E’ entrata nella fase attuativa la costituzione della nuova banca dati dei conti correnti e degli altri rapporti finanziari. Banche, Poste italiane, organismi di investimento collettivo, società di gestione del risparmio hanno trasmesso al Fisco tutte le informazioni relative all’anno 2011, come previsto dal decreto legge cosiddetto “Salva Italia”, adottato dal Governo Monti. Ed entro fine marzo dovranno inviare le stesse informazioni anche per l’anno 2012. Per il 2013 avranno tempo fino al 20 aprile del prossimo anno.
L’Agenzia delle entrate dispone, così, di una nuova, potente arma per la ricerca dell’evasione fiscale, che insieme con il nuovo redditometro e con lo spesometro sarà utilizzata per individuare i contribuenti che presentano valori incongruenti rispetto a quelli dichiarati al Fisco e, quindi, che potranno essere sottoposti ad accertamenti induttivi. I contribuenti, in pratica, saranno chiamati a giustificare il proprio tenore di vita risultante da questi strumenti, al confronto con i livelli di reddito dichiarato.
Oltre ai conti correnti bancari, il monitoraggio fiscale riguarderà anche i conti deposito titoli, le gestioni patrimoniali, i movimenti delle carte di credito e di debito, il numero delle operazioni extra-conto, i certificati di deposito, i buoni fruttiferi, i contratti derivati e perfino gli acquisti o le vendite di oro e metalli preziosi. E pure le cassette di sicurezza saranno in qualche modo sorvegliate: non direttamente per ciò che contengono, ma per ogni accesso che i titolari vi opereranno, poiché gli istituti di credito devono comunicare al Fisco anche queste informazioni.
Ancora non è chiaro come l’Agenzia delle entrate utilizzerà tutte queste informazioni. Dovrà fornire a Sogei i criteri per gli incroci di questi dati finanziari con tutte le altre informazioni già presenti nell’Anagrafe tributaria per ciascun codice fiscale, comprese quelle di tipo patrimoniale. Da questi criteri dipenderanno le estrazioni delle liste di contribuenti sospetti, che saranno sottoposte agli uffici territoriali per le loro attività di accertamento.
Con la nuova anagrafe dei conti correnti, cade in Italia anche l’ultimo brandello di segreto bancario. I primi tentativi di alzare il velo sui rapporti finanziari dei contribuenti cominciarono agli inizi degli anni ’90 su pressione della Guardia di finanza, ma all’epoca furono arginati dal ministero del Tesoro, che era separato da quello delle Finanze, preoccupato soprattutto di non introdurre elementi che aumentassero i rischi di fuga di capitali dal nostro Paese. Erano epoche diverse e i paradisi fiscali prosperavano nel mondo.
La legislazione consentì l’accesso ai dati bancari solo ai vertici della Guardia di finanza e del ministero delle Finanze, oltre ai magistrati, ma limitatamente alle indagini già avviate e in corso e non in maniera massiva, come elementi di innesco dei controlli fiscali.
Solo nel 2006 fu varata la prima versione di anagrafe dei conti correnti, con la costituzione di una banca dati del Fisco contenente l’indicazione di tutti i rapporti bancari esistenti e dei loro titolari, ma senza informazioni sui valori dei conti correnti e delle relative movimentazioni.
Poi nel 2011 il decreto “Salva Italia” ha disposto il completamento della banca dati con i valori dei saldi a inizio e a fine anno nonché degli accrediti e degli addebiti registrati complessivamente nell’anno, che banche e altre istituzioni finanziari hanno adesso cominciato a trasmettere al Fisco.