Un giusto equilibrio tra contrattazione nazionale e di secondo livello, che leghi gli aumenti degli stipendi al risultato operativo delle imprese per recuperare almeno dieci punti di produttività nei prossimi anni. Con i benefici di risultati migliori ripartiti tra azionisti e dipendenti, così come le conseguenze negative. E’ questa la posizione dell’Ania, l’associazione nazionale fra le imprese assicuratrici, nell’acceso dibattito in corso sulla produttività. Ecco l’intervista che Dario Focarelli, direttore generale dell’Ania dallo scorso settembre e prima capo economista dell’Associazione, ha rilasciato a Firstonline.
Firstonline – Direttore Focarelli, la trattativa sulla produttività è serrata, ci sono venti punti di competitività da recuperare di deficit con l’Europa, in questo confronto le assicurazioni come si pongono?
Dobbiamo rispondere alla sollecitazione del presidente Monti e arrivare al risultato condiviso di un meccanismo di contrattazione collettiva e aziendale che leghi strettamente l’eventuale aumento di stipendi all’aumento della produttività. Va ripensato il modello di contrattazione trovando un giusto equilibrio tra la contrattazione nazionale e di secondo livello, che per le assicurazioni è essenzialmente aziendale. Concordiamo con il presidente di Confindustria Squinzi sulla necessità di recuperare almeno dieci punti di produttività nei prossimi anni. La trattativa è molto serrata, non è facile.
Firstonline – Nel dettaglio per il settore assicurativo come si fa ad agganciare il salario alla produttività?
Si tratta di un tema che ho approfondito per più di venti anni nel corso della mia esperienza in Banca d’Italia. Analizzare e quantificare la produttività del sistema finanziario è problema molto articolato e complesso: non è facile definire il prodotto delle assicurazioni ed è altrettanto difficile allocarlo correttamente nelle varie linee di business. Tuttavia, nella sollecitazione del governo c’è un riferimento al risultato operativo delle imprese. I benefici di un miglioramento dei risultati, derivanti da recuperi di produttività, verrebbero ripartiti tra gli azionisti e i lavoratori (ad esempio con remunerazioni o bonus). Il corollario, però è che nel caso contrario, le conseguenze negative ricadrebbero un po’ su tutti.
Firstonline – È una strada percorribile?
Non è facile, finora abbiamo accordi dove le definizioni di produttività sono diverse a livello di singola azienda, molto spesso sono accordi in termini di produzione/volume/premio piuttosto che di risultati. Ma non è impossibile, in fondo è un settore dove la contrattazione di secondo livello ha un ruolo molto importante. Va detto che la firma di un accordo generale sulla produttività è solo propedeutica perché poi all’interno di ogni settore bisogna mettere i contenuti specifici.
Firstonline. Nel ddl Stabilità le polizze vita si sono salvate dall’Irpef ma il settore è stato colpito da altri interventi come l’aumento dell’acconto sulle riserve tecniche allo 0,5% dallo 0,35% nel 2012 e allo 0,45% nel 2013, qual è la vostra opinione?
L’impatto aggiuntivo rispetto all’aliquota dello 0,35% è pari a oltre 600 milioni il primo anno e ulteriori 400 milioni in quello successivo. Ciò non può che creare grandi difficoltà, soprattutto in termini di liquidità, proprio mentre registriamo una diminuzione della raccolta e un aumento, a causa della crisi economica, dei riscatti. Noi capiamo le esigenze di cassa dello Stato e sappiamo che mantenere l’obiettivo al 2013 è fondamentale per tutti. Ma il livello a cui questa tassazione indiretta, l’anticipo sulle riserve, è arrivato è veramente eccessivo: il nostro credito nei confronti dello Stato è oggi pari a 4,5 miliardi e salirebbe a 6 miliardi in due anni.
Firstonline – Come pensate di muovervi?
È chiaro che il settore in sede di conversione sta cercando di convincere il Governo e il Parlamento perché l’aggravio sia una tantum per il 2013 e per avere sia pure nel tempo un meccanismo di recupero di questo anticipo, soprattutto nel momento in cui si dovesse avviare il circolo virtuoso di rientro del debito. In qualche modo è un debito che lo Stato contrae sia pure in forme particolari e deve essere restituito.
Firstonline – Ci possono essere conseguenze sulle polizze vita?
Nel lungo periodo è possibile che si riduca, benché marginalmente, il rendimento per gli assicurati. Considerando che attualmente è già difficile offrire buoni rendimenti a fronte di tassi sui titoli di Stato ancora molto alti, si tratta di una notizia che non agevola la raccolta premi.
Firstonline- Gli ultimi dati indicano una nuova produzione Vita in calo del 15% nei primi otto mesi, come chiuderà l’anno?
Il dato è legato al fatto che per un lungo periodo abbiamo avuto rendimenti molto alti sui titoli di Stato e c’è stato un lieve spostamento dei flussi verso questi titoli. Per quanto riguarda la parte finale dell’anno prevediamo che, in presenza di una riduzione dello spread e dei tassi sui titoli di Stato, la raccolta acceleri e la riduzione complessiva scenda al 4-5%. Ma su questo scenario ci sono due grandi punti interrogativi.
Firstonline – Quali?
Il primo punto interrogativo è se ci sarà qualche effetto dall’intervento sulle riserve. Il secondo, certo più importante, è che noi speriamo che lo spread ritorni verso i 200 punti base, valore che la Banca d’Italia stima essere coerente con i fondamentali macroeconomici, ma siamo ancora a quota 350. Se lo spread scendesse ne beneficerebbe anche la commercializzazione delle polizze a seguito della riduzione dei rendimenti dei titoli di Stato.
Firstonline- Le ultime norme si aggiungono a quelle sul decreto sviluppo-bis, in particolare la norma che permette agli intermediari assicurativi di adottare forme di collaborazione reciproca anche se agiscono quali monomandatari, che le compagnie hanno criticato duramente.
Per quanto riguarda la questione della c.d “libera collaborazione” degli intermediari abbiamo una contrarietà assoluta per diversi motivi. Il primo è assolutamente di buon senso: il cliente si troverà a dover pagare due intermediari invece di uno ed e’ impossibile dimostrare che allungando la filiera di distribuzione il cliente paga di meno. Poi c’è una questione industriale molto importante: le assicurazioni distribuiscono con una rete essenzialmente agenziale e il valore della rete è in parte il valore della compagnia. Se un agente vende i prodotti di una compagnia diversa dalla propria probabilmente nel lungo periodo fa un danno a se stesso, perché perderà il cliente, ma certamente lo fa alla compagnia.
Firstonline – Ma un’altra compagnia ne beneficerà favorendo la concorrenza.
È possibile, ma ritorno al primo punto: nessuno in buona fede può affermare con certezza che ne beneficerà il consumatore.. Anche perché la legge prevede un obbligo ancora più incredibile, oltre che impossibile da realizzare: che esista una piattaforma comune tra le compagnie per cui un agente ha contatti con la compagnia dell’altro agente, un perfetto sconosciuto, e lo fa in via informatica. È come se in una banca le vendessero non solo il mutuo di un’altra banca ma lo facessero on line direttamente tramite i sistemi informatici dell’altro istituto. Per tutte queste ragioni, questo testo dovrebbe essere stralciato.
Firstonline – Nel confronto con l’estero come si pone questa norma?
Si tratterebbe di un caso unico, in quanto si sommerebbe al fatto che l’Italia è l’unico Paese al mondo a vietare esplicitamente la clausola di esclusiva (il c.d. monomandato) nei rapporti tra compagnie e agenti. In altri paesi non è vietata la collaborazione, ma è previsto il monomandato ed impensabile è che, a fronte di un rapporto contrattuale, uno dei due soggetti violi tale rapporto senza neanche informare l’altra parte. Noi, invece, teniamo molto a non incrinare il rapporto fiduciario tra l’agente e la compagnia.
Firstonline – Avete una proposta alternativa per trovare un compromesso tra le esigenze di liberalizzazione del legislatore e quelle di tutela della rete agenziale?
In questo momento il nostro compito è far comprendere le ragioni del settore. Ad esempio, si sente dire spesso che c’è poca mobilità dei clienti con ripercussioni negative sui prezzi. Ricordo, che uno studio di Capgemini dimostra che l’Italia è il secondo Paese in Europa, dopo l’Inghilterra, per mobilità dei clienti. Si ritiene che ci sia poca mobilità ? È possibile che ciò sia vero ma che la mobilità abbia un effetto diretto col prezzo è molto difficile da dimostrare, anzi il nesso causale è forse diverso.
Firstonline – In che senso?
Tendenzialmente i consumatori prima ricevono la notizia di un aumento e poi tendono a spostarsi. Tanto è vero che nel Regno Unito c’è molta più mobilità e i prezzi negli ultimi anni sono aumentati molto di più che da noi. Così il fatto che in Italia c’è una significativa mobilità testimonia che esiste il problema dei prezzi, ma che si voglia curare il problema dei prezzi con la mobilità è probabilmente la ricetta sbagliata. Noi siamo convinti che si curi riducendo i sinistri e i loro costi e bisogna operare quindi su tutti i fattori che in qualche modo hanno effetto sul costo complessivo dei sinistri.
Firstonline – Tornando alle polizze Vita, mi sembra si vada nella direzione opposta a quella auspicata qualche tempo fa di alleggerimento fiscale per favorire la diffusione in ottica di complementarietà al sistema di welfare statale.
Nel ddl stabilità c’è una stretta in termini di franchigia sui fondi sanitari che usufruiscono di una deduzione dal reddito ma non c’è sulla previdenza complementare. Invece sulle polizze vita oggi è ammessa la detrazione fino a 1.291 euro, mentre si prevede nel ddl una franchigia di 250 e un tetto complessivo di tutte le detrazioni – incluse quelle previste per i mutui – di 3000 euro. Si tratta delle polizze vita con contenuto di copertura caso morte e Long term care: oltre 6 milioni di contribuenti portano in dichiarazione questa spesa. Dobbiamo perciò sottolineare che stringere su queste detrazioni penalizza la domanda di sicurezza e protezione dei cittadini. Da questo punto di vista il prossimo governo avrà il problema opposto, come ridisegnare i confini del welfare dello Stato e come convincere i cittadini a fare delle scelte di responsabilità e di andare a coprire loro stessi alcuni dei rischi che lo stato per qualche motivo non copre più.