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Fmi: alla Grecia servono 50 miliardi in 3 anni

Le finanze della Grecia si sono ulteriormente deteriorate “perché Atene è stata troppo lenta nel varare le riforme economiche necessarie”. Lo afferma il Fondo Monetario Internazionale in un’analisi presentata al board esecutivo lo scorso 26 giugno e presentata oggi, in cui si sottolinea come lo scorso anno si prevedeva un calo del debito greco al 128% del Pil: ora il debito è tornato a viaggiare verso il 150% entro il 2020. In caso di shock economici, come nell’Ipotesi Grexit, secondo le stime sempre dell’Fmi il debito/Pil viaggerebbe nel 2017 intorno al 200%.

Motivo per il quale, secondo il Fondo, la Grecia ha bisogno di nuovi fondi dai suoi creditori europei per un ritorno alla sostenibilità del debito, che potrebbe invece schizzare in caso di Grexit. Comunque, il Fondo calcola un fabbisogno di ulteriore finanziamento di 50,2 miliardi tra l’ottobre di quest’anno e il dicembre 2018. Riconoscendo l’insostenibilità del debito ad Atene, l’istituto di Washington spiega come gli sforzi sul piano delle riforme nell’ultimo anno siano stati scarsi e che la nazione ellenica deve rimettersi in carreggiata ma per ridare resèpiro alle finanze esauste del Paese “come minimo, la scadenza dei prestiti europei deve essere estesa significativamente mentre nuovi finanziamenti europei dovranno essere forniti in termini simili affinché Atene possa soddisfare le sue esigenze finanziarie negli anni a venire”. Inoltre, la situazione non potrà che peggiorare se gli impegni sul fronte delle riforme si indeboliranno ulteriormente, tanto che “haircut sul debito diventeranno necessari”, sostiene l’Fmi.

Intanto l’uscita della Grecia dall’euro, secondo Standard & Poor’s, costerebbe all’Italia 11 miliardi di euro per finanziare il debito. E’ quanto emerge da una simulazione sugli effetti della Grexit, sulla quale si saprà qualcosa in più la prossima settimana, dopo l’esito del referendum indetto dal premier Alexis Tsipras: secondo l’agenzia di rating statunitense il principale impatto sarebbe sul mercato dei capitali in quanto farebbe tornare una componente di rischio sui bond dei Paesi considerati più vulnerabili. 

S&P calcola infatti che per il 2015 e il 2016 il finanziamento del debito pubblico dei Paesi dovrebbe salire di 30 miliardi, ma questo incremento sarà distribuito in modo disomogeneo. L’Italia dovrebbe affrontare l’incremento maggiore con 11 miliardi di euro.

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