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Fitto, stallo su nomine e nuova Commissione Ue in bilico: scontro tra socialisti e Ppe. Von der Leyen accusata di flirtare con la destra 

Imagoeconomica

È un’Europa fragile, divisa e impreparata quella che si trova ad affrontare tutte le incognite e i rischi (a cominciare dalle possibili guerre commerciali) connessi con la nuova amministrazione americana guidata da Donald Trump. Mentre il nuovo presidente americano chiude in poche battute le caselle più importanti della sua squadra, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen tarda a trovare un accordo sui nomi dei 26 commissari ritardando quindi la data possibile per l’avvio della nuova Commissione. Von der Leyen viene apertamente accusata dai socialisti di S&D di spostare verso la destra più conservatrice (fino a quella dei patrioti) l’asse politico del nuovo esecutivo europeo. I Liberali, insieme alla presidente dell’Europarlamento Metsola si stanno assumendo l’onere di fare da mediatori in questa difficile partita ma tutto lascia supporre che prima della metà della prossima settimana un accordo non verrà trovato.

Un’Europa fragile e divisa: come affrontare Trump?

Occorre però fare in fretta perché un’Europa senza governo sarebbe la risposta peggiore per aprire un dialogo con la nuova amministrazione Usa. C’era chi nelle capitali europee aveva tirato un respiro di sollievo pensando che Trump potesse nominare Marco Rubio segretario di Stato e Mike Waltz consigliere per la sicurezza nazionale. Scelte in qualche modo gestibili e rassicuranti, ma il sollievo è durato poco. Non solo per la nomina di Elon Musk (sia pure in una posizione esterna all’amministrazione) ma per Tulsi Gabbard direttrice dell’intelligence nazionale, ex membro democratico del Congresso delle Hawaii che non ha alcuna esperienza nell’intelligence ed è conosciuta per le sue opinioni favorevoli a Vladimir Putin e Bashar al-Assad. Assoluta mancanza di esperienza anche per Pete Hegseth, conduttore di Fox News come segretario alla difesa. Come procuratore generale, Trump ha scelto Matt Gaetz già indagato dalla Commissione etica della Camera, nomina che ha scioccato perfino ai repubblicani. Nomine tutt’altro che professionali, che potrebbero incontrare ostacoli nel passaggio al Senato.

Su questa sponda dell’Atlantico le cose non vanno meglio. Manca l’accordo sulla prossima squadra di commissari europei. Ieri la von der Leyen ha tenuto una riunione con i capigruppo delle principali famiglie politiche: per il Ppe Manfred Weber, per i socialisti Iratxe García e per Renew Europe Valérie Hayer. Si è ancora lontani da un accordo sul via libera definitivo alla squadra della nuova Commissione per cui la data di inizio possibile per l’avvio dell’esecutivo per il 1° dicembre potrebbe slittare anche all’anno prossimo dando alla von der Leyen meno tempo per prepararsi all’era Trump.

Veti incrociati e impasse: la battaglia per i Commissari Ue in scadenza

Gli eurodeputati hanno finora dato il via libera provvisorio a 19 dei 26 commissari ma l’ungherese Olivér Várhelyi e tutti e sei i vicepresidenti esecutivi (Teresa Ribera, Raffaele Fitto, Kaja Kallas, Stéphane Séjourné, Henna Virkkunen e Roxana Mînzatu) sono ancora in attesa di approvazione. L’intera lista deve essere votata entro e non oltre il 28 novembre.

Un gioco di veti incrociati sta bloccando il processo. Il Ppe insiste affinché l’ungherese Várhelyi passi così come venga accettata la vicepresidenza a Fitto. Chiedono anche che la socialista Teresa Ribera accetti di dimettersi nel caso in cui venisse accusata di responsabilità nel suo ruolo di ministro per la transizione ecologica in Spagna per le inondazioni che a Valencia hanno causato più di 200 morti. I più agguerriti sono i popolari spagnoli ma Iratxe García, leader dei socialisti, ha accusato il Partito Popolare spagnolo di Pons, che governa la regione di Valencia, di avere precise responsabilità nel mancato allarme per le inondazioni.

Fitto, Ribera e il rompicapo delle vicepresidenze Ue: chi avrà la meglio?

I socialisti (sostenuti anche dai verdi) chiedono di separare i fatti spagnoli dal via libera alla vicepresidente Ribera e che Fitto venga retrocesso dal suo ruolo di vicepresidente esecutivo. L’accordo di luglio, dicono i socialisti, prevedeva il via libera a cinque vicepresidenti della coalizione di centro sinistra. Se la von der Leyen ora vuole a dare a Fitto la vicepresidenza, si trovi un’altra maggioranza. La premier italiana Giorgia Meloni attacca i socialisti per aver insinuato che “l’Italia non merita di avere una vicepresidenza della Commissione”. Per tentare di trovare un punto di intesa la leader di Renew Valérie Hayer e il capo del Parlamento Roberta Metsola stanno fungendo da mediatori. “C’è ancora tempo”, ha detto Metsola. Una delle ipotesi di mediazione prevederebbe la riduzione delle deleghe all’ungherese Várhelyi ma resta il problema di come togliere la vicepresidenza a Fitto. Se Weber, García e Hayer non riescono a trovare un approccio sui vicepresidenti, le commissioni potrebbero tenere votazioni segrete con tutti i rischi che ciò comporta. A quel punto Weber sarebbe costretto a trovare voti anche dall’estrema destra, proprio quelli che in Germania fanno capo all’Afd che si scontrerà alle elezioni di febbraio in Germania con la Cdu dei popolari. Un bel puzzle da far quadrare.

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