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Fmi taglia le stime e attacca su Iva e banche

Il Fondo monetario internazionale taglia nuovamente le stime sull’andamento dell’economia globale, stavolta a causa della Brexit. L’esito imprevisto del referendum britannico ha indotto l’istituzione di Washington a ridurre dello 0,1% le previsioni per quest’anno e per il prossimo, portandoli rispettivamente a +3,1 e un +3,4%.

Sembra una limatura poco significativa, ma rappresenta un’inversione di tendenza, perché fino alla consultazione dello scorso 23 giugno l’Fmi contava di rivedere le stime al rialzo.

Come anticipato nei giorni scorsi, secondo il Fondo la crescita dell’Italia si riduce ora allo 0,9% quest’anno e all’1% il prossimo. Per quanto riguarda l’Eurozona, nell’aggiornamento del World economic outlook, l’ente guidato da Christine Lagarde prevede una crescita dell’1,6% nel 2016 e dell’1,4% nel 2017, a fronte dei rispettivi +1,5% e +1,6% stimati in aprile. A pagare il prezzo più pesante dell’incertezza globale sarà proprio il Regno Unito, per il quale l’Fmi pronostica ora un +1,7% per quest’anno (-0,2% rispetto alle stime dello scorso aprile) e un +1% per il prossimo (-0,9%).

“Il peggioramento delle stime – scrive il Fondo – riflette la conseguenza macroeconomica di una notevole crescita delle incertezze, sul piano politico compreso”. Incertezze che peseranno sulla fiducia e sugli investimenti, nonché sulla propensione generale dei mercati finanziari.

Tornando all’Italia, il Fondo spiega i motivi del taglio: “L’accumulazione di debiti fiscali è allarmante, i problemi strutturali devono essere affrontati urgentemente” Tra le cause spiccano soprattutto “il debole sistema di dichiarazioni Iva” e la «duplicazione o la suddivisione delle revisioni e delle indagini fiscali” attribuite a diversi soggetti. Le entrate, evidenzia il Fmi all’interno del report, “sono elevate ma i risultati della riscossione delle imposte principali presentano un andamento altalenante; l’efficienza della riscossione dell’Iva è bassa”. Secondo gli economisti di Washington, “si fa grande affidamento sulle ritenute sul reddito da lavoro” ed anche se “il gap Iva si è ridotto negli ultimi anni, con una percentuale del 30%, risulta ancora essere tra i più alti in Europa”.

Il risultato di tutto ciò è sotto gli occhi di tutti. L’efficienza Iva italiana è “tra le più basse in Europa e la gestione dell’imposta è debole”. 

Nel rapporto si parla anche del sistema bancario europeo, nel quale “persistono vulnerabilità”, soprattutto per quanto riguarda Italia e Portogallo. Di conseguenza, Washington invita ad agire “velocemente e con decisione per garantire resistenza al sistema finanziario rispetto al protratto periodo di incertezza e turbolenza che potrebbe presentarsi”.

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