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Fisco, si stringe il cerchio sulle multinazionali

CONVEGNO LUDOVICI&PARTNERS- I casi di Fca e Starbucks come quelli di Google e Facebook sono destinati a non ripetersi con l’arrivo di nuove e più severe regole che saranno ratificate dai governi Ocse a novembre nell’ambito del progetto Beps. Le nuove regole su transfer pricing e gli obblighi di country reporting renderanno più difficile l’erosione fiscale.

Fisco, si stringe il cerchio sulle multinazionali

Se le nuove linee guida rese note lo scorso quattro ottobre dall’OCSE fossero state operative, i casi Fca e Starbuck non ci sarebbero stati. O almeno non con la stessa gravità. “Le nuove regole sul transfer pricing chiariscono che sulla tassazione ha molto più peso la realtà sottostante, dove veramente viene prodotto il reddito che la forma contrattuale. Tutto ciò per assicurarsi che i risultati della tassazione siano conformi con la realtà economica”, ha spiegato a FIRSTonline l’avvocato Raffaele Russo, responsabile del progetto Beps a margine del convegno organizzato ieri a Milano da Ludovici&Partners “Beps, from vision to reality”. “Inoltre con le nuove regole i Paesi dovranno scambiare informazioni sui ruling che hanno un impatto sulla base imponibile di altri Paesi. Questo sicuramente determinerà una maggiore conoscenza di quello che queste multinazionali stanno facendo, permettendo alle amministrazioni di muoversi di conseguenza”.

Multinazionali e paradisi fiscali

Il progetto Beps (Base erosion and profit shifting, erosione di base imponibile e trasferimento di utili) è nato in seno all’OCSE su mandato del G20 con l’obiettivo di evitare il fenomeno della doppia non imposizione che ha permesso alle varie multinazionali, pensiamo anche ai casi Google e Amazon per fare altri due esempi, di fare profitti con attività sparse in giro per il mondo ma di ottimizzare la struttura societaria in modo da pagare le tasse in quei Paesi dove la fiscalità presentava indubbi vantaggi. Il risultato, si calcola, sono tra i 100 e i 240 miliardi di dollari di imposte non pagate.

“Con le nuove norme sarà più difficile per le società assegnare il rischio e il reddito ai Paesi a bassa tassazione senza che vi corrisponda una reale attività economica – ha detto Joseph L. Andrus, già responsabile del transfer pricing dell’Ocse – La stessa cosa per il trattamento degli intangibili. Fino a oggi, infatti, le multinazionali erano in grado di mettere gli intangibili in un Paese e le attività sottostanti in un altro. Con le nuove regole, la produzione del reddito deve avere una relazione con il luogo dove l’attività legata agli intangibili è svolta”. In altri termini, non si potrà più venire tassati alle Bermuda e produrre valore in Italia. Altro discorso se una compagnia sceglie di stabilire le proprie attività economiche reali alle Bermuda.

Nuove regole, il cerchio si stringe

Le 15 linee guida elaborate verranno ratificate nel prossimo summit dei capi di Stato in Turchia il 15 novembre diventando definitive. Poi dovranno essere recepite dai singoli Stati. Ed è in questo passaggio che si possono nascondere le insidie maggiori.
“L’impatto per l’Italia è difficile da stimare con precisione. Secondo le stime OCSE a livello globale parliamo di un range tra 100 e 240 miliardi di dollari”, ha detto Fabrizia Lapecorella, Direttore Generale delle Finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze. “In Italia alcune disposizioni sono già in linea con il lavoro dell’Ocse ma ci sono aree su cui dobbiamo intervenire”. Tra gli aspetti ancora da implementare ci sono per esempio le norme sul country reporting, una delle rivoluzioni maggiori previste dalle linee guida del Beps, che prevede in sostanza che le multinazionali pubblichino ogni anno un report che spieghi da dove derivano i profitti del gruppo. 

“Per la legge di stabilità – ha continuato Lapecorella – il Governo ha scelto di concentrarsi su misure di politica economica con un impatto diretto sul bilancio. Quindi sono rimaste fuori dal testo norme di natura procedurale come quella che avrebbe introdotto a decorrere dal 2016 l’obbligo del country by country reporting per le multinazionali residenti in Italia, in linea con gli impegni internazionali. L’amministrazione lavorerà in questi mesi per fare in modo che nel processo di conversione in legge queste norme siano inserite, dal momento che si tratta di una rivoluzione straordinaria che darà all’amministrazione nuovi e potenti strumenti informativi utili a contrastare l’elusione fiscale internazionale”.

Insomma, il cerchio sembra essere destinato a stringersi sempre più attorno a chi sceglie politiche fiscali aggressive. Che finiranno prima e più velocemente sotto gli occhi dell’amministrazione. Grazie al country reporting balzerà subito all’occhio, infatti, se una multinazionale ha solo due dipendenti alle Cayman ma poi dichiara lì il 60% del reddito. 

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