattuta al ritmo di una ventesima parte per ciascuno dei venti prossimi esercizi.
Per l’Italia la differenza in questione è pari a 73 punti percentuali dell’odierno valore del prodotto interno lordo. Per la media dell’Eurozona a 18 paesi l’eccesso da eliminare ammonta esattamente alla metà di quello dell’Italia, ovvero a 36 punti di prodotto. Per la Germania il sovraddebito si limita a venti punti percentuali di PIL. Per curiosità, all’inizio del 2014 risultano anticipatamente in regola con l’articolo 4 del Fiscal Compact solo cinque dei diciotto componenti la moneta unica. Parliamo di Estonia, Finlandia, Lettonia, Lussemburgo e Slovacchia. Messi insieme questi paesi contano per meno del cinque per cento dei 330 milioni di abitanti dell’eurozona. All’inizio del 2014, quindi, il 95 per cento dei cittadini, contribuenti ed elettori, della comune unione monetaria dovrebbe guardare con qualche attenzione agli effetti che il soddisfacimento della “debt rule” del Fiscal Compact comporterà per le diverse economie europee nei prossimi venti anni.
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