Nemmeno l’Asia è immune dalla crisi che sta mettendo in ginocchio gli Stati Uniti e l’Europa. Anzi, il malessere dei paesi sviluppati influisce anche sulle sorti delle economie emergenti dell’oriente, creando non poche preoccupazioni per il futuro.
Tant’è vero che il Fondo Monetario Internazionale ha parlato chiaro: “Dopo una buona partenza nel primo trimestre del 2011, l’attività economica è rallentata in Asia”, ha indicato nel proprio rapporto. Così l’Fmi ha corretto il tiro sulle previsioni, stimando che l’Asia crescerà di circa il 6,3% nel 2011 e del 6,7% nel 2012, contro le precedenti indicazioni del 6,8% e 6,9%. Nel 2010, la crescita dei paesi asiatici era ammontata complessivamente all’8,3%.
Non solo: i recenti dati macro sulla Cina, la seconda economia al mondo, hanno registrato un Pil la cui crescita è sensibilmente rallentata: dal 10,4% del 2010 al 9,7% del primo trimestre 2011, per arrivare al 9,1% dell’ultimo trimestre preso in esame, quello che si è chiuso il 30 settembre scorso.
Il motivo della frenata? Secondo l’Fmi la vasta area geografica potrebbe appunto subire l’andamento a singhiozzo dell’economia degli Stati Uniti e il problema del debito dei Paesi europei. Non a caso l’organizzazione ha consigliato alle nazioni asiatiche, per l’avvenire, di condurre una politica che permetta di creare una dinamica interna più forte per resistere meglio agli shock esterni.
“La stasi della domanda nei paesi ricchi e l’interruzione della catena delle forniture dopo il terremoto e lo tsunami in Giappone hanno portato a un calo generalizzato della produzione industriale e delle esportazioni in Asia”, spiega il fondo monetario internazionale.
“L’economia asiatica non si è infatti ancora disaccoppiata da quella delle nazioni avanzate”, è scritto nel rapporto dell’Organizzazione. Pertanto, “in prospettiva – ha avvertito l’Fmi – la crisi delle economie avanzate è monito per l’Asia della necessità di compiere ulteriori progressi verso un riequilibrio economico e per lo sviluppo di motori più potenti della crescita”.
Del resto negli ultimi mesi anche l’India sta registrando un’evidente frenata. Al punto che Moody’s ha indicato di prevedere che per la metà del 2012 la crescita del prodotto interno lordo indiano dovrebbe essere pari al 6,5% dal 7,8% del primo semestre 2011. La stessa Opec ha tagliato per il terzo mese consecutivo le previsioni di crescita della domanda globale di petrolio (a quota 87,81 milioni di barili) proprio in modo da tenere conto non solo delle incertezze dell’economia mondiale, ma anche della debolezza delle prospettive di Cina e India.
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